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Il Trono di Vetro
Siedo sul trono che ho costruito da solo, alto sopra tutti di cristallo lucente,
ogni applauso un mattone, ogni lode un sigillo,
ammiro il mio regno
io, solo io, al centro.
Il mondo è uno specchio che deve riflettere
la mia grandezza immensa, il mio genio assoluto.
Se non lo fa, lo frantumo con disprezzo, perché nessuno osi offuscare il mio volto.
Empatia? Un lusso per i deboli,
io non ne ho bisogno
gli altri sono strumenti,
specchi ambulanti per nutrire il mio io,
da usare, adulare, poi scartare senza rimpianto.
Dentro, però, un bambino trema nel buio,
terrorizzato dall’idea di non essere abbastanza.
Per questo indosso l’armatura di arroganza,
per questo pretendo ammirazione infinita.
Invidio in silenzio chi brilla senza sforzo, odio chi non mi vede come un dio sceso in terra.
La rabbia ribolle se qualcuno osa criticare,
perché una crepa nel trono potrebbe distruggere tutto.
Amo solo l’immagine che ho creato,
perfetta, invincibile, eterna.
Ma quando la notte gli specchi tacciono
rimane il vuoto
un re senza sudditi,
un dio senza fede,
un uomo che non sa chi è
se nessuno lo applaude.
E il trono di vetro, un giorno, si incrinerà sotto il peso della sua stessa illusione.
Allora cadrà il narcisista,
solo con il suo riflesso infranto,
a scoprire troppo tardi
che il vero potere
non sta nel dominare gli altri,
ma nel non aver bisogno
di essere adorato per esistere.