Everyday Tales - Around Whole Life's Images

scritto da 15/12Azzurro
Scritto 12 mesi fa • Pubblicato 12 mesi fa • Revisionato 10 mesi fa
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Autore del testo 15/12Azzurro
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L'ho scritto con qualche canzone in mente. Se piovesse il tuo nome di Elisa. Indietro di Tiziano Ferro. Si no estas di Inigo Quintero. I wanted to leave, SMYL. And so the story began di Jef Mertens. Se vi va, divertitevi ad ascoltare.
- Nota dell'autore 15/12Azzurro

Testo: Everyday Tales - Around Whole Life's Images
di 15/12Azzurro

30.09.2024
Se volessimo andare all’inizio di questa storia, potremmo tornare all’ultima sera dell’anno appena trascorso. Quel giorno, nel tepore di una stanza, vennero a deporsi semi che avrebbero dato i loro germogli qualche mese più tardi.
Superato l’inverno al silenzio dei ghiacci di un amore impallidito, sarebbero fioriti per poi esplodere sotto il sole torrido di questi mesi estivi.
I loro frutti, appassiti, rimangono a testimoniare lo svolgersi di un nuovo ciclo vitale.
E resto qui anch’io.
Indugiando nei suoi risvolti, scelgo di immergermi dentro il suo mistero per contemplarne ancora la bellezza.
E per non dimenticare.
 

31.12.2024.
In una serata tra amici sono il solo a non accompagnarmi a qualcuno.
Con un po’ di disagio e di coraggio, mi lancio a conversare con chi non conosco ancora.
Come mia buona abitudine, una volta fatte le classiche presentazioni, mi intrometto allegramente nei loro discorsi.
A dire il vero, non ho per nulla voglia di sentirmi in disparte. Così, mi diverto a danzare tra gli spazi lasciati liberi dalle loro unioni.
Siamo cinque ragazzi e due compagne. Chiacchero con tutti; a tratti discuto. Introduco nuovi argomenti. Inutile dire quanti sia fuori luogo. E tuttavia incomincio a ritagliarmi uno spazio in quella stanza.
Le prime ore del nuovo anno le trascorriamo con i rumori del televisore, immersi in alcuni giochi e alcune contagiosissime risate. La nostra serata è semplicissima. Nella sua sobrietà è veramente molto carina. E arrivano le tre. Si giunge conclusione e non facciamo neppure tardi.
Prima che ciascuno rientri a casa, un’ultima cosa. Accendiamo ancora una lanterna e la osserviamo prendere il volo insieme. Poi tocca a noi.
Come da prassi ci si scambiano gli ultimi auguri. Non so neppure se rivedrò buona parte dei presenti.
Tuttavia, con tre di loro in primavera ci ritroveremo.

 

Siamo a maggio. Domenica 19 per la precisione.
Il tempo è bello, e si prova ad organizzare una passeggiata con una coppia di amici. Fino all’ultimo non si aggiunge nessuno. E poi, un po’ per caso, c’è anche lei. È il nostro secondo incontro.
Sola con i suoi cani ad affrontare il mondo, ci raggiunge alla partenza del sentiero. E li guardo camminare senza mai perderli veramente d’occhio.
Quel mattino ricordo bene cosa avessi pensato. Mi ero alzato con il desiderio di aprirmi al mondo. Fondamentalmente il pomeriggio resto fedele a quello spirito; e la salita gioca la sua parte.
Tra un passo e l’altro, per fortuna, non è richiesto di parlare. E ho tutto il tempo per pensare.  
Mentre camminiamo, senza farmi accorgere, la osservo.
Esamino i suoi modi, accenno nuovi discori, e provo a sciogliere un po’ il ghiaccio. Non ho nulla da perdere. Così lascio che le cose vadano da sole.  
Senza un obbiettivo particolare, se non quello di stare insieme, il nostro gruppetto arriva alla meta. E il panorama è meraviglioso. Ed è un’immagine perfetta per descrivere la nostra storia.
Come in quella gita, quest’estate abbiamo vissuto un crescendo di condivisione; di emozioni e di fatica. E la bellezza è arrivata. Ma è durata solamente per un attimo; giusto il tempo per riprendersi e ritornare al punto di partenza.
E siamo persone nuove, si. Per certi aspetti siamo diversi. Per altre siamo sempre gli stessi.  
Però, tutto questo, quel giorno ancora non lo immaginavo.
Se avessimo saputo, forse, avremmo goduto ogni istante di quel panorama.
Eppure.
Sopraffatti dalla stanchezza e dall’incombenza dei nostri impegni, come si fa di solito in questi casi, abbiamo scelto di rientrare.
E abbiamo praticato quella discesa in silenzio.
Giunti in fondo, semplicemente, ci siamo salutati. Ma ci saremo visti di lì a breve.

