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Isabelle
Una donna d’altri tempi
Cap 5: L’UOMO ? ARTEFICE DEL PROPRIO DESTINO
“Sono convinto che
anche nell'ultimo istante della nostra vita
abbiamo la possibilità di cambiare
il nostro destino.”
(Giacomo Leopardi)
In autunno i cittadini di Firenze, seppur con numerose perdite familiari, ricominciarono a vivere con una certa normalità. Le aule della scuola, che avevano ospitato i malati durante l’epidemia, furono pulite a fondo, e piano piano ripresero le attività accademiche. A fine ottobre Isabelle affrontò l’esame finale, superandolo brillantemente, ricevendo i complimenti dell’intera commissione, non solo per il suo impegno in qualità di studente, ma anche per tutto il lavoro svolto in corsia. Francesco non aveva occhi che per lei, e fu molto fiero dei suoi risultati. Dopo qualche giorno, Oscar e André giunsero presso il convento in cui viveva Isabelle, trepidanti di rivedere la figlia, ma seppur il sole stesse per tramontare, ella non era ancora tornata. Leggendo la delusione nei loro occhi, Suor Consolata, la confidente di Isabelle, spiegò loro che la giovane, essendo ormai medico a tutti gli effetti, spesso trascorreva la notte in ospedale per assistere le persone più critiche, essendo conosciuta e stimata da tutti. Con la pace nel cuore dormirono profondamente, esausti del lungo viaggio. La mattina seguente attesero il suo rientro in refettorio, dove la tavola fu imbandita in loro onore per una lauta colazione. Isabelle varcò la porta d’entrata, volgendo un ultimo sguardo al suo amato, che l’aveva accompagnata sulla soglia.
Suor Consolata la accolse: ”Buongiorno Isabelle, vai a fare colazione, c’è una bella sorpresa per te”, le sorrise.
“Buongiorno, sono molto stanca…” La ragazza si strofinò gli occhi.
“Niente scuse!” La ammonì suor Consolata.
La giovane annuì, immaginando che ella avesse cucinato qualche speciale leccornia. Quando scorse i suoi genitori, la felicità fu così forte, che la spossatezza svanì. Si abbracciarono.
“Ho temuto per la tua vita quando ci hai scritto che durante l’epidemia eri in prima linea”. Oscar si commosse.
“Non potevo certo tirarmi indietro madre, d’altronde anche voi non siete stata da meno nella vostra vita”, constatò Isabelle.
André sorrise a quella battuta, accarezzando la guancia della figlia, la quale si accoccolò in quel calore familiare. “Guarda, le suore hanno preparato le tartine alla marmellata, le tue preferite, accomodati”, le propose suo padre.
“Domani sera si terrà il ballo di fine corso, sono invitate tutte le famiglie degli studenti, mi piacerebbe che veniste anche voi.” Isabelle posò la tazzina con la cioccolata fumante in attesa di una risposta.
“Ti accompagneremo volentieri, sai, ti abbiamo regalato un bellissimo abito. Chi sarà il tuo cavaliere?” Domandò Oscar.
“Io naturalmente”, ghignò André.
“Tuo padre è un burlone…Allora? Non puoi andare ad un ballo senza un cavaliere”, la incalzò lei.
“Francesco verrà a prenderci con la sua carrozza”. Isabelle arrossì.
“? sempre molto premuroso.” Oscar non proseguì oltre, per non metterla in difficoltà. Suo padre contribuì a sviare il discorso: “Notevoli queste frittelle al miele. Mentre ti ristori, io e tua madre andiamo a passeggiare per le vie di Firenze”. Così si accomiatarono.
***
“Dove l’ho messo”, pensò fra sé Francesco, affaccendato nel prepararsi per il ballo, e con un turbamento insolito nel cuore. “Ecco, l’ho trovato…E se poi mi respingesse, e se mi dicesse di aspettare… No, non è possibile…” La mente del giovane fu invasa da una matassa di ragionamenti, la quale non avrebbe avuto motivo di sorgere, dato l’evidente sentimento che Isabelle provava per lui, ma forse il fatto che ella fosse così indipendente e determinata rispetto alle altre donne della società, lo rendeva insicuro. Uscì di casa, salì in carrozza, e si diresse al convento. La famiglia Grandier lo attendeva sotto l’arco dell’ingresso, a cui porse i suoi omaggi con un inchino. Il fascino di Isabelle lo ammutolì: ella indossava un abito dall’ampia gonna, confezionato con della stoffa a fondo bianco ricamato con piccole roselline rosse, e rifinito con un sottile pizzo sulla lieve scollatura. I lunghi capelli biondi erano raccolti in una mezza coda, impreziosita da un cerchietto con incastonato un rubino. Un’eleganza che raramente aveva visto altrove, ereditata dalla madre, che con la sua figura non passava inosservata. Egli si perse nei suoi occhi smeraldini, senza proferire parola.
“Buonasera Francesco, che piacere, vi trovo bene”, lo salutò André.
“? un piacere anche per me”, farfugliò Francesco. “Fa freddo, prego la carrozza vi attende”.
