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Il primo settembre
scivola nel calendario
come una biglia dispettosa.
Le zanzare firmano
le dimissioni,
i gelati chiedono
la pensione anticipata,
ma le foglie, testarde,
ancora rifiutano
il cambio d’abito.
Le sveglie
tossiscono di ruggine,
i quaderni
si stiracchiano negli zaini,
il mare finge indifferenza,
ma sbadiglia più del solito.
Il sole, con la cravatta storta,
prova a sembrare professionale,
e intanto ride,
perché settembre
è sempre un teatro:
si apre il sipario,
entra l’autunno,
ma dietro le quinte
l’estate fa ancora le smorfie.
Finché una foglia,
stufa di prove e copioni,
sale sul palco,
si siede in platea
e applaude se stessa
con entusiasmo esagerato.
Il pubblico?
Solo un vento distratto
che fischia fuori tempo.