  

Sette giorni dopo, 26.05.24, siamo a Ovada.
L’occasione è una festa cittadina.
Ormai avevamo due giornate alle spalle. E le abbiamo sfruttate per aprirci un po’ di più.
E stranamente, ci siamo messi a parlare.
Sorrido perché era lei la più loquace.
In confronto ero mutissimo.
Solitamente so discutere di qualsiasi stronzata ... è un’arte. Eppure non sapevo cosa fare.
Ne sapevo che volevo.
Stavo li. E mi godevo le serate che la vita mi voleva offrire.
A lei, non pensavo ancora come ieri; o come oggi. Non l’avevo in mente come l’avrò domani, andando al lavoro o spegnendo la luce prima di riposare. Ma ricordo i suoi vestiti.
Pensando a quella sera mi immagino una giacca di pelle nera …
Ma è tutto uguale.
In quell’ennesima piazza della mia vita, non sapevo bene cosa stessi a fare. Tolto lei, non mi teneva quasi nulla in quel luogo. E quando la vidi sparire tra le amiche decisi di andarmene; senza neppure salutare.
E fu lì che vidi schiudersi i primi germogli di Capodanno.
Di lì a poco ricevetti un semplicissimo messaggio. “Fuga?”, mi chiedeva.
Una risposta generica la mia. La prima di tante.
E però diede il via a un periodo di scambi. E di incontri.
In quei giorni aggiungevamo sempre qualcosa. Un po’ a caso, senza un obbiettivo particolare, mi avvicinavo.
E costruivamo uno spazio fatto di interesse e condivisione.
Il suo messaggio, per quanto inatteso, era da molto che lo desideravo.

 

Il primo giugno siamo a Rocca Grimalda - Il mio lavoro da ritrovare. Il suo da lasciare andare.
Il nove giungo c’è una grigliata a casa di amici: le nostre incognite, le debolezze e i desideri.
A fine mese sarà una camminata ai forti. Il primo sgarbo. E il primo silenzio.
Tutto il mese è preparatorio.
Ci cerchiamo ma non sappiamo bene cosa fare.
In compagnia, percepisco il suo disagio, così simile al mio.
Anche a distanza, siamo lì, in due.
E non ci siamo per gli altri. Abbiamo il nostro mondo interiore a parlarci.
Esito tra una miriade di comportamenti diversi. Tuttavia, un pensiero sì fa strada fra gli altri.
C’è qualcosa in lei che non riesco a ignorare.
Vedo le sue mosse. Ma non le so accettare.
Non riesco a farlo. O non lo voglio fare.
Ma le osservo. E ne ho bisogno.
Per me, lei, è quella soglia che non ho mai avuto il coraggio di oltrepassare. E ho paura.
Ho un sacco paura di farle del male. Di non volerla davvero. Di usarla. Di non desiderarla o di farla soffrire.
Forse in segreto è tutto ciò che temo per me stesso.
E anche lei ha paura. Ma riesce ad esporsi molto di più di quel che faccia io.
Ed è bellissima. Fragilissima e coraggiosissima nel farlo.
In quei giorni non faccio che pensarla. Non capisco cosa trovi in me. Però è li.
Entrambi, siamo lì. E così mi lascio andare.
 

