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Erano passati tre mesi da quando si lasciarono e Luigi non l’aveva mai dimenticata, mai un giorno senza pensarla, senza rimpiangerla. Il clima tiepido e cullante dell’autunno si stava mettendo da parte per lasciar posto all’inverno, così Luigi cacciò dall’armadio i cappotti dell’inverno precedente. Sapeva già quale avrebbe indossato, uno dei suoi preferiti, quello lungo col cappuccio con la coda di rondine. Pur sapendo che gli sarebbe andato benissimo volle provarlo comunque davanti allo specchio, infilò le mani in tasca e da quella sinistra trasse fuori qualcosa, un mazzo di chiavi. Ecco dove erano finite, le cercava da quasi un anno, sicuramente da quando iniziò la primavera e non indossò più il cappotto. Le chiavi di casa di Giulia, ai tempi di casa loro. Non bastava il pensiero ricorrente di lei, adesso spuntavano fuori anche quelle chiavi. D’impulso pensò di gettarle nel primo tombino appena fosse uscito, ma poi ci iniziò a pensare su. Voleva rivedere quell’appartamento dove Giulia ancora abitava, dove si erano amati, avrebbe aspettato Giulia rientrare come ai vecchi tempi, come se nulla fosse stato. No, non poteva farlo, a quale scopo poi? Cosa avrebbe ottenuto? Non poteva farlo, no. Lo fece. Giulia sarebbe rientrata alle venti, dopo il lavoro, lui entrò in casa verso le diciotto. Appena entrato ebbe paura, lo stomaco accartocciato dall’emozione, le gambe gli cedevano. Non era cambiato quasi nulla da quando lui se ne andò, girovagava tra le stanze al buio come un ladro, osservando tutto quello che si poteva osservare nella semiombra senza toccare nulla, poi accese la lampada in sala e si sedette sul divano, aspettando. Pensava e ripensava: ma cosa stava facendo? Se Giulia lo avesse trovato lì così le sarebbe venuto un attacco di cuore, o lo avrebbe preso per matto. Il tempo stringeva, le otto meno un quarto, si alzò dal divano, si mise il cappotto, si assicurò che tutto fosse in ordine, aprì la porta d’ingresso, la richiuse con le quattro mandate così come l’aveva trovata e se ne andò rapidamente. Se fosse rimasto solo dieci minuti in più avrebbe incrociato Giulia per le scale, infatti stava aprendo la porta alle otto meno cinque. Mentre infilava la chiave nella serratura le sembrò di sentire il suo profumo, quel suo inconfondibile profumo che aveva sentito solamente da lui, ma non poteva essere, pensò ironicamente ad un’allucinazione olfattiva ed entrò in casa. Appena vide la lampada della sala accesa pensò che quel profumo non se l’era immaginato, lei era sicura di non averla lasciata accesa, era troppo pignola per una svista del genere, quindi era stato lui, lui era stato lì, solo loro due conoscevano il difetto dell’interruttore della lampada, nessun altro sarebbe riuscito ad accenderla. Uscì di corsa a cercarlo, non lo aveva mai dimenticato.