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Ero piccolissima quando la mia famiglia subì i primi lutti. Ricordo ancora le urla strazianti di mia madre e di mia nonna, il via vai di mio padre per rendersi utile in quello che poteva. Noi figli, accuditi dai nostri vicini di casa, per non essere sballottati.
Ero impaurita da queste novità, ma non conoscevo ancora il dolore del lutto, dell’assenza… conoscevo solamente quel dolore dell’impotenza, nel vedere soffrire i miei, e le lacrime ininterrotte di mia nonna, ogni volta che ci portava con se al cimitero.
Piangevo nel vedere piangere, e non sapevo spiegarmi perché facesse così male.
A i miei 16 anni persi un amico coetaneo, un ragazzo fragile, vittima di cattive influenze. Con mie sorelle e altri amici, avevamo trascorso la serata assieme a lui prima dell’accaduto, come tutte le sere precedenti… Quando ci venne comunicato, mi sembrò surreale, un sogno bizzarro e dispettoso, eppure fu più che reale, lui se ne era andato via per sempre.
Ma ancora non conoscevo il dolore del lutto incarnato. Provai solamente un stretto nodo alla gola e tanta rabbia.
Quando morì mia nonna materna, colei che ci ha visto nascere, e con amore e grande impegno ci ha cresciuti, mi crollarono tutte le mie certezze. Avevo appena compiuto i miei 20 anni. Provai per la prima volta un dolore indescrivibile. La pensavo eterna. Vederla invece consumarsi dalla malattia e dalla sofferenza, mi ha spaccato il cuore, spezzato le ossa, annichilito l’anima. Non riuscivo ad accettarlo, mi chiedevo dove fosse finita, perché in quel corpo steso, inerme, dopo averci salutato con una carezza e un bacio, non c’era più. Vedevo solo un involucro… e mi fece male, tanto male.
Dieci anni dopo morì mio padre, portato via dalla malattia, ma in tempi molto più brevi, se pur intensi e molto provati.
Il dolore è stato insopportabile, inaccettabile, violento.
La signora morte aveva iniziato a prendermi le persone più care, e il lutto diventava sempre più profondo, più alto e più largo, da non riuscire più a contenerlo tutto.
Tre anni fa ci ha lasciato mia sorella… tragedia nella tragedia.
Devastazione totale del mio essere. Lutto sopra ad altri lutti, un amplificazione sovrannaturale della sofferenza.
Nessuna perdita è paragonabile a queste che ti appartengono, non solo per una questione di sangue, ma per qualcosa di più profondo, perché è come un puzzle, che staccandosi un tassello alla volta, scompone la tua esistenza. Ti fa perdere l’equilibrio, e non hai più una forma.
Si soffre sempre quando perdi qualcuno a cui tieni tanto... amici, colleghi, anche per dei miti che ti hanno accompagnata durante la tua adolescenza. Ma il dolore più grande è quello che ti ha lasciato la tua famiglia. Perché con loro perdi anche parte della tua identità e appartenenza.
Ci si ritrova orfani per sempre, e la loro assenza, pur noi andando avanti, non si accetta mai. Il dolore si attenua qualche volta, ma non si placa definitivamente.
Ora so cos'è il vero lutto.
Ora comprendo meglio quello che da bambina non conoscevo, che mi turbava e mi faceva sentire impotente nel vedere soffrire gli adulti.