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Figli silenziosi della solitudine
Sono loro, le anime
che non hanno scelto la solitudine,
ma l’hanno ereditata dal tempo,
dai silenzi degli altri,
dalle porte chiuse troppo in fretta,
dai sorrisi negati.
Sono quelle che si sono ritrovate sole,
non per destino,
ma per assenza di alternative,
e in quell’assenza,
hanno imparato a creare
un mondo tutto loro,
fatto di sogni cuciti a mano e
pensieri che profumano di pioggia.
Ogni passo che fanno
pesa di parole non dette,
di abbracci desiderati e mai ricevuti,
eppure continuano a camminare,
con la schiena dritta e
l’anima piena di crepe,
perché hanno scoperto che è
proprio da lì che entra la luce.
Vivono in equilibrio
tra la malinconia e la poesia,
tra ciò che avrebbero voluto
e ciò che hanno dovuto accettare.
Sono gli alchimisti dell’emozione,
che trasformano lacrime in versi,
ferite in forza,
che conoscono il buio non con paura,
ma con rispetto,
perché lì ci hanno abitato e,
in qualche modo,
ci hanno trovato la loro verità.
Non parlano troppo,
ma quando lo fanno,
le loro parole hanno
il peso dei temporali estivi:
arrivano improvvise,
lavano via le superfici
e lasciano il mondo
più autentico, più vero.
A volte sembrano distanti,
ma è perché hanno costruito mura
non per tenere lontano,
bensì per proteggere
ciò che c’è dentro:
un cuore che pulsa
con forza quieta,
che ama senza paura,
che resiste senza rumore.
E così, in mezzo alla folla,
tra volti ignari e passi frettolosi,
camminano i figli della solitudine.
Non cercano approvazione,
ma lasciano dietro sé
una traccia invisibile
che solo chi ha sofferto
può riconoscere.
Sono la bellezza
che non si mostra,
la fragilità che ha scelto
di diventare forte,
la voce che il vento porta via…
ma che resta nel cuore
di chi sa ascoltare.