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I giorni passati e frapposti tra noi, sono tanti, troppi, o troppo pochi per potersene liberare. Ordinati in fila su di un calendario poi, sono così ovvi, lineari, inevitabili. La grandezza dello spazio che hanno generato però, è composta dal disallineamento del tempo, con colui che ha continuato ad attraversare i nostri pensieri più profondi; quelli che sono lì attaccati alla parete più permeabile della mente. Non so quanti ne siano passati, di giorni. Ma il tempo, quello sì, è rimasto disallineato; come una crepa periodica dell’anima. Una crepa che spezza il tempo e lo inchioda alle vite di entrambi.
C’è stato un tempo…senza tempo. Nessuna asimmetria. Nessuna spaccatura. Due frecce, una contro l’altra, con tutta la loro spinta e precisione, ad annullarsi, punta contro punta.
Eppure è strano.
Perdersi, inclinarsi, sottrarsi ad ogni abitudine. Annegare nel grande e immenso fitto dei boschi…e vedere lì giù in fondo; oltre ogni esigenza, l’orizzonte di un mare che ti circonda. Come un’orbita che ci chiude in un unico, meschino destino.
Siamo le polveri che abbiamo calpestato; le note che abbiamo sussurrato di notte aspettando un bus. Siamo lo sguardo curioso della donna dietro alla finestra; mentre ci scambiavamo la pelle promettendoci l’infinito.
Poi tutto questo se ne va. Come il treno improbabile di un circo apparso in una sera di mezza estate. Con acrobati, conigli e venditori di magia… Se ne va un pezzo di casa; e se ne va per sempre. Mentre tu sei lì a guardarlo andar via, con la consapevolezza che ovunque si parcheggerà; ci sarai tu, dietro la lacrima disegnata sul volto del clown.
Tieni lo sguardo vigile, ma il convoglio se n’è andato, via per sempre sulle strade impolverate di un futuro oltre l’orizzonte.
Seminiamo ricordi, elargendoli al mondo; si posano e fecondano le vite altrui, mentre tentiamo invano di rincorrerli e rimetterli in ordine nella nostra mente.
E ti vedo passare. Come una giostra di cavalli rotanti, di ritorno da un’infanzia ormai lontana. Stessi occhi, stesso sguardo. E’ tornato il circo. Un circo nuovo, nuovi conigli, nuove magie.
Eppure lo sento, il profumo di un respiro comune. Il nostro. Perso nella crepa di quel tempo andato.
Sono un vecchio orologiaio, intento a resettare spazi di tempo, sparsi qua e là, in questo magazzino di vecchi automi in attesa del pezzo mancante.
E li vedo incunearsi; gli sguardi smarriti, di gente alla ricerca di un tempo da ricucire. Gente in anticipo o in colpevole ritardo. Cerca e si dimena tra mille lancette, di vite smarrite e adagiate, sotto il tendone del circo.
Eccolo!
Il circo!... e via coi trapezi, e salti mortali, e incantatori di serpenti. Rullo di tamburi e la grande sagra di colori, a riempire di oppio, il vuoto del tempo.
E ti ho visto passare; ma eri una lancetta rotta e ferma alla mia stessa ora. Quella senza tempo.
Due frecce.