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Ho imparato a recitare
ma nessuna accademia
mi ha mai visto presente.
Niente maschere di Pirandello:
io indosso il volto della vostra
frivola società.
D’altronde
sono l’ennesimo erede
dell’evoluzione dell’essere superiore;
sono colui
che i sapienti, seduti nei comodi salotti,
chiamano male.
Stolti indottrinati,
con la vostra tracotanza
di comprendere e rinnegare
ciò che è davvero necessario.
Il patriarca,
l’uomo alfa —
ma nel vero
io sono anche l’omega.
La nausea mi coglie
nel vivere la vostra pochezza,
con i vostri stracci d’empatia.
Avete la convinzione
che l’educazione possa domare la follia;
ma nessuna carezza può smussare la lama.
Io sarò presente
in quella casa ordinata.
Governerò sul suo silenzio,
che si amalgamerà col dono del mio terrore.
Basta seguire i binari per non deragliare.
Ma sono conscio
che i binari non sono infiniti.
Non sarà una mia scelta:
se le parallele si incroceranno,
poi
sarà inevitabile
un’altra carcassa di treno —
che spreco.
Non sarà più il mio gioco,
come quando, da bambino,
mi trastullavo coi trenini.
E allora qualcuno piangerà.
Poi
il popolo sovrano
deciderà la facile etichetta,
il coraggio delle piazze
mentre si nasconde dietro un dito.
Lo scalpore
durerà il tempo di una tendenza.
Pagherò solo per aver espresso
la mia verità.
Nel finire
lascerò la mia eredità
al prossimo IO.