Durante il tragitto Oscar e André parlarono della villa che acquistarono, al fine di renderla un luogo di cura per gli abitanti di Billiers.
“Il dottor Camet e Adeline sono impazienti di rivederti, cara. Saranno orgogliosi di te quando sapranno che ora sei un medico”, le disse Oscar. Poi rivolse a Francesco il suo sguardo celestino:” Vi siete preso cura di lei, come fece André con me sin dall’infanzia. Saremmo felici se voi e la vostra famiglia veniste a vivere a Billiers, abbiamo bisogno di bravi medici. Potreste vivere con noi alla tenuta”.
“Se Isabelle lo vorrà…”, il cuore di Francesco era in tumulto, si sentì profondamento fortunato di aver trovato una seconda famiglia, degli affetti saldi, che lo stimavano non solo per la sua professione ma anche come persona.
Isabelle prese la mano di lui fra le sue:” Partiremo al più presto. Galopperemo sulla spiaggia bianca, investiti dai delicati colori dell’alba, la nostra pelle sarà accarezzata dalla brezza oceanica, impregnata dal profumo della salsedine. Una terra impossibile da dimenticare”.
La famiglia Grandier e Francesco giunsero in Accademia, dove furono accolti ossequiosamente dagli invitati nella sala dedicata ai ricevimenti. Il direttore si complimentò con tutti gli allievi, che avevano terminato il percorso di studi con successo, poi pubblicamente dedicò la sua attenzione ad Isabelle:” Conferisco una lode alla signorina Grandier, che ha superato ogni aspettativa, e ha aiutato i nostri cittadini senza risparmiarsi durante l’epidemia. Per questo sarei lieto se accettaste di lavorare presso il nostro ospedale, qualora lo desideraste.”
“Sono onorata della vostra proposta. A Firenze rimarrà un pezzo del mio cuore, ma io appartengo alla Francia, i miei compaesani mi attendono”. Isabelle chinò il capo in segno di ringraziamento, poi iniziarono i festeggiamenti.
Oscar e André ammirarono la giovane danzare, finalmente realizzata. Ricordarono il loro primo ballo avvenuto nella villa della cugina di Oscar. Egli dichiarò: “Ogni sguardo in questa sala è per Isabelle, emana la tua stessa luce, quella che mi ha tenuto in vita nei momenti più difficili. Ti amo come allora…” André cinse dolcemente la vita di sua moglie.
“Non posso chiedere di più, rivedo in lei la tua resilienza.” Oscar appoggiò il viso sul suo ampio petto, e si lasciarono cullare dalle note di un walzer.
Durante la serata conobbero i genitori di Francesco, felici che egli avesse trovato una ragazza come Isabelle. Discussero del progetto in fase di costruzione a Billiers, e presero accordi per il trasferimento.
La festa stava volgendo al termine, per cui Francesco invitò Isabelle a passeggiare in giardino.
“Una serata tutta per noi senza doveri, non credevo sarebbe mai capitato questo momento”. Pronunciò Francesco, frugando nervosamente nella tasca del pantalone.
“Non sapevo sapessi danzare così bene”, ribatté lei.
Egli estrasse dalla tasca un piccolo scrigno, lo aprì, mostrandole un anello d’oro:” Non sono molto bravo con le parole… Isabelle, vuoi diventare mia moglie? Verrò con te in Francia per costruire il nostro futuro”.
Isabelle stupita dalla sua audacia, indossò l’anello, e abbracciò il suo amato:” Tu sei stato la mia guida, senza di te non ce l’avrei fatta. Non ti sei fermato all’apparenza, agli stereotipi sociali, e mi hai sempre fatto sentire una tua pari. Sì, io ti sposerò”. Ogni insicurezza fugò dall’animo di Francesco che baciò la sua amata appassionatamente, suggellando la loro promessa d’amore.
***
Isabelle e Francesco partirono con i rispettivi genitori alla volta della Bretagna, dopo aver salutato tutti i loro conoscenti ed amici, e avendo donato a Firenze una parte di loro per sempre. Il viaggio fu piacevole e senza intoppi. Finalmente comparve il mare, gli alberi sempre verdi ricoperti da un sottile strato di neve. Isabelle aprì il finestrino della carrozza, lasciando vagare il suo sguardo intorno, oltre la nebbia sottile, cercando di scorgere qualche lume della sua casa che faceva capolino dal promontorio.
Al loro arrivo gli abitanti della tenuta li accolsero con entusiasmo. Adeline si commosse nel rivedere Isabelle, l’aveva pensata ogni giorno, e ora tutti i suoi insegnamenti avevano dato i loro frutti, in più durante la sua avventura, aveva trovato anche l’amore. Isabelle e Francesco narrarono tutte le vicende di quell’anno, lasciando spesso di stucco i presenti per la loro forza d’animo. L’unico a cui non andava a genio Francesco era Raphaël, il figlio di Alain, il quale era ancora innamorato di Isabelle.
Una sera suo padre lo trovò seduto davanti al camino con un’aria malinconica:” Figliolo, cosa succede?” Chiese Alain.
“Quel damerino non mi piace”. Sentenziò il giovane.