Sono messaggi maldestri. Sono tentativi.
Le scrivo quando so che l’avrei persa davvero se non lo avessi fatto.
E ho l’ennesima fortuna. L’estate gioca a mio favore.
Con i suoi ritmi frenetici e le sue sere infinite, riesco a vederla senza chiederle espressamente di uscire.
E anche per lei dev’essere uguale.
Il 7 di luglio siamo a Lerma. Indosso una camicia nera con ricami a colori. L’ho presa apposta.
La serata trascorre calma e semplicissima. Siamo sereni. Ma una giornata così inizia a non bastare.
È qualche giorno più tardi trovo il coraggio di chiederti di uscire.
Nel frattempo ti sognavo.
Davvero.
Io ti ho sognata.
Più di una volta.
E ci vediamo a Silvano proprio il giorno prima del nostro primo appuntamento.
Seduto al tuo fianco ero veramente sereno.
Per la prima volta nella mia vita, mi sono sentito finalmente a casa. E arriva la nostra serata.
Siamo a Genova. Lo sai. Ho una paura matta.
Ho un nodo in gola che non so confessare. Ma lo voglio fare.
E sono più svarionato del solito.
Tu lo noti. E nonostante quelle difficoltà andiamo avanti.
Non so bene cosa ti avesse convinto a proseguire. Ma si va su a Righi.
E il panorama è stupendo. Ma la discesa!
È tua l’idea di farla a piedi. Ed è straordinaria.               
Ad ogni passo sono nuovi orizzonti sul mare, sul tramonto e sulle case.
Sono ciottoli incastonati, e mille discorsi.
Ricordo molti istanti di quel percorso. Tra i più belli ce n’è un in fondo, quando mi racconti un po’ dei tuoi corsi in magistrale. Mi piacevi un sacco mentre mi parlavi. Forse è tra i momenti in cui sei stata più serena con me a fianco.
E lentamente il mio imbarazzo o le mie difficoltà si fanno normali. E resta lo spazio di un’uscita.
Quella sera ho visto una ragazza che non sapeva cosa fare, ma era dove voleva essere.
Mi ricordo cosa abbiamo ordinato per cena. Mi è capitato da poco che mi portassero le stesse crocchette ripiene di brie. Ti ricordi?
E’ al tavolo che mi accorgo del tuo vestito. Indossi una camicetta blu. La mia è rosa. Mi piace tantissimo vederci insieme, e camminare in una città dove mai avrei pensato di passeggiare così come abbiamo fatto.
Il tempo, quella sera, trascorre lento e implacabile. Ma noi non lo avvertiamo molto.
Rientriamo tardissimo. E ci vedremo l’indomani.
Sono invitato a casa tua, una delle rare volte in cui potrò metterci piede. Ed è spettacolare.
Non per le bellissime lucine; non per gli interni; non per i tuoi cani. Ma perché è qualcosa di unico, e tuo.
E sono un po’ in difficoltà.
I baci di nascosto, così diversi dal nostro primo unico e irripetibile, mi fanno ansiare.
Perché ho solo voglia di stare insieme. E siamo troppi, molti di più di quelli che vorrei avere intorno.
Penso che mi ci dovrò abituare.
Ma ad essere sincero, è qualcosa che ancora oggi mi riesce difficile.  
Ci salutiamo anche qui, rimasti soli, labbra su labbra giù per le scale.
E ci ritroviamo due sere dopo a mangiare qualcosa prima in un prato. Poi in una macchina. Perlomeno siamo al sicuro. La chiesetta delle Capanne è una location… particolare. L’acqua della sua fonte, le nostre parole, mi ricordano il caldo di quella notte. E’ stata unica, come tutte le altre del resto.
Ma l’uscita più bella per me resterà quella di Arenzano.
Camminavi al mio braccio. Ma quanto ero felice?
E a Novi. In pizzeria, lo sai, credo di averti fissata ogni singolo istante.
E i passi in centro sono leggeri e delicatissimi.
Il castello, la libreria o la vetrina con i vestitini da bambini. Che serata.
Due giorni dopo, siamo di nuovo insieme.
Poi a Mornese. Salgo su e mi rannicchio in un angolo circondato dai tuoi familiari.
E ci sarà il torneo di calcio una domenica.
E una passeggiata sul Tobbio; solo noi due.
E il primo agosto. Beh. Il primo agosto siamo stati per la prima volta veramente insieme.  
Sai. Lo scrivo rapidamente.
