Frammenti di realtà aumentata

scritto da SARA WELLSPRING
Scritto Un anno fa • Pubblicato 2 anni fa • Revisionato 19 giorni fa
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Introduzione / Contesti e vicende / Episodi singolari / Pianeta riproduzione (Aneddoti) / Progressi della medicina e nefandezze / Altri eventi / Neuroscienze
- Nota dell'autore SARA WELLSPRING

Testo: Frammenti di realtà aumentata
di SARA WELLSPRING

Introduzione 

Scritto biografico nella cui trama si intrecciano storie vere. I nomi attribuiti alle persone sono fittizi ma in ogni caso richiamano una loro identità vera o vagamente immaginaria. Sono vicende di migrazioni, di incontri e scontri tra culture, di limitazioni degli spazi vitali e di genere, di donne in sofferenza, di salute mentale e di dignità della persona e del corpo. Considerate le diverse ambientazioni geografiche e l'ampio lasso di tempo in cui i fatti hanno luogo, non è sempre stato possibile (o comunque non ho ritenuto opportuno) scendere in ulteriori dettagli.

Contesti e vicende

Sara è uno dei nomi che avrebbero voluto assegnarmi (non fu così). Sono nata in un triste giorno di novembre di metà anni cinquanta in una località della pianura padana. Finita in terapia intensiva per anossia neonatale, tramortita da anestetico e con il cordone ombelicale reciso precocemente. Maternità"surrogata" (a nessuno sarebbe venuto in mente di definirla tale nonostante la pratica fosse già diffusa). Alcune donne vi erano state indotte a seguito di infertilità provocata chirugicamente dando per scontato il loro assenso e non tenendo conto del possibile impatto sul loro stato di salute mentale. La madre naturale (che chiamerò Iris), si trovava in stato di detenzione e aveva già alle spalle simili esperienze di gravidanza. Fratelli e sorelle erano venuti al mondo anche dopo la mia nascita. Ho vissuto per molti anni ignorando che la donna che credevo a tutti gli effetti mia madre non lo era, chi fossero i miei genitori biologici (qui Volodia e Jennifer) e l'entità dei danni fisici conseguiti alla nascita (nel tempo se ne sarebbero aggiunti).

Di tanto in tanto apparivano sulla stampa notizie relative a vicende di presunti scambi di neonati e disconoscimenti di paternità. Parti gemellari in cui i neonati venivano separati e registrati con date e luoghi di nascita diversi. Gemelli quasi mai figli degli stessi genitori biologici. Gemelli di sesso diverso, dove la femmina non a caso veniva trovata al momento del parto in posizione podalica. Aveva sollecitato la mia curiosità una singolare immagine pubblicata in un trattato di medicina in cui uno dei gemelli appariva in uno stato di evidente sofferenza. Ho immaginato che in un reparto di maternità il mio contrassegno identificativo fosse stato scambiato. Avevano tentato di spiegarmi che situazioni simili erano condivise da molti. Gli adulti sono spesso indotti a grossolani errori di valutazione. Ho provato un forte disagio.

Iris era nata a inizio anni '20. Della sua venuta al mondo si sapeva (e si parlava) poco. Con il padre di Volodia (vedi oltre) ed altri membri della famiglia si sarebbe ritrovata non molti anni più tardi nella "banlieu" parigina, dove la madre adottiva si guadagnava da vivere a stento come domestica. Vi sarebbe rimasta fino al rientro in Italia alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale. La madre (di fatto) di Iris menzionava suo padre, conosciuto da giovane e poi scomparso, e lo descriveva come venditore ambulante, forse lituano (o moldavo) di origine. Un fratello maggiore della madre era figlio di uno straniero, ex-belligerante, che la famiglia era stata costretta ad ospitare. Una sorella era andata in moglie a un uomo di provenienza oltre l'attuale confine (Serbia/Croazia). Nel periodo intercorrente tra la fine del primo conflitto mondiale e la fine del secondo, in particolare a Trieste, in Istria e Dalmazia, cognomi e toponimi erano stati italianizzati.

