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“Still talking to myself and nobody’s home”
Da “Estranged” dei Guns n’Roses
Unknown Alter Ego = E.
Stefano = S.
PARTE I.
Ho conosciuto Stefano (S. d’ora innanzi) una sera al Drunk, un piccolo pub in stile irlandese di Sesto Fiorentino. Se ne stava seduto al tavolo, da solo, a leggere. Aveva con sé un quaderno, chiuso in quel momento, con una penna Parker sopra, oltre ad una birra ambrata. Stava leggendo un tascabile di John Grisham. Visione singolare. Un ragazzo che va in un pub da solo, legge un libro, e forse scrive chissà cosa. Vi sembrerà già strano così, ma il meglio deve ancora venire. Era vestito con un paio di stivaletti di pelle, pantalone color verde militare ed una giacca in similpelle. Un vero personaggio. “Chissà chi si crede di essere”, pensai. Di certo ero incuriosito, e dopo poche parole, uno scambio di battute, siamo finiti a giocare a freccette. Ho perso. Mi ha raccontato qualcosa di sé, tra un tiro e l’altro. La curiosità è cresciuta ancora, e ho pensato di aver trovato il personaggio giusto per la mia intervista. Trovare l’accordo è stato facile. Ci saremmo rivisti quello stesso fine settimana.
S. mi accoglie in casa sua. Osservo le stanze, che presentano soluzioni d’arredo molto discordanti tra loro. All’ingresso una libreria domina la scena, piena di libri ma ancor più di vinili e cd, in quantità che farebbe pensare di essere tornati al secolo scorso. Più in alto c'è una sfilza di bottiglie di vino vuote, in prevalenza toscane, di buon pregio. Mi fa accomodare in salotto, dove lo stile è più moderno, e ci sono vinili, in prevalenza dei Rolling Stones, appesi al muro. Gli porgo una domanda in modo informale, come se l’intervista non fosse iniziata:
E:”Cosa significa per Lei quell’album degli Alan Parsons Project che ha appeso lì?”
S:”È un disco che tratta di ludopatia. Non ho mai giocato d’azzardo, mai stato al casinò, ma in un altro senso, ho scommesso pesante.”
S. serve del tè, ed io accendo il registratore.
E: “Crede d’esser normale Lei?”
S: “No. Eppure a volte vorrei poterlo affermare, ma al tempo stesso l’esser così folle mi inorgoglisce. Nessuno che conosca la mia storia, le mie scelte, potrebbe affermare di trovarsi dinnanzi a un qualunque “Average White Guy”. A volte alcuni sembrano attratti da un essere singolare, sebbene la maggioranza pare piuttosto che voglia starmi alla larga.”
E: “E cosa pensa lei di entrambe le categorie che ha descritto?”
S:”Niente di buono”.
E:”Si spieghi meglio”.
S:”Vede, il mio egocentrismo è tale che facilmente vedo il male negli altri. Di quelli a cui non piaccio affermerei che si tratta di persone impressionabili, che preferiscono restare col culo al caldo in una tiepida e noiosa comfort zone. Mentre di quelli che da me sono attratti potrei pensare «Ma davvero non avete mai visto niente nel mondo? Dove siete stati negli ultimi trent’anni? Avete letto qualche libro?» Possibile che io appaia acculturato? Non sono nemmeno laureato.
E:”Chi la conosce sa bene del Suo orgoglio, eppure pare che alcuni argomenti possono scalfirlo. Cosa può dirmi del suo aspetto esteriore?”
S:”Gioca sporco. Sono stato anch’io a caccia delle mie insicurezze. Nonostante le abbia trovate, non ho potuto sconfiggerle. Ho il complesso dell’altezza. La generazione successiva alla mia, sebbene composta in gran parte da decerebrati, sembra cresciuta in una fottuta serra o con dei fottutissimi steroidi. Pure la maggior parte delle ragazze sono alte quanto o più di me. E non si fanno certo scrupoli nel farlo notare, le stronze. Come se potessi farci qualcosa. Potrei curarmi la forma fisica, l’acconciatura o l’abbigliamento, ma come potrei diventare più alto?”
E:”Di quali acconciature parla? Lei è stempiato, in modo forse anche evidente”
S:”Avrei potuto scegliere un intervistatore più clemente. Ma in realtà nessun giornalista mi ha mai richiesto una intervista, perciò tant’è.”
E:”Può rispondermi a riguardo della sua capigliatura?”
S:”Devo proprio?”
E:”Crede che un «No Comment» sarebbe migliore?”
S:”Forse ha ragione. Bhè, avevo ben più capelli prima del 2019, ora meno, eppure non sono ancora messo così male. C’è chi ne ha molti di meno, e alcuni di questi alla mia età sono addirittura pelati!”
E:”Non starà mica parlando di suo padre?”
S:”È Lei che lo ha tirato in ballo. Avevo in mente altre persone in realtà.”
E:”Che rapporto ha con la sua famiglia?”