A volte ho avuto il dubbio che non sia successo davvero.
Conta il presente. Il presente e nient’altro.
Ma quante emozioni abbiamo macinato nel corso di un mese?
La nostra prima sera.
Se ci penso. E forse no, non so se lo voglio fare.
Se ci penso… mi fa male. Perché lo sai.
Mi fa male pensare ai momenti di banale semplicità. Sono quelli che più ci sono mancati.
Noi due e basta. E quella sera mi hai detto una cosa. Mi hai detto che avevo un sorriso enorme. Ed era così.
Ma tu? Tu sei stata bene? Perché non me ne sono accorto?
Che senso ha avuto aprirsi per richiudersi ancora?
Non ti manchi? Non ti manca la persona che eri con me?
Ricordo ancora i giochi tra la sabbia in riva al mare.
Penso che quella serata sia stata magica.
Ma tu che dici? Cos’è successo dopo?
Ti ho pregata perché ne potessimo vivere ancora.
Ma al mare quest’estate io non ci sono più andato.
E lo desideravo con tutto me stesso di ritornarci insieme.
E avrei fatto di tutto per riuscirci.
In questi mesi ho continuato a conoscerti, e a conoscermi. E ti desideravo.
Nonostante le infinite difficoltà, ti ho voluta, sempre. E ci credevo.
Ma tu.
Tu mi divoravi.
A tratti non mi lascivi neppure un attimo. Soprattutto all’inizio. Mi volevi.
Dovevo esserci e basta.
E poi, una volta osservato chi fossi, hai smesso di interessarti.
Ma credi davvero di avermi conosciuto?
Mi rifiuto di crederlo. Ero li per te, ma tu non credo mi abbia mai voluto davvero.  
Vogliamo parlare di Mornese? Forse che mi desideravi lì per dimostrare al mondo che andavi avanti? E se fosse così, perché non me lo hai detto?
Ti direi che ha poca importanza. Ma non è così che stanno le cose.
Io ti ho detto tutto di me. E forse ti ho odiata. Ti ho odiata e ti ho amata.
Nonostante abbiamo trascorso due mesi insieme i sentimenti che mi hai tirato fuori sono potentissimi.
Vogliamo parlare dei giochi in piazza a Castelletto?
Ma quanto eri a disagio con me a fianco?
Ma perché poi.
Amavi ancora lui? Lui ti scriveva? Lui ti cercava? Lui soffriva? E io?
Cosa contavo? Cos’ho significavo per te?
Ti vedevo davvero mi hai detto. Ma se ti vedo, perché non ti lasci andare?
Ma tu che vuoi?
Mi hai scritto che ero diverso da tutti gli altri.
Ma quanto mi hai desiderato?
Ero solo qualcosa per farti trascorre il tempo, o per farti passare un po’ di malinconia?
Ero una prova? Mi mettevi alla prova?
Perché è così che mi hai fatto sentire. Sempre alla prova.
Ma io, ti ho davvero conosciuta? Dov’eri?
Poco importa.
Mi dispiace per le domande assillanti.
È che sono ancora dentro e tu qui non ci sei.
Sono domande che mi pongo da quando ci conoscevamo.
Già da subito mi è parso fosse un prendere o lasciare.
Ma non era forse presto per mettere dei veti?
Avere figli o meno. Abitare in un posto oppure in un altro.
Era davvero essenziale?
E sai che mi fa male? Mi fa male che non hai visto quanto potessi stare bene. Tu non lo sai come ti avrei potuta amare. Ne avevi forse paura?
Tu, in casa tua, mi hai voluto solo una notte.
Alle 3 mi hai fatto andare via.
E da me, nonostante ti potessi fermare, non lo hai mai voluto fare.
Ma in tutto questo, cosa pensavi?
Quello che voglio dirti è che c’è una cosa veramente importante.
Sarebbe bello se tu riuscissi ad imparare a parlare.
Perché è legittimo avere desideri. E nessuno è sbagliato. Ma li devi gridare al vento i tuoi.
Non te li avrei mai negati. Ne li avrei mai derisi o li avrei mai veramente odiati.
Magari non sarei stato io la persona con la quale realizzarli. Ma non ti avrei cambiata.
Avrei soltanto tenuto fede ai miei, scoprendoli con te. Ma non ti avrei mai chiesto nulla.
Se non una semplicissima: sentiti libera e scegli. Perché non mi stavi scegliendo. E forse mi stavi lasciando.
E anche se non me lo hai saputo dire espressamente, forse il risultato è banalmente il tuo silenzio.
Non lo so. Non sono nella tua testa.

