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Quel canto da sirena dei mari era la cosa più delicata del mondo,
corde di violino tese come seta sul grande passo del mio cuore,
le toccava delicatamente con la sua melodia di corrente estiva.
Era fresca,
sottile,
piana e
armoniosa,
divina reincarnazione
del flauto di Pan.
Con il suono portava
me nella sua dimensione,
rapendo quel briciolo
di sanità che abitava
nel capo mio.
Faceva diventare folli,
follia d'amore,
di saltar addosso a
lei e toccare e
accarezzarle per mille
volte le rose guance.
Così come ogni creatura
che udiva le sue dolci parole, ognuno rapito in quello spazio indefinito dal tempo.
Assaggio il suo frutto più maturo, quello ancora incontaminato dal veleno d'occidente e cado in un torpore di sensi ineffabile.
Aprimi,
mangiami,
togli ogni sapore
alle mie carni,
Io voglio essere posseduto dalle tue parole,
voglio che entrino in me,
mi escano da ogni parte,
mi abbraccino,
bacino,
mi facciano sentire pieno,
amato,
desiderato,
coccolato,
voglio udire nuovamente il tuo canto,
ogni parola,
ogni cosa,
sostanza,
sillaba,
vocale,
persino il rumore del vento tra le tue labbra,
fammi scoprire i peccati dei lussuriosi,
bagna con la tua
voce il mio corpo.