S:”Al momento, sostanzialmente nullo.”
E:”Questo come la fa sentire?”
S:”Ma cos’è?! Una intervista o la mia seduta di psicanalisi?”
E:”Lei, così orgoglioso, va in terapia?”
S:”Che c’è di strano? Dovrebbero farlo tutti. Non me ne vergogno di certo. Vede, molti dei miei familiari potrebbero pensare che chi va da uno psicologo è semplicemente un malato di mente. Ma io non sono certo come loro, con quelle doppie facce.”
E:”Si riferisce a qualcuno in particolare?”
S:”Sa, di base i miei genitori mi vogliono bene, c’è poco da dire. Nella mia ora più buia, anche altri mi hanno dimostrato affetto. Ma c’è anche chi ha colto l’occasione per versarmi addosso un mare di merda. Uno zio mi chiamò tutto incazzato, ma non fu semplicemente la rabbia a parlare. Mi fece intendere il suo disprezzo per la mia persona e le mie maniere di esprimerla con l’abbigliamento e con il look in generale. Asserì che aveva sempre saputo che ero un tipo anomalo. Avesse anche ragione, avendo in ogni caso diritto a qualunque tipo di pensiero, perché fingere per tutti gli anni antecedenti un affetto che non poteva sussistere, vista la mancanza di rispetto e stima?”
E:”Ha qualcuno che le manca?”
S:”Tutti in realtà. Son solo e nessuno dei parenti mi parla. Ma dirò che l’unico che mi manca irrimediabilmente è mio nonno Salvatore. È morto circa un anno fa. Per quanto già fossi solo in molti sensi, qualcuno a quel tempo che si curasse di me c’era. Ed io feci altrettanto per lei. Ora che son solo del tutto, il nonno manca molto di più.”
E:”Chi si prendeva cura di Lei al tempo?”
S:”Non vorrei citarla. Nel caso in cui questa intervista venisse pubblicata, non vorrei che se la prendesse.”
E:”Deduco si tratti di una donna..”
S:”Sagace..È mica andato a Oxford?!”
E:”Non sia cattivo, faccio il mio mestiere”.
Breve pausa…
Durante la pausa S. Accende il suo stereo inserendo nel lettore un CD degli ZZ Top, asserendo che l’ascolto lo rilassi. Noto che un mobile del salotto ha una grafica riportante il logo della Yamaha, famosa casa motociclistica. Prima che potessi chiedere, S. mi dice “Hai visto ganzo? L’ho personalizzato io…” iniziamo così a parlare di motori come da buona tradizione maschile, fino all’inizio della quinta traccia del CD. S. Interrompe la riproduzione e si siede davanti a me.
E:”La donna della quale parlavamo poc’anzi (S. Sembra spazientito) è la sua motivazione nello scrivere?”
S:”Devo ammettere che ricominciai, dopo anni di interruzione, per lei. Adesso più semplicemente mi esprimo così, come in altri modi. Ha mai visto le mie foto?”
E:”Si, le pubblica sul suo profilo Instagram, le ho osservate in vista di questo nostro incontro. Saprebbe spiegare perché ultimamente ricerca atmosfere così cupe?”
S:”L’inverno mi mette angoscia, e forse è stato anche il mio cambio di look a portarmi alla ricerca di una estetica più dark, punk o rock’n’roll, scelga Lei.”
E:”Nei momenti bui ricerca musica che sia in linea col suo stato d’animo o cerca di stravolgerlo?”
S”Il primo anno che mi ha davvero messo alla prova fu il 2015. Uscì Squallor di Fabri Fibra. Credo d’aver già risposto.”
E:” Ma Lei in mezzo agli altri spesso pare essere un giullare. O almeno così era prima che tutti la abbandonassero. Come si spiega questa versione di sé?”
S:”È il desiderio irrefrenabile di piacere a tutti, di divertire. Il vero me stesso l’hanno visto in pochi. Il desiderio di cui si sopra si manifestava anche nei rapporti con l’altro sesso, era più forte di me. Dovevo fare il «piacione» per forza, anche mentre ero sposato. Questa cosa non mi ha portato nulla di buono. Mentre ero sposato, l’unica cosa buona avvenne solo perché qualcuno osò guardare oltre questa siepe attorno al «vero me»”.
E:”Si è pentito di essersi esposto?”
S:”Come può dedurre dal mio continuo pubblicare poesie, strofe e fotografie, NO. L’essere così pubblico non sempre è un bene, ma preferisco correre dei rischi piuttosto che tornare a vestire una maschera.”
E:”È abbastanza, almeno per stavolta. Crede d’essersi ispirato al noto libro di Oriana Fallaci in cui lei intervista sé stessa?”
S:”Lo credo bene! E non me ne vergogno affatto. Grazie Oriana”.
Ci salutiamo all'uscio della porta. Avrei molto altro da chiedere a S. , infatti appena raggiungo la mia auto prendo nota di alcuni argomenti che vorrei toccare al successivo rendez-vous.