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Ho scritto mille versi d’ombra,
oggi voglio scriverne uno di sole.
Scendere al mare come chi si perdona,
e lasciare che l’acqua mi consoli.
Lì, dove il mondo si tace,
dove i pensieri si fanno ovatta,
tutto è ritmo, respiro, grazia,
e il cuore, per un attimo, si adatta.
Scivolo nel blu, e il blu risponde,
m’abbraccia come un dio che non pretende.
Il corpo non pesa, la mente tace,
il tempo non esiste, e nulla mi offende.
Poi arriva l’onda, viva, enorme,
mi solleva, mi guida, mi deforma.
Sopra di lei, io non ho nome,
sono vento, acqua, sale e forma.
Un istante, ed è gloria pura,
la pelle canta, la mente giura
che forse la luce non è bugiarda,
che anche un’anima stanca la guarda.
Sotto, nel silenzio profondo,
dove l’acqua mi chiude il mondo,
sento il battito come un tamburo,
antico, lento, sincero, duro.
E quando risalgo, tossendo aria,
rido, la stanchezza è necessaria.
È quella pace che viene col fiato,
quando hai perso tutto… e sei tornato.
Vorrei restare, in quell’istante chiaro,
dove il mare è maestro e l’uomo è raro.
Vorrei imparare la lingua del sale,
credere che vivere non fa male.
Forse è questo il mio inizio lieve,
il mio piccolo passo verso il bene.
Io, che ho tanto amato il nero umano,
sto imparando la luce, piano.