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Per arrivare in cima, ho impiegato ore, procedendo lenta per un sentiero stretto, faticoso.
Tortuoso, si inerpicava come ricamo indisciplinato, senza logica e forma, delimitato da muretti a secco, pazienti. Sembrava fatto apposta per allungare il cammino, quando in realtà lo addolciva, rendendolo meno impervio.
Sulla cima si trovava una antica e piccola chiesa, un po’ diroccata, che guardava la valle dispiegarsi in pascoli e zone boschive. Il vento soffiava così forte da produrre un canto tra le spaccature delle rocce e da lì spiccava il volo un gruppo fantasioso di giovani corvi, lucenti e neri.
Giocavano gioiosi, coprendo con il loro gracchiare profondo ogni altro suono, concertando col vento, esibendosi in voli acrobatici, portati all’estremo fino allo stallo, per poi avvitarsi verso il basso e scendere con veemenza su ogni appiglio che riuscivano a trovare. E poi via, ancora e ancora, incrociando ali, sfiorando piume, simulando scontri aerei con evitamenti improvvisi, calcolati alla perfezione. Ne rimasi conquistata. Sembravano consapevoli di avere uno spettatore, così tanto rapito da non accorgersi del tramonto incombente.
Al primo rossore di cielo si calmarono ed il loro gracchiare divenne soffocato, fino a conciliarsi con il silenzio. In fila su ciò che rimaneva del tetto della chiesa, mentre mi allontanavo, guardavano il sole inabissarsi tra le coperte di nuvole, il rosso sempre più cupo, l’azzurro sempre più blu, poi la prima stella della sera, il vento divenuto brezza leggera, il saluto frettoloso di un merlo volante raso terra, la civetta in vedetta che richiamava gli spiriti arcani della notte per tessere trame di seta.
Arrivai all’auto con una calma intensa, vivida pace che incatenava assieme sogni e disillusioni e ricordai un giorno lontano quando, nel respirare l’aria frizzante dell’aurora, appuntai sul telefono le mie emozioni, per la prima volta.
E sogno, sogno sempre, tra le righe di una pagina da colmare, come fosse lo spazio vitale più vero, dove ogni energia prende il suono di questa o quella parola, assecondando il vagabondare del pensiero.
E sfioro, solo con le parole, anime nascoste dietro i loro paraventi, anime che come me sanno che vi sono desideri che puoi toccare e desideri solo da sognare.
E cerco, ora, e cercherò ancora e ancora, quel colpo d’ala che mi porti a lambire piume affini ridotte al silenzio da incantesimi amari, come quello che annienta me, quando i pregiudizi mi negano l’innocenza di uno sguardo da contemplare.