 

Però, so quando ho avvertito qualcosa di diverso in te.
Ricordo come fosse ieri la serata dell’11 agosto. È stato un giro in macchina infernale.
Mi hai detto che lo hai visto. Ma come? Mi viene da odiarti. Non perché lo hai visto. Non per i tuoi messaggi in cui parli dei miei sproloqui o mi racconti dei desideri che avevi per noi. Non perché mi hai raccontato un fracco di bugie. Non perché non mi hai ancora detto la verità. Ma perché non me lo dirai mai.
Questo non riesco ad accettarlo.
Perché ti ho voluto bene. E tu? A me hai mai pensato?
Perché ti costringi a stare sola? Se non ti apri, se non ti fidi, lo capisci che lo sarai per sempre?
Non mi vedevi lì a soffrire. Questo è qualcosa che mi fa male.
Ho scoperto dei casini in testa che sto facendo difficoltà a sbrogliare.
Dovrei solo andare avanti ma non l’ho voluto ancora fare.
Sta passando il tempo. Lo sto già facendo. E lo farò. La verità è che non si va mai indietro …
E le tue porte sono meravigliosamente incomprensibili.
E non mi andrà mai bene che si faccia così.
Mi dispiace. Su questo non cedo.
La cosa più bella è aprirsi e donarsi. La libertà è forse l’unico dono che possiamo farci.
E in questa vita tutto è possibile. Ma ci si deve amare.  
E solo chi si vuole bene, chi sceglie il proprio desiderio lo può fare.
La vita è molto brutale. Non ne esistono di manuali. Siamo solo noi.
E sì. Sono convinto che mi avresti potuto dire qualcosa di più dei tuoi sentimenti e delle tue difficoltà.
Non capisci che fino a che ti chiuderai, non ti sentirai veramente amata?
Non capisci che le tue debolezze possono diventare la tua forza e la tua guida?
Tira fuori te stessa. E trova chi ti amerà davvero.
Forse proprio oggi, mentre scrivo, lo stai già facendo.
E adesso temo di essere io a non voler accettare una tua decisione.
Forse hai preso una scelta che è evidente a tutti e semplicemente non la voglio accettare.
Forse il tuo silenzio è il meglio che potevi fare. E va bene così.
Mi spiace davvero se ti ho fatto male perché non lo volevo fare.
Ma ho solo bisogno di sentirti dire che non ho capito nulla di noi.
Forse eravamo troppo diversi. Ma non ci ho creduto. Stento a farlo.
Forse, ho solo bisogno di essere amato.
E mi arrangerò per andare avanti.    

