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Non vi sono città dove fuggire
non canti, dove amabilmente morire
nell’estemporaneità di un divenire
a lungo
attempati sulle rive del sogno
immagine del solstizio che non fiorisce
inizio della lunga sera che non lenisce
ferite preludio di una vita intera
del guardarsi attraverso la riva
dove ti promenavi
senza poter chiarire alcuna prospettiva
diniego assurdo di un precario abbrivio
di cui non potesti dilettarti
e di cui non sapesti fondare il quadro,
infinitamente abbozzato
il quadro del tempo, appeso
e mai dipinto,
ripetutamente ammirato
sul sagrato della fervente anima,
ove giaceva,
riversato
estinto a un giorno,
a un giorno di marcia appena
dall'epico suo distacco
incontinuabilmente fermato
all'iniziale fotogramma
incommensurabile
trasvolo mai concluso
mai immaginato,
arrivo a destinazione mancato
ma,
al declinare appena,
al defluire dell’istantaneità
nel suo morire,
ove non vi sono,
non vi sono città dove fuggire