Damerino senza cravatta (Virgilio e Roberta)

scritto da red swan
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Virgilio e Roberta, un incontro casuale a lavoro, nessuno dei due era pronto per quello che poi sarebbe successo....
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Testo: Damerino senza cravatta (Virgilio e Roberta)
di red swan

Maggio 2020

Il ritorno in ufficio, dopo le lunghe chiusure della pandemia, sembrava l’inizio di un film distopico. Mascherine che nascondevano i volti, guanti che separavano la pelle dalla pelle, occhi guardinghi dietro lenti appannate. L’aria stessa sembrava impregnata di diffidenza.

In portineria ero sola. La mascherina era diventata una seconda pelle: toglierla avrebbe significato un richiamo scritto, forse perfino l’allontanamento dalla postazione. Poco male, pensavo: almeno non dovevo truccarmi. Era la mia piccola vittoria silenziosa.

Quella mattina, però, c’era nell’aria qualcosa di diverso. Il mio responsabile correva nervoso su e giù per le scale: stava per arrivare un uomo che incuteva timore solo a nominarlo, il dottor Virgilio Cignarelli. Il nuovo “inquilino” dell’ufficio vista laghetto, al sesto piano.

La sua fama lo precedeva: lo chiamavano “quello con la puzza sotto il naso”, uno capace di farti sentire sbagliato solo con un’occhiata.

Io non mi lasciavo impressionare. In fondo, per me, era solo un altro nome. Un’altra ombra che avrebbe attraversato i tornelli per poi chiudersi nella sua torre d’avorio.


Io e Danilo, il mio compagno, lavoravamo lì da anni. Ci eravamo conosciuti tra quelle mura, e tra turni e badge consumati, era nata una storia che col tempo si era trasformata. L’amore, lentamente, si era fatto affetto. Poi abitudine. Poi sopportazione.

Danilo era premuroso, sì, ma le sue premure erano catene: dietro ogni gesto si nascondevano ansie, insicurezze, controlli mascherati da attenzioni. Io lo accettavo così, rinunciando a piccoli pezzi di me. Ogni decisione doveva essere presa insieme, ogni scelta condivisa, o non valeva. Ma sempre più spesso quella “unione” mi toglieva l’aria.

Ridevo poco. Sognavo meno. Sopravvivevo.

Andavo avanti per mio figlio: troppo piccolo per capire le incrinature di una coppia che, agli occhi del mondo, appariva perfetta.


Poco dopo le dieci, il display dell’ascensore iniziò la sua lenta scalata: -2, -1, 0.

Le porte si aprirono.

E comparve lui.

Alto, asciutto, i capelli bianchi tirati indietro come un attore degli anni ’40. Indossava un completo blu gessato, camicia bianca immacolata, scarpe stringate lucide con calzini di filo di Scozia appena visibili. Zaino in spalla, mascherina, occhiali da sole. Nessuna cravatta.

Un dettaglio mi colpì subito: le gambe, lunghe e affusolate, come disegnate con cura.

Pensai: “Eccolo, l’ennesimo damerino dei quartieri alti, di quelli che non si tolgono nemmeno gli occhiali al chiuso. Oltre alla nomea da stronzo, pure maleducato.”

Gli affibbiai mentalmente una sfilza di soprannomi: “sergente stocazz’”, “raggio di luna”, “Anubis”.

Poi parlò.

Un solo “Buongiorno”, secco. Ma bastò: le sue sillabe rimbombarono come un ordine militare, e tutti si affrettarono a rispondere all’unisono.

Nessun cenno verso di me. Io lo guardai appena, eppure dentro mi rimase una curiosità infantile: come sarebbe stato il suo volto senza la mascherina? Aveva baffi ridicoli? Denti storti? Un naso imponente? Ogni volta che lo incrociavo immaginavo nuove versioni di quel viso nascosto.

Camminava con l’eleganza impacciata di una giraffa. Insolito, ma affascinante.