 

Però, prima di voltare pagina, voglio dirti una cosa.
Mi rifiuterò sempre di credere che i nostri sentimenti non fossero reali.
Per fortuna ho due cose che mi restano di te.
Una barchetta di carta. E un foglio scritto.
In quel foglio, con una scrittura piccola, da bambina, hai messo giù tutto il tuo pensiero.
E sì, sarei rimasto a incollare i pezzi. E te l’ho gridato più forte che potessi.
E sì, non ti saresti mai pentita di nulla. Perché avresti vissuto.
E sto provando a mantenere la promessa di non passare neppure una notte senza chiarire.
Ma sei tu. Sei solo tu ad esserti tirata indietro.
E non hai avuto il coraggio di viverla questa storia.
E lo so. Sono pazzo. Ma mi stavo innamorando.
Lo so; sono pazzo. Ma adoro tante cose di te.
Adoravo i tuoi dettagli. E mi è piaciuto starti a fianco.
Mi sono sentito competo, e felice. E non mi hai dato tempo.
Ci ho pensato spesso.
Magari ti avrei lasciata io in futuro. E chi lo sa.
Te lo scrivo perché ho sempre voluto proteggerti da tutto; anche da me. Ma so che ti volevo.
Avrei fatto di tutto per vederti sorridere, e farlo ancora, e ancora.
Non mi hai neanche dato il tempo di iniziare. DI conoscerti davvero. Di vedere i tuoi difetti. Di comprendere il tuo carattere. Di provare aviverci.
Sarei rimasto ma sei stata tu a scappare.
E te ne pentirai. Lo so che ogni tanto te ne pentirai.
Ma se hai scelto che le cose andassero così, sai che ti dico? Hai fatto bene.
Forse hai visto più in là di quello che io potessi fare.
Mi fa ridere. Forse hai pensato che fossi troppo? Sai che sono nulla, vero?
Ci provo e basta.
Comunque, spero tu sia felice. Solo tu sai come potrai esserlo.
Non pentirti mai di aver scelto te stessa. Mai!
Va bene così. Le decisioni difficili esistono. E quelle che prendiamo sono sempre quelle giuste. Questa è una lezione che ho imparato.
Nessun rimpianto. Mai!
In fin dei conti, chi sono io per chiederti di scegliere me?
Cosa ho da offrirti? Posso darti il cielo? Ci avrei provato. Ma non so se ci sarei riuscito.
Al contrario, vedevo un percorso, una vita.
Avrei rispettato i tuoi desideri e i miei. Avremmo provato a farli coesistere entrambi.
Ma va bene così.
Va bene così perché le cose succedono e si va avanti.
Però ci tenevo. Ci tenevo a scriverti. CI tenevo a scrivere di questa storia. Che mi è sfuggita fra le mani senza che sia riuscito neppure a
comprenderla.
E come scrivevo all’inizio, ho voglia di restare a contemplarla ancora un po’.
Sai. Sono grato di tutto ciò che ho vissuto.
E me la voglio tenere stretta. Così come tu hai tenuto alcune cose di me. Ne sono certo che porterai alcune cose con te. Se non ti sta a male, io terrò lei.
Terrò con me mille messaggi, e mille canzoni, e andrò avanti.
Ma terrò con me anche il parcheggio della Basko; indimenticabile compagno di questa stagione estiva.
E terrò con me il ricordo della serata al fiume ad Olbicella. Siamo stati insieme.
Quella serata resterà per noi.
Il 10.08 siamo da me. È un altro bellissimo ricordo. Ti ricordi il rientro a casa, fatto di ragni e di zanzare?
Quell’asciugamano a bordo piscina, poi. Sicuramente è particolare.
E terrò stretto pure lui.
La nostra storia non è stata mica perfetta.
Ma quei ricordi, per me sono il futuro. Non vivrò di loro. Vivrò anche grazie a loro.
Ho vissuto cose che mi hanno permesso di capire cosa amo davvero.
Di questo te ne sarò sempre grato.  
Ma non c’è solo questo.
 

