Acqua liscia

scritto da antos
Scritto 3 anni fa • Pubblicato 3 anni fa • Revisionato 3 anni fa
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Testo: Acqua liscia
di antos

Il fatto è che le dava fastidio immaginare e sognare. Da tempo certi pensieri, certe velleità erano state abbandonate. Le giornate scorrevano lisce, come acqua insapore e inodore. Talvolta si trovava a riflettere che in fondo era fortunata del fatto che i giorni scorressero così opachi e furtivi, voleva dire che niente di brutto succedeva, anche se si chiedeva se la felicità fosse soltanto assenza di problemi, di guai, di noie, o fosse qualcos’altro di più…come dire acqua frizzante invece di acqua liscia. Ma abbandonava subito queste strane idee, si convinceva che la vita fosse immergersi nella concretezza delle azioni quotidiane, nello svolgimento delle attività banali e abitudinarie. “Pensare poco e distrarsi facendo cose ” era il suo motto.
Se lo stava ripetendo anche quel giorno, anzi quel tardo pomeriggio d’inverno, al volante della propria auto mentre tornava a casa di ritorno, appunto, da una “attività” solita ed incolore, sicura e rassicurante, niente su cui riflettere troppo, decidere, scegliere. Il tergicristallo si muoveva pigro, pioveva ininterrottamente da due giorni, era buio, il grigiore avvolgeva come un mantello tutti i passanti che apparivano stupiti, come lo sono tutti a Roma quando piove, stupiti del fatto che l’acqua non cessasse da giorni e che le nuvole non sparissero improvvisamente mostrando uno spicchio di cielo azzurro e un timido raggio di sole. Ma niente, continuava a piovere su quella città refrattaria alle nuvole, al freddo gelo dell’inverno, e tutto si acquietava nell’attesa della fine del maltempo, anche se si era a dicembre; perché a Roma non ci si abitua mai all’inverno, non ci si rassegna alla pioggia, si sa che prima o poi tornerà il sereno, che le cupole delle mille chiese si tingeranno di nuovo d’oro e d’argento per stupire il mondo. Si fermò al semaforo rosso, dietro una lunga coda di auto impazienti. Anche lei non vedeva l’ora di tornare a casa, di mettersi il pigiama e di abbandonarsi al caldo sul divano mentre le righe di pioggia avrebbero rigato, come nelle pagine di un quaderno, i vetri delle finestre. Per ingannare il tempo si voltò a sinistra, incrociò lo sguardo dell’autista dell’auto affiancata. Rimase a guardare, anche se il suo istinto le suggeriva di togliere quello sguardo inopportuno da un individuo sconosciuto, che, probabilmente annoiato e stanco, stava anche lui tornando a casa. Non poté fare a meno di rimanere ad osservare quel volto, che a sua volta era assorto ad osservare il suo. Le sembrava un bel volto, regolare ed espressivo; gli occhi apparivano nerissimi, dietro l’appannatura del vetro del finestrino, una leggera barba di pochi giorni traspariva tra le gocce di pioggia, le sembrava di stare a guardare un film in bianco e nero, dalle immagini sfocate come in una vecchia pellicola. Lui restava a guardare, lei restava a guardare. In quei pochi minuti si dissero molte cose con gli occhi. Lui le disse che lei gli piaceva, era proprio il suo tipo di donna, anche se poteva vederla solo fin sotto quella bella sciarpa damascata color pervinca annodata sul collo. Gli piacevano i suoi occhi tremanti ed incerti anche se acutamente osservatori, nell’insieme quel viso esprimeva sensibilità e, forse, qualche desiderio nascosto, recondito e non confessato, un desiderio di andare timidamente oltre, aldilà del grigiore rassicurante di ogni giorno. Lei invece gli disse con lo sguardo che lo trovava proprio interessante, forse un pochino avanti con l’età, ma a lei non dispiacevano le persone mature. Gli disse anche che volentieri avrebbe parcheggiato l’auto per salire con lui ed andare a bere un caffè al bar proprio lì, dall’altra parte della strada. Gli avrebbe raccontato tante cose, gli avrebbe svelato i suoi segreti, proprio a lui, uno sconosciuto che pur le sembrava di conoscere da sempre. Al diavolo il divano e il caldo pigiama di pile, del resto nessuno l’aspettava a casa e poteva rincasare a qualsiasi ora. La fila di auto procedette di qualche metro per poi fermarsi ancora. Lui cercò di rimanerle sempre affiancato, in modo che i loro sguardi potessero incrociarsi di nuovo. E così accadde, questa volta gli sguardi furono più intensi, più indagatori a conferma di quanto accaduto precedentemente. Lei pensò che sicuramente lui fosse sposato, figuriamoci un bell’uomo di quella età ancora libero! Anche lui pensò che lei fosse sposata o comunque avesse un compagno che la stesse aspettando a casa per la cena. Nessuno dei due aveva indovinato, ma non c’era modo di saperlo. Lei, per darsi un tono e non sembrare ossessiva, si voltò per un attimo dall’altro lato, poi si guardò allo specchietto e si riavviò i capelli. Con la coda dell’occhio poteva scorgere che lui la stava ancora guardando, si voltò dalla sua parte e lui le fece un sorriso, e, - che sorriso, non c’è che dire! - pensò lei. Le parve fuori luogo ricambiare il sorriso, ma serrò le labbra in un gesto che poteva essere variamente interpretato. Lei sospirò e la sua mente prese a viaggiare nel tempo e nello spazio, immaginava di rivederlo in altri contesti, correre a perdifiato insieme a lui sulla battigia mentre il vento le scompigliava i capelli, camminare in un bosco pieno di neve, e cose di questo genere, degne dei migliori feuilletons, era così bello sognare ad occhi aperti e…un suono sgradevole e perentorio del clacson dell’auto ferma dietro di lei la scosse improvvisamente, ingranò la marcia e si incamminò, prima piano piano, lentamente, poi meno piano, la strada davanti a lei era libera e scintillante di pioggia, premette sull’acceleratore e si avviò verso casa. Non si voltò più, non osservò se quell’auto le stesse ancora accanto, proseguì decisa per la sua strada con lo sguardo fisso in avanti. Scrollò la testa, pensò di aver sognato, si rimproverò per essersi lasciata andare così, si riprometteva sempre di non pensare, di non immaginare, di non sognare e lei puntualmente ci cascava e poi stava male. Basta con queste sciocchezze, l’unica cosa vera e reale erano il divano e il pigiama che la stavano aspettando. Niente di più reale, niente di più concreto. Acqua liscia, naturale, come il succedersi stanco dei giorni.
Acqua liscia testo di antos
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