“Chi, Francesco? A me sembra un bravo ragazzo, è colto, e si addice al carattere di Isabelle. Non vedi come sono felici? Non vorrai rovinare tutto spero.” Alain lo guardò torvo.
“Tu non sei mai stato geloso di André? Mi sono accorto come a volte guardi Madame Grandier”. Accennò Raphaël.
“Non la guardo, la ammiro. Tu sei nato in un periodo di pace, in una casa piena d’amore. Quando ero giovane, al tempo della rivoluzione, ogni giorno poteva essere l’ultimo. Oscar era il nostro comandante, ci ha condotti verso la libertà, ha sacrificato tutta sé stessa per salvare tutti noi...Le dobbiamo tanto. Eh sì, era ed è una bella donna, ma il suo cuore e quello del mio amico André erano fusi da sempre, anche quando lei non ne era consapevole. Il destino non si può arrestare. Io amo tua madre Adeline, mi ha reso un uomo completo, ed ha colmato con il suo amore la voragine di solitudine in cui ero precipitato dopo la morte di mia madre e di mia sorella. Mi ha quietato, e mi ha dato un motivo per continuare a vivere. Arriverà anche per te la persona giusta. Vorrei che tu fossi gentile con Francesco, e di salvaguardare la felicità di Isabelle, se le vuoi davvero bene come dici.” Alain non attese la risposta del figlio, voltò le spalle e se ne andò. Da quel giorno Raphaël cercò di considerare Isabelle solo come una sorella, e presto il suo fervore si affievolì.
***
Quella stessa sera Isabelle e Francesco terminarono tardi di lavorare presso l’ambulatorio della villa, ormai trasformata in un piccolo ospedale, in cui prestavano servizio anche Adeline e il dottor Camet.
“Ho una fame da lupi”, esclamò Francesco.
“Anche io. Il tragitto sarà più breve passando dalla spiaggia, stasera non c’è la nebbia”. Suggerì Isabelle.
Francesco annuì, e si avviarono verso casa. Egli si era adattato in breve tempo a vivere lontano dalle distrazioni della città. Apprezzava i grandi spazi, il silenzio di quei luoghi, e la genuinità dei suoi abitanti, con cui strinse ottimi rapporti.
Il rumore della risacca accompagnava le orme dei due innamorati sulla spiaggia. Il freddo era pungente, e prometteva un’abbondante nevicata.
Non vi era una candela accesa quando varcarono il cancello della tenuta, così accedettero alla cucina dalla porta sul retro. Isabelle riempì due piatti con la minestra che era avanzata, e invitò Francesco nella sua stanza per consumare la cena.
“Non so se sia opportuno…” La frenò il giovane.
“Ci sposeremo a breve, non occorrono tutte queste formalità. Mia madre mi attendeva ancora prima di sposarsi…” Svelò Isabelle. “Se ci dovessero scoprire, capiranno, e poi non facciamo nulla di male”.
“Come fai a saperlo?” Domandò lui incuriosito.
“Me lo ha svelato lei. Ha avuto una vita difficile, ha scoperto tardi il suo sentimento per mio padre”, gli raccontò.
Salirono le scale, entrarono nella stanza di lei, e chiusero a chiave. Accesero una candela, poi desinarono.
“Si è fatto tardi, è meglio che vada”. Francesco si alzò dalla sedia, e baciò delicatamente Isabelle sulle labbra.
La giovane lo trattenne:” Rimani con me…Tu sei il mio nido, il luogo ove il tempo si ferma, ove il mio cuore non invecchierà mai, ove la mia mente non smetterà mai di sognare”.
Egli le accarezzò il volto, sussurrandole il suo amore, poi divorò la sua voluttuosa bocca, bramoso di accedere a quel giardino di delizie. Ella lo strinse a sé, percependo il suo vigore. Bottone dopo bottone abbandonarono sul pavimento i loro abiti. Lo sguardo di Francesco catturava l’innocente bellezza di lei, e la adagiò sulle bianche coltri. Isabelle ansimò, trascinata dal piacere disegnato dalle sue mani, le quali esploravano dolcemente ogni lembo del suo corpo, per poi riempirsi delle sue forme rigogliose. Come una corolla di petali che si dischiude nel primo giorno di primavera, offrendosi ai caldi raggi del sole, ella obbedì ad un richiamo primordiale, naufragando in quel fluire di sensazioni così potenti, fino a che furono un tutt’uno.
Tremarono le loro ombre,
tra sospiri e baci infiniti,
nell’abbagliante splendore della loro prima notte d’amore.
Si amarono segretamente, come si amano le cose oscure.
Estinta la passione,
si promisero di restare
dopo ogni inverno,
di perdonarsi sempre
nonostante tutto.
Isabelle e Francesco si sposarono, ebbero la fortuna di amarsi per tutta la vita intensamente, e vissero a Billiers prosperando e generando figli, che avrebbero tramandato la loro storia e quella dei loro genitori, ricordandoci che il vero amore, in tutte le sue forme, è il motore del mondo, è un regalo raro, quell’esperienza che ci avvicina al sacro, rispettando la libertà e l’autenticità dell’altro.
Fine.