Contenuti per adulti
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Mi sveglio con il canto delle cicale.
L’aria profuma di bambù e di pioggia, e la luce del mattino filtra tra le persiane di carta, disegnando righe dorate sul tatami.
Fuori, i campi di riso brillano come specchi. Il vento muove l’acqua, e tutto sembra respirare piano, come se il mondo intero stesse trattenendo il respiro.
Il mio villaggio si chiama Shimizu.
È nascosto tra colline verdi, tra nebbia e boschi di bambù.
Le donne lavano i panni lungo il torrente, piegate sull’acqua lucente; i bambini ridono e corrono tra le libellule; gli anziani osservano il cielo con calma, come se sapessero già tutto.
Ogni giorno qui è uguale, eppure ogni giorno è perfetto.
Io mi chiamo Aiko.
Spesso cammino tra le risaie e resto a guardare le colline, il sole che si specchia sull’acqua.
Sogno un luogo lontano, grande, pieno di voci, di luci, di vita.
Un posto dove il mare lambisce la città e le lanterne illuminano le strade anche di notte.
Non so come si chiami. Ma so che un giorno ci andrò.
Quando lo dico a mia madre, lei tace.
Sorride piano e mi accarezza i capelli.
Il giorno dopo parto.
Il treno corre tra le colline e i campi, e ogni stazione è un volto nuovo, un odore diverso, una promessa.
Guardo fuori dal finestrino e il mondo sembra infinito.
Poi, la vedo.
La città.
Viva, luminosa, piena di mercati e di risate.
Il fiume attraversa le strade come un nastro d’argento, le lanterne galleggiano sull’acqua e il profumo del pesce si mescola al rumore dei passi.
Sembra un sogno che finalmente mi appartiene.
Trovo lavoro in una piccola bottega di ceramica.
Le mie mani si sporcano d’argilla e nei gesti ritrovo la calma di Shimizu.
Ogni ciotola che plasmo porta con sé il ricordo del villaggio: le risaie, il vento tra i bambù, il cielo che si riflette sull’acqua.
Scrivo una lettera a mia madre, ma non la spedisco. Voglio prima vivere qualcosa di grande, qualcosa che valga la pena raccontare.
Oggi il cielo è terso.
Il sole brucia sopra i tetti, e l’aria sa di estate.
Sento un rombo lontano, come un tuono che non dovrebbe esserci.
Alzo lo sguardo.
C’è un aereo. Solitario, silenzioso.
Sono le 11 e 02 del mattino.
E io, oggi, muoio.
La città dei miei sogni si chiamava Nagasaki.
Un lampo accecante.
Un silenzio infinito.
E tutto diventa bianco.
Il mondo sparisce.
Il tempo si spegne.
E io, prima di svanire, penso solo a Shimizu: al vento tra i bambù, al canto delle cicale, alle risaie che brillano come specchi d’acqua…
e capisco davvero dove nasce la luce del mondo.