Vite strappate

Vite strappate

È uscito dalla classe col passo lieve di un bimbo che giocando si nasconde,

le ore son trascorse nel silenzio, scivolate via implacabili come onde.

Chissà quale rituale spezzato l’ha costretto a rifugiarsi in quel giardino estraneo,

v’ha trovato un cane empatico e quella piscina blu come l’oceano.

Non ha pensato di non saper nuotare, in lui la profondità non era pervenuta

prima di spogliarsi e tuffarsi nell’azzurro, realizzando una fantasia taciuta.

Pahasara, 16 anni, nato autistico grave, non doveva morire.

Era solo un minuscolo dono da accudire.

Era piccolo, indifeso, e dai lunghi capelli color del grano

la follia del branco lo ha investito, più volte, come un uragano

d’animo incrostato di sensibilità e sofferente per le prevaricazioni

ha resistito, distillando paura, fino al giorno dell’inizio delle lezioni.

La sera prima appariva quasi sereno, ha preparato i suoi biscotti,

da quella dopo ha lasciato un letto vuoto tutte le notti.

Paolo, 14 anni, nato sensibile, il suo non è un suicidio improvvisato,

è un atto istigato da bullismo, non da un algoritmo sbagliato.

Ha lasciato cinque pagine di testamento spirituale,

senza alcun ripensamento ha risalito in fretta rampe di scale,

s’è sollevato in punta di piedi sul limitare di un cornicione,

ha allargato le braccia invidiando il volo di un aquilone.

Con lo zaino in spalla e la tesi già rilegata e conclusa

s’è gettato dall’undicesimo piano di una vita disillusa.

Yuri, 23 anni, in caduta libera nel vuoto, ha denunciato il suo stalker

senza ascoltare le suppliche del portiere e salvarsi in corner.

A chi ha tolto alle parole il loro valore

a chi pensa che un diverso non sia capace di dolore

a chi vede l’ingiustizia e sposta lo sguardo, dicendo “cresci e diventa più forte”,

rimanga libero di andare dove vuole, indossando l’odore acre dell’altrui morte.