Le Quattro Giornate di Napoli

scritto da albertx2007
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La storia di Salvatore e delle Quattro Giornate di Napoli è un tributo al coraggio, alla resilienza e alla speranza. Ci ricorda che anche nei momenti più bui, la forza della comunità e la determinazione a lottare per la libertà possono trionfare.
- Nota dell'autore albertx2007

Testo: Le Quattro Giornate di Napoli
di albertx2007



Le Quattro Giornate di Napoli

Capitolo 1: Napoli in Fiamme

Napoli, settembre 1943. La guerra aveva trasformato la città in un inferno. Da mesi, i bombardamenti degli Alleati cadevano senza sosta, distruggendo case, strade, vite.  

Salvatore Greco, soldato dell’esercito italiano, stringeva la mano del figlio Gennarino, di otto anni. Aveva combattuto in Africa, poi in Sicilia, e adesso era tornato a casa con un cuore pieno di ferite invisibili. Ma la battaglia peggiore l’aveva vissuta a Napoli, non con un fucile in mano, ma con un dolore sordo nel petto: una notte di luglio, un bombardamento aveva spazzato via l’edificio in cui abitavano. Maria, sua moglie, non era riuscita a scappare in tempo. Quando Salvatore l’aveva trovata sotto le macerie, la sua mano era ancora stretta a un crocifisso.  

Da allora, Napoli non era più la stessa. E nemmeno lui.  

L’8 settembre, con l’armistizio, la città aveva sperato nella fine della guerra. Ma invece erano arrivati i tedeschi. E non per proteggere, ma per uccidere.  

Capitolo 2: La Scelta

Salvatore sapeva di essere un soldato, ma sapeva anche che non serviva più un re, né un generale. Serviva Napoli. Serviva Gennarino.  

La città soffriva. I tedeschi rastrellavano uomini da mandare nei campi di lavoro in Germania. Li prendevano nelle case, nelle strade, ovunque. Salvatore sapeva che se fosse rimasto nascosto, prima o poi sarebbero venuti anche per lui e suo figlio.  

Non poteva permetterlo.  

Quella sera, mentre Gennarino dormiva su un vecchio materasso in uno scantinato, Salvatore prese la sua decisione. Andò al Vomero, dove un gruppo di studenti, operai e vecchi soldati si stava preparando a combattere.  

Lo accolse un giovane partigiano, con il volto scavato dalla fame. «Sai sparare?»  

Salvatore annuì. Non servivano altre parole.  

Capitolo 3: Napoli si Difende  

La battaglia iniziò il 27 settembre.  

I tedeschi non si aspettavano che il popolo si ribellasse. Pensavano di avere il controllo della città. Ma si sbagliavano.  

Salvatore combatté per le strade del Vomero, accanto a studenti che mai avevano impugnato un’arma, accanto a vecchi soldati come lui, accanto a ragazzini che avevano solo la rabbia per difendersi.  

A ogni colpo sparato, a ogni bomba lanciata, pensava a Gennarino. Doveva resistere, non per sé stesso, ma per lui.  

A un certo punto, vide un ragazzo cadere accanto a lui. Era un partigiano, forse diciassette anni, forse meno. La sua mano cercò qualcosa nell’aria, prima di spegnersi per sempre.  

Salvatore si inginocchiò accanto a lui e gli chiuse gli occhi. Poi si rialzò e riprese a combattere.  

Capitolo 4: L'Assedio

Le ore si confondevano nei giorni. Le strade di Napoli erano un campo di battaglia.  

Nel quartiere Materdei, un gruppo di donne barricate in casa lanciava olio bollente sui soldati nazisti. A Porta Capuana, un bambino di dodici anni, Gennaro Capuozzo, lanciava bombe a mano contro i carri armati nemici. Salvatore lo vide e sentì il cuore stringersi. Quel bambino aveva la stessa età di Gennarino.  

Per un attimo, il pensiero del figlio lo paralizzò. Ma non poteva fermarsi. Se non combatteva, quei maledetti avrebbero ucciso anche lui.  

Poi sentì un urlo. Un soldato tedesco gli era addosso. Salvatore si girò di scatto e fece fuoco. Il nemico crollò a terra.  

Gli occhi di Salvatore si bagnarono. Non era la prima volta che uccideva, ma quella volta era diversa. Quella volta stava difendendo la sua terra.  

Capitolo 5: La Resa del Nemico

Dopo quattro giorni di battaglia, il 30 settembre, Napoli era libera.  

I tedeschi fuggirono, lasciandosi dietro solo morte e distruzione.  

Salvatore tornò nel rifugio, sporco di polvere da sparo, con il cuore che sembrava non volersi più fermare.  

Gennarino lo guardò, gli corse incontro e gli si aggrappò alla divisa, piangendo.  

«Abbiamo vinto, papà?»  

Salvatore lo abbracciò forte. «Sì, figlio mio. Abbiamo vinto.»  

Ma sapeva che la vittoria aveva avuto un prezzo terribile.  

I compagni morti, le strade piene di macerie, i volti segnati dalla fame. Eppure, Napoli era in piedi.  

Capitolo 6: Dopo la Battaglia

Quando gli Alleati entrarono in città, trovarono un popolo ferito, ma fiero. Nessuno si inginocchiò davanti a loro. Napoli non era stata salvata da nessun esercito straniero.

Si era salvata da sola.

Salvatore guardò suo figlio, che sorrideva per la prima volta dopo tanto tempo.  

Si voltò verso il cielo e sussurrò un pensiero per Maria. Poi per tutti quelli che non c’erano più.  

Capitolo 7: Ricordi e Speranza

Passarono giorni, settimane. Napoli cercava di rialzarsi.  

Salvatore e Gennarino si sedettero sulla scalinata di una chiesa distrutta.  

«Adesso è finita?» chiese il bambino.  

Salvatore non rispose subito. Guardò le case distrutte, le croci di legno piantate nella terra, il Vesuvio immobile in lontananza.  

«Questa guerra finirà presto, figlio mio.»  

«E mamma?» chiese piano Gennarino.  

Salvatore chiuse gli occhi. Aveva combattuto, ucciso, rischiato la vita, ma niente gli faceva più male di quella domanda.  

Posò una mano sulla spalla del figlio. «Mamma ci guarda da lassù, Gennarino. E oggi è fiera di te.»  

Il bambino si accoccolò contro di lui.  

Napoli era libera, ma il dolore non se ne sarebbe andato così in fretta.  

Epilogo: Un Pensiero ai Caduti

Napoli si era ribellata, aveva sofferto, ma non si era piegata.  

Ringrazio tutti i partigiani che sono morti in queste guerre.

Ringrazio chi ha dato la vita perché un bambino potesse correre ancora per le strade di Napoli, perché una madre potesse ancora abbracciare il proprio figlio, perché un vecchio potesse ancora guardare il mare senza paura.  

Ringrazio chi ha scelto di non arrendersi.  

Napoli aveva pagato con il sangue. Ma Napoli era viva. E nessuno l’avrebbe mai più spezzata.



Nota dell’autore 

La storia di Salvatore e delle Quattro Giornate di Napoli è un tributo al coraggio, alla resilienza e alla speranza. Ci ricorda che anche nei momenti più bui, la forza della comunità e la determinazione a lottare per la libertà possono trionfare.

Le Quattro Giornate di Napoli testo di albertx2007
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