Affare

scritto da Sofista pensierosa
Scritto 6 mesi fa • Pubblicato 6 mesi fa • Revisionato 6 mesi fa
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Autore del testo

Immagine di Sofista pensierosa
Autore del testo Sofista pensierosa
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Questo componimento esprime un'interiorità estremamente tormentata e in lotta con se stessa.
- Nota dell'autore Sofista pensierosa

Testo: Affare
di Sofista pensierosa

Parto. La mia fermata è la mia partenza, la mia data, la mia scoperta.

La ninfa del viaggio si è tramutata in un losco e devastante demone che, nonostante la mia ansia di scoperta, invischia i miei occhi con la pece densa e allucinogena, che arriva al punto tale da spaccarmi il cranio e lo sterno con le sue verità. “Non ce la fai”.

“Non ce la puoi fare”. Il cristallino e granitico, quanto fatuo ed instabile potere, combina queste sue due inevitabili facce; tutto ciò per il suo diritto di pressare gli impotenti e illudere i lumini fiochi e pieni di brividi dei martoriati. Sì; il verbo ammalato e decadente, al pari di un corpo diventato un sacchetto d’ossa e ormai svuotato dall’anima, non vuole più rispettare al “contratto vitale” che ha già da tempo sottoscritto con il Divino (o chi per Lui).

Al bando l’esistenza. Come vedere un quadro in pittura, che risulta ormai noto e apprezzato dalla collettività umana, in maniera del tutto “passiva”: Vedere, ovvero far attraversare le varie componenti dell’opera allo stesso modo con cui si lascia che un treno in corsa attraversi rapidissimo i nostri occhi.

“Cosa c’è di speciale!?”, “Tutto quì!?”.

Già. Tutto ciò, ogni elemento, figlio di natura o artificio umano, battito di ciglia o risata di un bambino, sospirato dalla rassegnazione dell’inevitabile incedere della neve, che porta dolcemente a tacere tutto, possiede una risposta alla fatidica domanda che esso si pone appena giunto al mondo: “Perché sono quì?”.

Probabilmente si tratta di un “baratto”, di un compromesso; l’essere, gli esseri, il grido o l’atomo da dove “tutto” ebbe inizio (o altro…), ci hanno donato quello strano fenomeno che chiamiamo “vita”, la cui componente principale è approcciarsi attivamente ed energicamente alla realtà e agli altri “viventi”. In cambio, noi, in quanto esseri senzienti, responsabili e collettivi, dobbiamo modificare il nostro fiume, in modo tale da rendere il suo corso più incline al nostro volere e a quello della comunità.

Ma tutto ciò, talvolta, dilania ed ipnotizza il nostro volere.

Sussurra e troneggia nel nostro Es il volatile del senso. Ben presto, le sue arcuate evoluzioni si trasformano in lamento e tormento, pronte ad incendiare profondità e ragione. Dal principio alla fine, la sua follia incatenata stringe e fa annaspare senza speranza, giungendo al culmine in cui, per amore o per forza, l’ombra dello “scopo”, agisce come una tenia sulla nostra volontà.

L’atrocità corrosiva della domanda e della ricerca di uno scopo, che risulti fruttuoso e allo stesso tempo gratificante e utile fuori e dentro, ci sbranano lentamente e con modi fittiziamente gentili, fino ad accecare i nostri occhi al mutevole piacere della vita.

Ma io sono così.

Mi faccio accecare malamente dall’astro solare mille volte, pur di trovare una goccia di finalità in me; ma vedo che la siccità è ormai in arrivo. L’ultimo diamante d’acqua fatica a scendere giù,, e intanto io sto scomparendo.
Affare testo di Sofista pensierosa
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