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Elena lavorava sodo nel bar di Giovanni, lo faceva per mangiare, era sola come un cane, perciò non si lamentava perché senza quel lavoro non sarebbe sopravvissuta.
Non aveva sogni, i suoi sogni si spegnevano la sera insieme alla lampada economica sul suo comodino.
Quando calava la notte, più che addormentarsi crollava per la stanchezza. In fondo non era male dormire così, con un sonno di pietra, senza svegliarsi fino al mattino. Durante la notte poteva dimenticarsi e dimenticare che non aveva nulla, a parte se stessa. Poi era bella, si diceva, quella sensazione di abbandono alle lenzuola, era bello lasciarsi abbracciare dalle coperte, affondare come un corpo morto sul materasso e quasi non respirare per la benedetta stanchezza.
Era una bella fatica che le faceva bene al cuore perché stancava solo il corpo, mai l’anima, che non aveva né tempo né modo di stancarsi. Era come se non esistesse, messa a tacere dal corpo e dal suo bisogno elementare di riposo.
Elena amava la notte perché le ridava quello che il giorno le aveva tolto.
Il bar di Giovanni era un bar senza pretese, perso nel nulla di una pianura affogata nella nebbia, vicina a niente e lontana da tutto.
I clienti erano sempre gli stessi, gente che veniva da non si sa dove e scompariva verso mezzanotte, fantasmi che andavano a infestare altri luoghi, altrettanto sperduti e sconosciuti.
Vedere sempre le stesse facce, con la barba di tre giorni e la pelle come carta vetrata, era la parte del lavoro che sopportava di meno, avrebbe voluto incontrarne altre, ogni tanto, meglio ancora se con l’aria di chi ha fatto un lungo viaggio e può raccontare qualcosa di nuovo, qualche storia di paesi lontani e irraggiungibili come una vita diversa.
Ma tutto questo apparteneva al sogno, Elena abbandonava questi pensieri sul nascere, per non far confusione fra ciò che era e ciò che avrebbe potuto essere.
Nel suo giorno libero, doveva fare tutte le cose che non riusciva a fare quando lavorava. Cose come pulire la casa, fare il bucato, stirare e magari vedere un’amica al pub per un caffè e quattro chiacchiere.
Tutto nell’unico giorno destinato interamente alla sua vita.
Le ferie le faceva in montagna, da una lontana cugina che la ospitava in ricordo di sua madre, santa donna. Non era male, lassù, fra gli alberi e l’erba verde. Nell’aria frizzantina del mattino trovava un senso a molte cose, perfino alla sua vita che, le sembrava, per un po' respirava insieme a lei aria pulita.