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Mi chiamano il Genio,
il pittore della furia.
La critica mi osanna,
il pubblico mi ama.
Mentre guarda i miei quadri,
comprendo i propri occhi:
io dipingo l’orrore,
quello vero,
non l’astratto dei quadri sacri.
Nelle mie tele —
violenza quotidiana,
quella che patiscono
le persone
che mi camminano accanto.
Vivo di gloria,
la considerazione è il mio nettare.
Devo respirare la celebrità!
Ma tutto ha un valore alchemico:
per ogni pennellata
devo sacrificare un urlo,
un’esistenza.
L’arte, in fondo,
ha i suoi martiri.
E ogni soggetto
sarà magnificato
dagli intellettuali boriosi,
tronfi di aggettivi
nel descrivere le mie opere.
E trovo piacere
a immaginarli come complici involontari.
Ah!
È già tardi.
Devo agire in fretta.
La vita
sollecita il mio prossimo quadro…
annullandola.
