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Negli anni 40, ero un bimbo coi calzoni corti, preso, folgorato dalla divisa maschia nazionalsocialista, dalle marce a passo d'oca per viali addobbati d'imponenti vessilli, ammaliato dall'epica resuscitata da un lontanissimo passato, dalle musiche e dai canti di gloria.
Quanta conturbante esaltazione!
Finita la guerra vagai solitario in lungo e in largo in Nepal e in Bhutan
e in Tibet, mi feci Buddista… preda… d'irrefrenabile esaltazione!
Andai in America, conobbi un Rabbi assertivo e gentile, seguii i suoi convincimenti, indossai la Kippah, il Talit, i Tafileh, feci crescere i Peyot e ciondolai pregando, colto… da primigenia esaltazione!
Qualche tempo dopo, viaggiai per gli Emirati Arabi, per deserti sabbiosi e oasi, nella culla della civiltà, nello Yemen e infine in Sudan.
L' Almuadhin mi sedusse col suo potente richiamo, solo per quello fui tentato di farmi muslim… schiavo… di delirante esaltazione!
Un cristiano copto vide in me spaesamento e dubbio, compassionevole mi disse: "Non incupirti, le fedi del libro portano il verbo dello stesso Dio, cambia solo l'estetica… la politica, le religioni, i commerci di ogni bene, si servono dei segni della bellezza a piene mani onde attirare a sé, una propaganda accattivante è fondamentale e sì, qualcuno ci sa fare parecchio, guardati dentro, non sia l'armamentario simbolico ad estasiarti, a farti seguace".
Raggiunsi l'isola di Egina, mi si parò innanzi un piccolo vigneto di uva profumata. Vivo lì, lontano dal chiasso e da ogni mistico luogo di culto, tra cespugli di pistacchio, ulivi, un orto, un piccolo gregge di capre, un gallo e galline felici e il cielo terso e il vento forte.
Ogni tanto bestemmio, quando inciampo in un sasso, quando non piove o grandina o un'ape mi punge, certo di non far torto a nessuno.
Ho preso accordi col beccamorto, sulla mia lapide pittata di calce, voglio vergate queste poche righe: "Vissi qui, per il giusto tempo un lucido e quieto e appagante incantamento".