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Ho amato di te l’universo stellato della tua pelle,
dove m’aggiravo con labbra astronome
a disegnare costellazioni senza nome,
e lo humour con cui i tuoi seni diseguali
facevano a gara a cercare le mie mani
per farsi scolpire in nuove, plastiche forme.
Ho amato di te le tue vigorose cosce ardenti
che s’addolcivano nella curva
dei glutei arroganti, e l’aura odorosa
che esalava dalle morbide pieghe
dell’antro malcelato sotto il boschivo colle
a cui anelavano i miei istinti impetuosi.
Ho amato di te l’abbandono fiducioso
con cui mi lasciavi entrare nella tua casa segreta
offrendomi cibi divini e ambrosie spumeggianti,
fra canti e soliloqui con cui accompagnavi
la mia libagione frenetica e golosa.
Ho amato di te le tue mani veloci e sapienti,
con cui curavi il mio arredo di preziosi beni
e la gioia delle tue labbra che s’abbeveravano
alla svettante fonte, mai avara di nettari sontuosi
a tracciare geroglifici sul tessuto rosato
del tuo grembo.
Ho amato di te il tuo corpo steso di fianco al mio,
a sopire i respiri accelerati e le stille di sudore
e il bacio di complicità che ci scambiavamo,
mentre le nostre mani esauste posavano lievi
sulle semisfere delle nostre natiche impudiche.