Non mi innamorai. Non subito, almeno. Di problemi ne avevo già abbastanza. Ma da quel giorno, il damerino senza cravatta cominciò a diventare una presenza costante nei miei pensieri.

Ogni suo ingresso, ogni suo “buongiorno” che attraversava l’atrio, diventava un piccolo evento.

Qualche volta lo spiavo dalle telecamere, mentre passeggiava al telefono nel cortile. Aveva davvero un bel... portamento. Fiero. Sicuro.

Mi domandavo se avesse mai notato la piccola operatrice con gli occhiali cat’s eye bianchi, un vezzo da cinefila, un omaggio alla Wertmüller. Probabilmente no. Per uno come lui, io non ero che la “classe debole”. La polvere da scrollarsi via.

Eppure, ogni volta che lo incontravo ai tornelli, sentivo una scossa lungo la schiena, le guance che si accendevano sotto la mascherina. Un segreto custodito bene: nessuno doveva sapere che la sua sola presenza era diventata, per me, una dolce distrazione.

Assurdo provare interesse per un uomo con quella fama, senza nemmeno sapere che volto avesse.

Svegliati, Cenerentola. Questo non è il tuo ballo.


A settembre 2022 venni trasferita in un’altra sede della B&B Energy.

Ciao, damerino.
A mai più.


Marzo 2023

La pandemia era ormai finita, e con lei le mascherine che per mesi ci avevano nascosto metà del volto e, forse, anche parte delle emozioni.

Avevo cambiato sede: un altro palazzo della B&B Energy, in un altro quartiere della città. Pensavo che certi capitoli si fossero chiusi per sempre.

E invece no.

Una mattina, appena superati i tornelli, lo rividi.

Il dottor Virgilio Cignarelli.
In uno dei suoi completi stirati alla perfezione, la camicia sbottonata lasciava intravedere appena un accenno del petto. Avrà fatto nuoto da ragazzo? mi chiesi, sorpresa dalla naturalezza con cui quell’immagine mi attraversò la mente.

Stavolta senza mascherina.

Il suo volto, finalmente, mi apparve nitido: un naso perfetto, labbra piene, un sorriso che riusciva a disarmarmi e una mascella decisa che parlava di forza e carattere. Ma furono i suoi occhi ad arrestarmi: intensi, vigili, come se stessero osservando molto più di quanto mostrassero.

E lo trovai bellissimo.

Con la scusa di un badge o di una pratica da firmare, si avvicinò.
Mi chiamò “signora”, con una formalità che aveva il sapore di un gioco.

Io, dentro, sorridevo.

E notai che, quando passava i tornelli, con la coda dell’occhio cercava sempre il mio sguardo.
Ovviamente lo guardavo. Come avrei potuto non farlo?
Era buffo, quasi inconsapevole di quanto fosse affascinante.

A volte rimanevo imbambolata a fissarlo, e allora sorridevo. Lui ricambiava sempre.

Stava succedendo davvero?
Il damerino senza cravatta sorrideva a me?

La mia autostima, un po’ sbiadita dalla routine familiare, ringraziò profondamente. Non ero più la ragazza che si specchiava con cura: ormai mi concedevano solo la tinta e lo smalto rosso. Niente make up.
Chissà se a lui piacevano le donne acqua e sapone.

Fu un incontro breve. Il palazzo chiuse a ottobre, e ognuno di noi fu trasferito altrove.
Ci salutammo senza sapere se ci saremmo mai rivisti.

Mi rimase un nodo in gola. Pensai fosse finita lì.


Dicembre 2023

Per la terza volta, le nostre strade si incrociarono.
Nella nuova sede della B&B Energy, nel quartiere delle università.

Era una mattina frenetica: visite di vertice, riunioni da preparare, sale da allestire. Io, alla mia postazione, lo vidi avvicinarsi.

Il dottor Virgilio Cignarelli.

In piedi davanti a me, con il suo sorriso da attore di Hollywood.
Mi aveva riconosciuto nonostante il mio nuovo colore di capelli, rosso rame.

