Mi trovavo a passare in località Ponte alla Venturina diretta a S. Mommè, piccolo paese toscano.
Tra nebbia e pioggia era proprio un gran dèsio si, poche macchine in giro con incorporata la moviola a causa del tempaccio infatti non ci si
vedeva da qui a lì. Se non trovo un benzinaio voglio proprio vedere che m' invento farfugliavo tra me e me, e finalmente eccoti spuntare-immerse
nella nebbia- le zampe del canone dell' Agip. Avevo da poco passato la provincia di Bologna quando vedo spuntare una squadra dell' Anas intenta
ad attaccare un cartello:" vietato proseguire causa frana." Uno degli operai si avvicina alla mia macchina dicendomi: " deve girare per il borgo La
Collina lì è tutto libero segua quella freccia a sinistra a S. Mommè ci arriva uguale ci vuole solo un po' di tempo in più.
Camminavo da una buona mezz'ora circondata da un bosco fittissimo tuoni e lampi si alternavano senza sosta ma
anche il vento faceva la sua parte. All' improvviso mi trovo a leggere- su un cartello piuttosto sgangherato-:" Il Bambolo." Mah, non mi risulta che
da queste parti ci sia un posto con questo nome, manco da tempo è vero, ma se ci fosse sempre stato non l'avrei dimenticato. Mi fece un effetto
piuttosto sgradevole quella scritta che andava di qua e di là mossa dal vento, non mi piacque ecco, ma ciò che si presentò ai miei occhi di lì a poco...
Prima arriva un tuono a farmi sobbalzare, poi la rabbia di trovarmi lì, poi si spenge il motore e l' agitazione va alle stelle, poi lo riaccendo e intanto
i miei occhi erano puntati su quello scenario che non ho più dimenticato; un lampo accecante era andato ad infilarsi su una fila di bambole fradice
e dondolanti appese tra un vecchio palo della luce e l' altro dirimpettaio, una fila di bambole, tutte in fila, tutte insieme, tristemente unite. Dovevano
avere un buco in testa-pensai- per far passare quel fil di ferro che le teneva così vicine. Quest' incubo continuò in prossimità di una casina il cui slargo
era zeppo di altrettante bambole, erano sul prato, vicino al pozzo, in alcune tinozze di zinco.....Non smettevo di guardare ero incollata a quello
arsenale impressionante senza capacitarmi di quella scena singolarissima.
Arrivata a destinazione decisi di parlare alla svelta con qualcuno, mi venne in mente Gino che conoscevo da sempre
gli telefonai ma non era in casa lo trovai il giorno dopo davanti al bar del paese e quello che mi raccontò- piangendo a tratti- mi mise nella condizione
di chiedergli scusa, mentre continuava a dire: " non è cattivo però, non fa del male a nessuno credimi...."
" Perchè non andiamo insieme a trovarlo Gino?"
" Non ti riconoscerebbe, ma se vuoi..."
La domenica seguente ci avviammo verso la montagna in un silenzio totale, avevo bisogno di spezzare quel mutismo e gli chiesi: " quanti anni sono
passati dall' incidente?"
" Una decina d'anni e qualche mese."
" E con chi vive ora, come vive?"
" Vive in compagnia delle sue bambole hai visto no le mette dappertutto, lavora un po' la campagna, da una mano ai contadini vicini. Io vengo quassù
tre volte a settimana per portare ciò che serve ma d'inverno quando fa tanta neve diventa un problema, lui non si lamenta mai però."
" Perchè non è rimasto a vivere giù nella casa del paese eravate vicini era meglio per tutti e due no?"
" Certo che si ma non ne ha voluto sapere, neanche nella casa del babbo è voluto stare ha scelto di vivere quassù tra le montagne in quella che una
volta era la rimessa dei macchinari, l'abbiamo adattata un po'...."
" Ma non si fece neanche un graffio nell' incidente?"
"Come no? Stette più di quindici giorni in coma e il ritorno fu tremendo....Partirono in quattro e tornò solo....."
" Dove accadde di preciso?"
" Hai presente quando si scende da Cutigliano per immettersi sulla statale? Prese la curva troppo larga forse, slittò magari c'era del ghiaccio mah, rimane
il fatto che andò a sbattere contro la corriera che porta su all' Abetone e sua moglie e le bambine morirono sul colpo ora lui...è diventato così. Sai, forse
era meglio se era andato con loro, è una pena ed un dolore troppo grande ricordarsi chi era e vederlo oggi."
Adelmo era sull' uscio della sua casina quando arrivammo e fu come se non ci vedesse, guardò il fratello, prese le sporte che gli portò, le appoggiò in
casa e ne uscì con un sacchetto di patate porgendole al fratello poi rientrò. Non una parola solo sguardi tanti sguardi e tanto rincrescimento. Seppi
anche che i primi tempi qualcuno intervenne per far si che quella scenografia di tragiche bambole sparisse, poi lasciarono fare.
Adelmo morì nel sonno nel 2002, una morte dolce in netto contrasto con la tragedia della sua vita. A tutt' oggi, quando mi capita-ormai raramente-
di percorrere quella strada il mio sguardo si posa ancora su quei vecchi pali della luce ormai spogli, la memoria si riaccende e le domande rimangono
strozzate in gola come sempre.
" Il bambolo" testo di Gioconda