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Cavalcai e ancor cavalcai lungo la notte. Ma ebbi da arrestarmi quando scorsi uno splendor divino nel suo quadro oscuro. Iniziai a sentirmi dissetato, ma non di vino, son sicuro. M'avvicinai e scesi da cavallo, ma non poteva saggiarti il mio tatto. Poiché eri puro spirto, spirto e ballo, ne la mente impressa a mo' di ritratto.
Finalmente addensatati estrassi di borsa e t'offrii il mio calice, per me sacro quasi quanto quello del salvatore. Lo posasti in terra tra me e te e mi porgesti il palmo di mano, sì da stringere il mio. La stretta de le mani versò sangue diritto in fondo al recipiente. È questo un ricordo che mai langue e ch'anzi sempre è sorprendente.
Ripreso in mano l'alternativo Graal, dolce lo movesti, per meglio miscelare i nostri fluidi rossi. Bevetti io e anche tu bevesti, e fu allora che mi scossi. Giacché mi venne un fremito dionisiaco, e spiegai de lo spirto l'ali come un'aquila. Impetuoso fu il brivido demoniaco, poiché m'insinuasti l'ebrezza ne l'anima.
Ma chi eri tu? Forse un angelo de' boschi, tanto silente quanto misterioso. Magica, magica notte fu. Notte d'emozioni non rare, bensì uniche, per un evento poderoso.