Cappottino elegante, la solita sciarpa al collo, l’aria sicura di chi conosce perfettamente il proprio ruolo.

Lo guardai e pensai: “Tre volte su tre… forse non è solo caso. Forse è destino.”

E da lì, tutto cambiò.


Dopo quel terzo incontro, il dottor Cignarelli iniziò a frequentare la mia sede con crescente regolarità. Ufficialmente per lavoro. Ufficiosamente… per altro.

Faceva tardi, molto spesso. Diceva che c’era sempre qualcosa da finire.
Io sapevo che avrebbe potuto farlo altrove, ma sceglieva di restare lì, dov’ero io.

Ogni sera, puntuale, lo trovavo nei corridoi quando chiudevo le stanze. Seduto davanti al portatile, quasi come se aspettasse che io passassi di lì. Possibile? Per me?

Il giro di chiusura diventò il nostro appuntamento fisso: un piccolo rituale, tutte le sere. Due chiacchiere leggere, ma cariche di qualcosa che cresceva di nascosto.

Passammo dal “lei” al “tu”. Poi ai nomi: lui Virgilio, io Roberta.

Ben presto arrivarono i piccoli gesti: un caffè portato in portineria con nonchalance, un dolcetto, persino una caramella lasciata accanto al mio pc. Le mie colleghe restavano incredule: “Ma come? Un manager del suo livello che si abbassa a portare caffè a un’operatrice?”

Io tacevo, ma dentro sentivo che quei gesti valevano più di mille discorsi.

Provavo gelosia quando vedevo altre donne lanciargli sguardi maliziosi. Ma lui sembrava non curarsene. Preferiva stare con me, persino davanti a tutti, chiacchierando in terrazza come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Piccoli appuntamenti quotidiani, inconsciamente attesi, che riempivano le nostre settimane.

Un giorno — non ricordo neppure con quale pretesto — ci scambiammo i numeri.

E da lì iniziarono i messaggi.

Un buongiorno. Un “come va?”.
Poi battute, pensieri, vocali.
Confidenze.

E alla fine, inevitabilmente, successe.

Non fu improvviso, ma naturale.
Come se fosse stato scritto da sempre.

Perché io sapevo già che lui mi piaceva da morire.
E presto scoprii che anche lui non era indifferente a me.

Me lo disse guardandomi negli occhi, senza giri di parole:
«Sei bellissima. Hai dei capelli che vorrei spettinare ogni giorno. E quando mi sorridi… dimentico tutto il resto.»

Lo sapevo.

Sapevo che Virgilio era sposato.
Glielo dissi subito, senza mezzi termini.

Lui non negò. Non inventò scuse.
Parlò della sua famiglia costruita nel tempo: ruoli, abitudini, doveri.

Poi aggiunse che ciò che provava con me non lo aveva mai sentito prima.

Io, dal canto mio, non ero sposata ma convivevo da dieci anni con Danilo.

Era l’inizio di qualcosa di travolgente. E pericoloso.

Cominciai a immaginare come sarebbe stato farmi abbracciare da lui.
Eppure, né io né lui trovammo la forza di fermarci.

Guardavo le sue mani mentre parlava, mani lunghe e sicure, e immaginavo quante cose avrebbero potuto farmi...

Era un pensiero proibito, ma irresistibile.

E in quel momento mi accorsi che lui mi stava osservando. Non con lo sguardo distaccato del manager, né con la formalità di un collega.

Era uno sguardo diverso.

Uno di quelli che non si spiegano, che non hanno bisogno di parole.

Per un istante il tempo sembrò fermarsi: la porta dell’ufficio socchiusa, i corridoi ormai silenziosi, il ticchettio dell’orologio a scandire il vuoto attorno a noi.

Un passo in avanti e tutto sarebbe cambiato.

Un passo indietro e sarebbe rimasto soltanto un gioco di sguardi.

E in quell’attimo capii che non sarebbe bastato chiudere una porta per proteggermi.

Era già troppo tardi.



Continua...

Damerino senza cravatta (Virgilio e Roberta) testo di red swan
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