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Cecilia allungò il passo per coprire gli ultimi metri che la separavano dal portone ed entrò nell’atrio male illuminato. Assalita di colpo dall’odore di cibi in cottura, prese comunque fiato preparandosi ad affrontare i quattro piani di ripide scale che la dividevano dal suo piccolo appartamento.
Una voce da mezzosoprano echeggiò nell’androne: «Ciao, sei quella che si è trasferita qui la settimana scorsa?»
Cecilia si guardò attorno, accorgendosi solo allora della ragazza che stava prendendo la posta da una delle cassette.
«Ehm… sì», riuscì a malapena a balbettare.
L’altra si voltò e le andò incontro. «Volevo venire a portarti una tazza di zucchero, ma devi perdonarmi, non ne ho avuto il tempo. Comunque io sono Francesca, abito al secondo piano.»
«Piacere, io sono Cecilia», rispose lei stringendo la mano che l’altra ragazza le porgeva. Ne approfittò per osservarla meglio: era di poco più bassa di lei, più o meno sua coetanea, capelli neri lunghi, decisamente carina.
«Ci siamo già viste oggi? Forse in facoltà?»
Cecilia la guardò per un attimo, cercando di ricordare. «Eri quella dei volantini?»
«Oh, sì. È un favore che mi ha chiesto un mio amico, convinto che se il volantino te lo passa una bella ragazza, allora sarà meno facile gettarlo nel primo cestino.»
«E funziona?»
«Ovviamente no. Comunque, se e quando lo conoscerai, stai attenta: rischi di ritrovarti con un pacco di fogli sotto il braccio.»
«Cercherò di tenerlo a mente, grazie», disse Cecilia con un sorriso.
«E come va? Ti stai ambientando?», chiese Francesca, mentre iniziavano a salire le scale fianco a fianco.
«A fatica. Tra sistemare l’appartamento – anche se sono solo 20 metri quadri – e seguire le lezioni non ho avuto tempo nemmeno per respirare.»
«Però finalmente è venerdì… Hai già programmi per questa sera?»
«Onestamente no. Non conosco ancora nessuno, e comunque non ci avevo nemmeno pensato.»
«Io e i miei amici andiamo al Panem et Circensem...»
«Non lo conosco. La vita notturna non è stata la mia priorità in questi giorni.»
«Posto carino, poco fuori città: ambiente tranquillo, musica dal vivo, buoni cocktail, e anche una pista da ballo. Ti andrebbe di venire?»
«Non saprei, ho paura di sentirmi a disagio...»
«Non ti preoccupare, i miei amici sono tutti a posto, anche se un po’ nerd. Dai, non faremo tardi.»
«Davvero, non vorrei disturbare.»
«Non disturbi, altrimenti non ti avrei invitato. Io mi fermo qui», disse Francesca, raggiungendo il pianerottolo del secondo piano. «Scendi verso le nove?»
«C’è anche quello dei volantini?»
«Purtroppo sì, ma ha promesso di lasciarli a casa.»
«Grazie allora. Ci vediamo alle nove.»
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Cecilia si alzò dal letto ancora intorpidita e si diresse verso l’angolo cottura del piccolo soggiorno per mettere sul fuoco la caffettiera. Aveva un’ombra di mal di testa: niente di insopportabile ma evidentemente il terzo cocktail era stato di troppo; non era abituata.
Stava aspettando il confortante gorgoglio del caffè quando sentì il trillo di un messaggio giunto sul suo smartphone.
Era Francesca: “Buongiorno. Sei stata bene ieri sera?”
Cecilia sorrise e rispose: “Buongiorno a te. Benissimo. Grazie per avermi invitato.”
L’odore del caffè riempì il soggiorno. Se ne versò una tazzina e bevve il primo sorso, sentendo già la testa schiarirsi.
Altro messaggio: “Sei dei nostri anche stasera?”
Cecilia finì di bere il caffè e poi scrisse in fretta: “Ti faccio sapere.”