Indugio.
Il 18, dopo quattro giorni di semi lontananza, ci vediamo.
È una giornata che sa di settembre. Umida. Sta piovendo.
E la passiamo qui da me. La finestra che da sul bosco è aperta…
Di gran lunga è stata la cosa più magica che io abbia vissuto.
Forse nella mia vita. E mi fa male.
Sei qui. E ti ho tutto il giorno per me.
Vediamo un film, e stiamo insieme.
La storia che scegliamo è emblematica a pensarci.
Quel giorno, ti ho vista andare via da quel letto, e ti ho pregata di non farlo.
Mi hai visto piangere. Piangere di gioia di averti qui. E ti ho lasciata andare.
Lo sapevo che nulla era sicuro. Ma sapevo che era solo l’inizio di qualcosa.
Quella scelta, sai, la rifarei sempre.
Puoi scegliere, puoi decidere, puoi fare ciò che è meglio e puoi anche sbagliare.
Ma quella sera piangevo.
Ma piangevo perché so cosa desideravo.  
Forse mentivo a me stesso. I problemi, mica non li vedevo. Ma vivevo.
E avrei voluto vivere una delicatezza con te che neppure ti immagini.
Quel giorno, nei tuoi abbracci, l’ho davvero sfiorata.
Sai tu.

 

Il 20.08 mi scrivi di un malessere esistenziale.
Purtroppo ti avrei persa.
Ho provato con tutto me stesso, con tutta la mia forza a dirti chi ero.
Ho gridato i miei sogni, ho detto tutto ciò che vedevo, superando la paura di decidere per te e rischiare di imprigionarti. Ho guardato in un futuro e ho provato a portartici. Ma mi sono fermato.
Se non sei tu a volerlo, io che posso fare?
Così, ci avviciniamo alla fine.
Si avvicina il tuo compleanno. Nei messaggi ci sono cuoricini. Ma i progetti di fare vacanze o viaggi si perdono in un futuro senza un domani. E resta la festa ai Crebini.
So che non vuoi festeggiare. Vuoi restare in casa.
E scegli comunque di andare insieme agli altri. E se ci vedono? Ma tu che provi?
Non riesco a togliermi dalla testa che volessi essere in un altro luogo. Ma non osassi.
Sai, non mi sarei arrabbiato.
Mi avresti visto in faccia solamente una profondissima delusione.
Ma avrei capito. E non ti avrei giudicata.
Ti avrei lasciata fare. Ma non so cosa pensassi davvero.
Questo è davvero qualcosa che uccide.
Mi uccide il dubbio che tutto ciò che ti ho appena scritto non abbia alcun senso.
Volevi capire i miei sospiri? Tra i tanti sospiri ce ho tirato mentre stavo con te, questi sono quelli irrisolvibili.
Purtroppo, so cosa voglio ma ho una vita piena di difficoltà che ho superato o supererò. DI questo ne sono sicuro. E mi dispiace tantissimo avertene fatto sentire il peso.
Mi dispiace averti fatto vivere i brutti rapporti che ho con i miei. Mi dispiace averti fatto attendere per convincermi a voler uscire con te. Mi dispiace averti detto delle frasi che ti hanno fatto dubitare o ti hanno fatto sentire fragile, debole, o ti hanno messo in difficoltà. Non ho saputo dirti ne sono riuscito a vedere esclusivamente ciò che mi piaceva di te. Ho sbagliato.
Ma io sono qui. Sono sempre rimasto qui.
E andrò avanti. Non perché bisogna chiudere delle porte.
Ricordati bene quello che ti sto per dire. Nella vita non si sa mai cosa ci capiterà. L’amore è questo. È normale avere paura ma dobbiamo avere coraggio di scegliere.
Io non ti rimprovererò mai nulla.
Ma ti dico quello che sto per fare.
Questo è il mio modo di andare avanti. Questa storia è il mio modo di scegliermi.
Proverò a cercare amore. E chi vorrà il mio e desidererà donarmene mi avrà. Perché i miei sentimenti, da soli, non possono bastare.
E poi, no. Non sono un maniaco. Non cercavo solo sesso. Non lo cercavo e basta. E non eri un piano b.
Eri il mio unico piano. Perché eri quello che stavo scegliendo in quel momento. E se ne scegli due allo stesso tempo, bè è un gran casino. Ma sei sempre tu a scegliere.
Vorrei solo che ti amassi per questo. Scegli! Scegliti! Muoviti!
La vita non ti aspetterà. Sono cose che ricordo anche a me. E te le dico non perché voglio curarti o perché credo che tu non le sappia. Sono verità incontrovertibili.
Te le dico perché voglio che tu sappia che sono cose che penso, e mi stanno bene. È un ultimo modo di prendermi cura di te. E di condividere con te qualcosa.
Ti ho voluto e ti voglio bene.
La fettina di torta con le candeline? Ne meriti una intera.
Mi dispiace non averti vissuta.
Mi piacevi. Parlo al passato perché ora non lo so più.
Sto perdendo tanti tuoi ricordi. Svaniscono, a tratti.  
Non so se ho conosciuto davvero che persona sei. In realtà credo di averti vista davvero.
Ti ho cista nelle mie canzoni. Credo di averlo fatto. Forse sbaglio.
Però, posso dirti quali sono le miei immagini. Quali sono i miei sogni di una vita.
Ti lascerò con questi. Già lì sai. Ma è il mio modo di dirti addio.
Per lasciarmi andare, devo dare tutto me stesso. Sempre.
Ti chiedo scusa se ti fa soffrire il mio modo di abitare il mondo.
Ma non tradirò mai la persona che voglio essere. Spero che tu lo capisca.

