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Ho sepolto il cuore in un’urna profonda,
tra radici secche e pietre d’altare,
lì tace il canto che voleva amare,
ora soltanto cenere che inonda.
Ho dato agli amici sorrisi e parole,
specchi dorati che mai riflettevano,
ombre di mani che appena stringevano,
e in cambio soltanto il vuoto che fa male.
Alla famiglia, un tempio cadente,
ho offerto la fiamma, la mia obbedienza,
ma il sangue chiede soltanto assenza,
e mi lascia straniero tra la gente.
Cercai nell’amante un porto segreto,
un mare che fosse rifugio e riparo,
ma solo conchiglie mi restano in mano,
e un vento che fischia promesse di vetro.
Così rinuncio: né amico, né sposa,
né padre, né fratello, né volto vicino,
il cuore si chiude, si fa destino,
e vaga nel gelo la sua dolorosa.
Ora mi fermo, fra gelo e abissi,
rinuncio al dono che sempre ferisce,
e forse, come Rimbaud ci disse,
l’amore davvero, non esiste.