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Credevo di essere magico, ma ora rimasto nel panico, m'agito;
erano solo le notti d'estate dei sabato in acido, non mi capacito.
Con il pensiero più rapido e il cielo che preme sul corpo mio rancido,
spinge il mio nervo oltre il limite e Io ora d'odio, sul podio di dio, mi sovraccarico.
E' da quì che scarico l'Arte, dalla mia testa che parte,
dalla mia casa su Marte, con vista s'un mare di fuoco mentre m'inietto speciali sostanze.
Apro le danze, apro le acque come chi ve l'ha date ste false speranze,
provengo da stelle remote per mischiarmi con scimmie scimpanzè, a bordo di un panzer.
Giù con saette, giù con i fulmini, tuoni e scintille,
giù dal pianeta d'antichi maestri sumeri flashando le spille: reptilian pupille.
M'illumino pazzo, lo sguardo vuoto negl'occhi infiammati d'un esser di ghiaccio,
pesa la mia anima marcia in un angolo appesa, a peso morto ad un gancio.
Passano gli anni, e passo coi panni impregnati di sangue sul cuore coi tagli.
Spezzo i rintocchi del tempo e spicco elevato tra i freddi con code a sonagli.
Spacco il destino a testate, fuori per fuori. Non do le mie mani per pace:
le mie radici che stringono patti con quelle cadute sinistre sbagliate.