 

Nelle mie immagini, da sempre, ho in mente una ragazza. Una ragazza dolce, fragile, viva, con la voglia di amare. Desidero stare con lei. E’ una persona sensibile con il sogno di scoprire il mondo. La immagino con i capelli scuri. È più bassa di me. E mi è accanto in un prato. Nei miei sogni da bambino, siamo con la testa una al fianco dell’altra, persi a guardare il panorama e il cielo.
Non mi serve nulla. Mi basta sapere che a casa lei mi attende. È il mio tutto. Il mio sorriso. E lei sorride.
E sono passeggiate nella natura, sono libri, sono film, sono viaggi intorno al mondo. E sono azioni. Lei è quel luogo al quale tornerei sempre dopo essere uscito di casa. E siamo connessi. Uno sguardo, e entrambi sappiamo di noi. E nulla.
Tutto questo per me sarebbe un sogno. E se lo riuscissi a raggiungere tutti gli altri sogni sarebbero un dettaglio.
È questo il luogo in cui sono. È questo il luogo in cui voglio vivere. E non desidero altro.

 

Nella vita forse mi accontenterò.
Forse non realizzerò mai le mie immagini. Ma ci proverò, sempre.
E andrà come andrà.
Le mie immagini non sono eterne. Un po’ cambieranno. Queste, però, mi accompagnano da una vita.
La prima volta che le ho avute avrò avuto si e no 16 anni.
E niente.
La nostra storia è tutta qui.
E’ iniziata ed è finita. E mi dispiace.
Perché ci credevo.
E mi hai tolto la speranza dalle mani. E sei tu ad averla nella tua tasca.
Andrò avanti.
Ma non scegliere per me. Chiedimi cosa voglio piuttosto.
Ma no... Scegli e fai quello che ritieni meglio. E fregatene di chiunque altro.
Fondamentalmente, anch’io, continuo a fare esclusivamente quello che voglio e riesco a fare.
Non so se ti invierò mai le mie parole. Sono combattuto.
Sai. Sono convinto che la cosa più bella sia volersi bene.
Questo mondo è soltanto un po’ misero.
Potrebbero veramente amarci tutti quanti molto di più di quanto facciano realmente.
E nulla. Ti saluto...
Anche se non saremo insieme,
Buon viaggio

 

 

Everyday Tales - Around Whole Life's Images testo di 15/12Azzurro
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