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Dalle ceneri antiche,
quando mani ignote
segnavano tombe
di pietra e di terra,
il silenzio prese forma:
sussurro di nomi
che il tempo
non pronuncia più.
Tra ceri tremolanti
e preghiere consunte,
le campane suonavano
per anime erranti,
e dietro la lapide
restava un vuoto
che chiedeva soltanto
memoria.
Poi vennero secoli
di guerra e di peste,
eppure, accanto a una croce
o su una zolla di fango,
una mano depose un fiore,
un bimbo si fermò e pensò:
“Anch’io sarò ricordato?”.
Oggi, guardiamo i defunti,
non solo i nostri,
ma quelli senza nome,
e nel silenzio li chiamiamo:
la madre, il padre,
il fratello, l’amico,
l’anima dimenticata.
Vivono ancora,
nel battito del tempo,
nel gesto di chi ricorda,
nella voce che non tace
mai davvero.
Finché qualcuno
poserà un fiore,
nessuno sarà perduto.