Sorrise di nuovo; di colpo si rese conto di sentirsi bene, leggera. Il mal di testa era sparito, rimpiazzato da una lieve e piacevole euforia.
Era una sensazione che conosceva già: l’aveva già provata in passato, e purtroppo – l’aveva ormai imparato - non aveva mai portato nulla di buono.
Ripensò, sorridendo ancora tra sé, alla serata appena trascorsa.
E capì di essere nei guai.
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Era ormai pomeriggio inoltrato quando Cecilia uscì finalmente di casa. Aveva passato la giornata sui libri – facendo fatica a trovare la giusta concentrazione – ma ora sentiva il bisogno di un po’ d’aria, e c’era anche una dispensa da riempire.
Era appena scesa nell’atrio quando vide Francesca rientrare dal portone principale. Avrebbe preferito evitarla e cavarsela con un messaggio, ma ormai era troppo tardi.
«Ciao Cecilia, come va?»
«Ciao Francesca. Tutto bene, grazie», rispose lei evitando di incrociare il suo sguardo.
«Quindi ho fatto bene a convincerti a uscire di casa, giusto?»
«Sì, mi sono divertita… grazie.»
«Allora, esci con noi anche stasera?»
«Scusami, preferirei di no.»
«Non facciamo niente di che, probabilmente serata di giochi da tavolo. Non faremo tardi, questa volta davvero. E poi hai già fatto un’ottima impressione sugli altri...»
«Dici sul serio?»
«Penso che tu li abbia definitivamente conquistati con quella frase sulla luna che sembrava quella della contea di Coconino. Ma ti avevo avvertito che erano nerd.»
«Grazie davvero, però non è il caso», disse Cecilia a bassa voce. Era così difficile restare lì; avrebbe voluto fuggire.
«C’è qualche problema? Qualcosa che non so?»
«No, davvero… è che...»
«Non me la stai raccontando giusta, mi sa.»
Cecilia prese il fiato, guardò l’altra negli occhi e decise che accampare scuse non le avrebbe sicuramente giovato. Meglio essere sincera.
«Ok, vuoi la verità?»
«Io? Sempre. Qualunque essa sia.»
«È per te...»
«In che senso?»
«Non lo so nemmeno io in che senso. Forse perché sei stata gentile con me, forse è stato vederti ballare in quel vestitino rosso... te l’ho detto, non lo so nemmeno io il motivo...»
«Continua, il discorso si sta facendo interessante.»
«È una storia che conosco già, ci sono già passata. Mi dispiace, sei una bellissima persona, e anche i tuoi amici sono a posto, ma mi conviene prendere subito le distanze. Prima di ritrovarmi nei guai. Nell’acqua bollente.»
«Capisco, Cecilia. E grazie per essere stata sincera», rispose Francesca sorridendo.
Cecilia sorrise a sua volta. «Dovevo essere più chiara, ma capisci… non è che posso esordire con “Ciao, io sono Cecilia e mi piacciono le ragazze”.»
«Certo, sarebbe un modo originale per presentarsi.»
«Quindi per ora è meglio se non esco con voi. Almeno per un po’...»
«Oh, sì. Alla luce di quello che mi hai detto, uscire stasera con i miei amici sarebbe fuori luogo. Anzi, sai cosa facciamo?»
«No. Cosa facciamo?», chiese Cecilia, perplessa. Non era la frase di circostanza che si aspettava.
«Mi defilo anch’io, non ho voglia di giochi da tavolo. Ti passo a prendere alle otto e ceniamo insieme.»
«Cosa hai detto?»
«Hai sentito benissimo. E sì, credo che tu sia già nei guai. Guai grossi, direi», rispose l’altra con un sorriso ironico.
«Ma...», tentò di dire Cecilia.
«Nessun ma. Salgo io alle otto.»
Lasciando Cecilia basita, Francesca iniziò a salire le scale, per poi voltarsi dopo la prima rampa e aggiungere: «Mettiti qualcosa di carino, mi raccomando. Io mi rimetto il vestito rosso. E se giochi bene le tue carte, forse a fine serata riuscirai a togliermelo.»