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Una goccia di acqua dolce in un mare di acqua salata. Un peso sproporzionato rispetto al corpo che mi ritrovo. Questo significa essere maturi prima del tempo: una peculiarità che per molti è considerata sana, un segno di distinzione. Ma la cruda verità è un’altra. È una malattia silenziosa che mi consuma dall’interno, come un cancro. Toglie la naturale spensieratezza della giovinezza e mi obbliga a vivere la vita che dovrebbe essere irrazionale, dolce, colorata e luminosa dietro una maschera pesante. Una maschera che soffoca, che reprime ogni respiro di libertà, ogni istinto. Così l’esistenza che sto vivendo si trasforma in una punizione: guardare i miei coetanei, e persino ragazzi più piccoli di me, avere una vita piena e leggera. Occhi che vedono il mondo in modo superficiale, ma proprio per questo riescono a vivere il presente senza l’ossessione del futuro. Sanno divertirsi, sanno ballare, non si vergognano di cantare. Hanno l’amore. Io, in tutto questo, resto spettatore. Immobile, inerme, solo. Osservo gli errori degli altri con lucidità spietata, senza accorgermi del mio, che forse è più grande di tutti: non vivere. Nulla di ciò che vedo riesce più a smuovermi. Le emozioni si sono affievolite, e sento che anche la curiosità quella che mi ha sempre cullato e protetto nei momenti difficili sta per abbandonarmi. Il rumore sordo della solitudine mi martella la mente. Emozioni che avevo sempre tenuto lontane, come l’invidia, si fanno spazio. E la maschera che indosso, ogni giorno, diventa sempre più stretta.