La parete

Un giorno i disegni dei miei figli non saranno più attaccati alla parete del mio ufficio: colorati, sgrammaticati, affettuosi e pieni di amore. Inconsapevoli del profondo significato delle parole che mi hanno regalato in questi anni. Li vedo crescere, maturare ed evolversi. Prendono coscienza del loro essere e, a mano a mano, cercano sempre meno la nostra approvazione (come genitori intendo).

Li amo, li adoro e tutti i giorni l’ho ripetuto alla fine di ogni discorso più o meno serio. Devono saperlo. Dovevano saperlo. Dovevano avere la certezza che fosse vero. Vorrei che un giorno, pensando a me, ripetano questa cantilena: nulla ho amato più di loro.

Le foto, che ritornano ricorrenti nello scrollare del telefono mi catapultano in altre dimensioni. Alla nascita, all’inizio delle scuole, i compleanni, le gite, le vacanze. Momenti andati. Momenti vissuti. Storie che si ripetono nel mio cervello e mi rendono sempre più consapevole dei momenti andati. Sono fortunato.

I primi occhiali, grandi e colorati sul viso così piccolo. Lettere storpiate, annegante. Il cibo, amato ed odiato. Pizze, hambuerger, shushi, torte e gelati. Coca cola. Denti che cambiano, cadono e risorgono. Magari meno belli ma duraturi. La scuola, gli amici, le storie. Le regole, infrante ed ascoltate: il bis, il tris di un piccolo piatto. Mi mancherà ascoltarlo di sera. Al ricordo, occhi lucidi e groppo in gola. Ma li amo e li adoro ed il futuro è loro: oggi, mi sento parte della loro vita ma un domani il mio ruolo è destinato a cambiare. E’ giusto. E’ la loro vita. Penseranno loro alle scelte migliori, ai loro amori ed alle loro avventure. Io. Non lo so’. Gioirò delle loro gioie e mi rattristerò delle loro disavventure. Aspetterò con ansia dei loro gesti amorevoli: per me, sono e saranno sempre i  miei bambini. La loro indipendenza sarà la mia rivincita sul mondo. Forti e responsabili, attendi ed amorevoli, FELICI. Lo spero. Egoisticamente anche per me. Non riuscirei a sopportare il contrario.