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LA SpigolATTRICE DI CAPRI
(Parodia di Mercantini)
Eran trecento, eran battute,
tutte acuminate come spade,
le lanciavo dove il copione tace
tra platee di sguardi smarriti e rade.
Il vento rideva sui faraglioni
mentre io affilavo parole al coltello,
c’era chi applaudiva e chi mordeva i pugni,
c’era chi impallidiva davanti a quello.
Un produttor, gonfio d’oro e sprezzo,
mi disse: «Smussa l’accento ribelle!
Il pubblico vuole frasi di miele,
non lame che brillano sotto i riflettori!»
Ma io gridai: «Se la verità spunta,
non la nascondo con veli di seta!
Io sono nata per essere tagliente,
non per raccogliere briciole in tasca!»
E poi eran trecento… eran battute,
e son morte in un taglio di scena…
Ma quelle vive, più aguzze che mai,
mi restano in bocca… la bocca che sfida!
Ancora a Capri, quando il sole muore,
si sente una voce tra gli oleandri:
è la mia lama che cerca nuovi cuori,
li ferisce… e poi li fa cantare.
FINE