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Mio padre aveva il respiro del vino,
sgorgava dai pori come una preghiera sbagliata.
Parlava poco,
ma le mani sapevano urlare.
Mia madre era un’ombra alla finestra,
aspettava sempre qualcosa
— un uomo diverso,
una vita diversa,
forse me diversa —
ma non tornava mai.
Crescevo tra bottiglie vuote
e sedie rovesciate,
tra il tintinnio dei bicchieri
e il silenzio che non sa chiedere scusa.
Ho imparato presto a diventare pietra,
a non tremare quando il vento gridava
dentro le pareti sottili di casa.
E sotto la pelle,
ho nascosto un giardino segreto
che nessuno di loro ha mai visto.
Oggi so che i miei serpenti
nascono da lì:
dalle radici storte,
dalla fame di calore,
dalla scelta di non diventare come loro.
E se pietrifico chi mi guarda,
è solo perché
ho passato una vita
a sopravvivere a chi mi amava.