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Ti ho cercato anche quando non c’eri più.
Nel silenzio che lasciavi dietro ogni tua parola, nei messaggi che non arrivavano mai, nei pensieri che tornavano a bussare quando avrei voluto solo dormire.
Ti ho cercato tra le pieghe dei giorni, nei ricordi che mi tenevano in ostaggio, nelle parole che ho smesso di dirti.
Ti ho cercato finché la mia voce è diventata eco, finché non ho capito che a rispondermi era solo il vuoto, e che quel vuoto aveva la tua forma.
Il buio è arrivato così, senza bussare.
Ha attraversato le fessure del mio respiro, si è seduto accanto ai miei pensieri e ha spento tutto: il rumore della mente, il calore delle mani, la voglia di lottare .
Non urlava, non feriva.
Si limitava a esserci, costante, come una presenza silenziosa che non chiede il permesso di restare.
Dentro di me era rimasta solo la tua ombra: un’impronta che non voleva andar via, un riflesso che continuava a somigliare a te anche quando non c’era più niente da vedere.
E nel buio, ho finito per confondere la mia voce con la tua, il mio dolore con il ricordo di ciò che avevo creduto potesse essere.
Ma il buio non se ne va all’improvviso.
Non si dissolve con la luce, non basta aprire gli occhi o riempire il tempo di rumore.
Si ritira piano, come la marea che lascia sulla sabbia le tracce di ciò che è stato.
E in quel lento ritirarsi ho trovato la verità:
che non serve qualcuno per ritrovarsi,
che non c’è amore nel restare dove non si è visti,
che la pace arriva solo quando si smette di cercarsi dove non si è mai stati amati.
Ho compreso che il buio non è un nemico. È un passaggio necessario per tornare a respirare, per imparare che anche senza te, io esisto.