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Il mondo correva.
Correva fuori e dentro di lei.
Treno, notifiche, occhi sfuggenti, caffè bevuti in piedi, pensieri che sbattevano come finestre in tempesta.
E poi, un giorno, si fermò.
Non per scelta, ma per necessità.
Seduta su una panchina qualunque, in un parco qualunque, con il cuore che tamburellava come un tamburo di guerra, fece qualcosa che non faceva da anni: chiuse gli occhi.
E respirò.
Un respiro profondo.
Non di quelli che si fanno per sopravvivere.
Di quelli che si fanno per ritrovarsi.
L’aria entrava come se fosse la prima volta. Fredda, pulita, viva.
Lentamente, il rumore del mondo scivolava via.
Rimaneva solo il battito. E il silenzio.
Quel giorno non accadde nulla di straordinario.
Ma qualcosa dentro di lei… smetteva di scappare.
E cominciava, finalmente, a tornare.