Una stanza tutta per sè

scritto da Libricciola
Scritto 3 mesi fa • Pubblicato 3 mesi fa • Revisionato 3 mesi fa
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Testo: Una stanza tutta per sè
di Libricciola

In casa cala il silenzio, finalmente tutti dormono e posso sedermi in quello che molto pomposamente chiamo "il mio studio", che è poi, in realtà, una stanza di transito in cui d'inverno riesco a stipare anche lo stendibiancheria carico.

La divido con il passaggio degli altri e con un  busto di marmo che è un po' più di un busto, gli manca la testa ma ha un certo paio di testicoli posati direttamente sul pavimento. Lo ereditammo da uno zio che l'aveva acquisito durante lo sgombero di una certa accademia d'arte, si chiama Gustavo ed è con noi dalla nostra prima casa,  praticamente uno di famiglia.
Qui, nel mio piccolo antro, c'è lo scrittoio che era di mia mamma. Modernariato anni Settanta, con suo bel cassetto profondo e ampi scaffali che salgono fino al soffitto, carichi di mazzi di tarocchi, di vasi di vetro colmi di foglie secche, conchiglie, piume, fiori-scheletro che sono riuscita a trovare questo inverno dopo anni di condizioni ambientali non favorevoli.

Nel barattolo che amo di più c'è una foglia di acero che ho raccolto a Tokyo quel pomeriggio rovente in cui passeggiammo nei Giardini Imperiali: quell'acero aveva le radici nel parco privato dell'imperatore e i rami si spingevano oltre il muro, nel mondo delle persone qualunque. E poi ancora quaderni zeppi di tutto, album di foto in bainco e nero messi insieme girando per mercatini, talismani d'ossa, tazze vecchie in cui fanno le nanne pennelli e matite, gli insetti di stoffa che aspettano che gli vengano cucite le antenne: c'è sempre qualcosa qui che attende di essere cucito, incollato, definito, incartato... pssst, psssst! ti sei dimenticata di me?

La sedia larga e quadrata comincia a spelacchiarsi e presto dovrò decidere cosa fare di lei.

Alle mie spalle la grande libreria con tutti i libri che mai cederò, neanche sotto tortura, neanche minacciata dalla povertà; sul muro il primo quadro che mia madre fece al punto croce- una superba rosa sanguigna su uno sfondo nero- e acquerellini stupidini, orsetti, dinosauri, giraffe con il vestito, quelle cose per cui mi burlano alle cene di famiglia, insomma.
Due splendide farfalle in teca di vetro, una di queste è la mitica  Acherontia atropos, la sfinge testa di morto. A volte quando cerco qualcosa colgo un movimento con la coda dell'occhio: ho l'impressione le vibri un'ala. Forse è perchè non c'è una finestra e la luce artificiale scherza e io sono miope e astigmatica e stanca e distratta, o forse sono un po' fulminata.
O forse vibra davvero.
La macchina da cucire svizzera, trent'anni e non sentirli; avevo risparmiato per comprarla di seconda mano, ma poi la signora gentile me la regalò. La personalizzai con adesivi fioriti e facce dei Mumin, appena la sentii più mia prendemmo a lavorare insieme molto bene.
L'armadio basso in cui tengo i materiali per i lavori straripa, arriverà il giorno in cui cercherò della colla e verrò travolta da una valanga di bottoni e scarti di tutto.

Mi siedo. Ho desiderato tanto questo angolo, dopo anni in cui ho scritto e studiato con i gomiti puntati sul fasciatoio in camera, nello spazio fra lavandino e gas per non disturbare con luce e rumore, i fogli che si macchiavano e si perdevano nella quotidianità attorno ad un tavolo di cucina (capisco cosa intendesse dire Virginia Woolf parlando di una stanza tutta per sè),

Prendo la penna. Mia figlia, dietro una porta a due passi da me, borbotta nel sonno, sento frusciare le lenzuola. Poi torna il silenzio.
E comincio a scrivere.

Una stanza tutta per sè testo di Libricciola
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