Lamentava la madre di Iris la difficile condizione sociale di donne sole obbligate a sottoporsi a condizioni lavorative gravose, accennando vagamente alla figura della "burrnesha" albanese. Nutriva qualche speranza nei confronti del padre di Volodia ma l'unione era apparsa da subito contrastata. Ad Iris sarebbe stata in seguito attribuita la paternità anagrafica di lui che, a sua volta rimasto orfano, era diventato membro della famiglia italiana cui appartenevano dei fratelli (sul versante materno). Il padre di Volodia e la madre biologica di Iris (emigrata di seguito in America latina) sarebbero stati riconosciuti come fratelli unilaterali. Anni dopo si iniziò a parlare di Kosovo (e di Maria Teresa di Calcutta). Flussi di migranti dovevano essere già presenti da tempo nelle zone in prossimità dei confini nordorientali (attuale rotta balcanica).

Accomunava tutti loro la scarsità di notizie sulle proprie origini, la ricerca di un'identità e l'incertezza dei legami familiari. La storia di Iris era colma di episodi di molestie, malessere, sedute di terapia elettroconvulsivante. C'era il sospetto che non avesse memoria di eventi precedenti importanti (N.B. asportato anche del tessuto cerebrale). Alcuni parti avevano avuto luogo in situazioni drammatiche, al momento più opportuno la si rassicurava che non vi era obbligo di riconoscimento del neonato. Nascondeva ad oltranza lo stato di gravidanza e la sua condizione per risparmiarsi tale umiliazione. Nel periodo dell'attesa i "committenti" erano costretti a fornirle sostegno morale e recapitarle beni e provviste alimentari che non avrebbe potuto concedersi. Le donne nei suoi confronti, spesso dall'alto di una loro particolare sfera di diritto acquisito, si dimostravano più maligne degli stessi uomini. Aveva più volte tentato il suicidio immergendosi in mare o in un lago o in un canale fino a scomparire del tutto in acqua (ho assistito a qualcuno di questi episodi) ed era stata salvata in extremis. Gli episodi si consumavano in contesti di famiglia allargata (in un clima di gratificazione collettiva per una nuova maternità). Era capitato che si fosse trattato di vero e proprio dovere "di risarcimento" (per responsabilità con riferimento a presunti danni arrecati addossata in particolare a ragazze prive di protezione e considerate portatrici di sciagura). Criterio che era valso sia nei confronti di Jennifer che di Volodia (cugino di Iris, che nel tempo avrebbero inteso considerare suo consorte). Ad entrambi, in un certo senso, era stata resa giustizia (!)

Dinamica e amante dei viaggi, Jennifer, apparteneva all'esercito di ragazze disinvolte che si erano messe a disposizione di donne sterili (rese tali o presunte tali) allo scopo di garantire loro le gioie della maternità. Impegnata fin da giovane in una love-story che assorbiva molte delle sue energie, nel corso degli anni l'avrei (occasionalmente !) incrociata in veste di infermiera, insegnante di sostegno, hostess, guida turistica, allenatrice, commessa, parrucchiera ed altro. Possedeva doti canore, nutriva amore per la pittura e la recitazione, forse qualche aspettativa come attrice (per la copertina di un romanzo di una scrittrice irlandese è stata usata una foto in cui mi ci si vede assistere dietro le quinte alla performance di una figura femminile sul palco).

Volodia aveva forse nutrito qualche interesse nei confronti di Jennifer, non contraccambiato. Nipote di un impresario che, ricordavano, in periodo asburgico avesse contribuito alla costruzione di opere pubbliche nei territori dell'Austria-Ungheria e successivamente di linee ferroviarie in un'area inclusiva di Istria, Slovenia, ed altro (attuale Alpe Adria). Volodia era figlio di un figlio orfano di un figlio di costui e di una boema con cui l'imprenditore aveva contratto matrimonio (risultanze biografiche). Anche la nonna paterna era una donna dell'Est Europa. Di lei un ritratto di donna con zigomo pronunciato e taglio degli occhi orientale, alcuni oggetti e immagini sacri di ispirazione ortodossa. Si viaggiò verso l'Ucraina almeno un paio di volte nel corso degli anni '60 – '70 in un contesto di belligeranza per contese di territori non molto diverso dall'attuale. Iris vi aveva portato a termine almeno una gravidanza (!). [Negli anni '60 avevamo rischiato il naufragio su imbarcazioni di fortuna partite dalle coste del Nordafrica (Libia) con Iris in avanzato stato di gravidanza, in pratica partoriente (nel linguaggio corrente GPA = Gravidanza Per Altri)].

Arruolato nell'esercito italiano, mutilato e a lungo convalescente per una granata esplosa sul fronte orientale durante la guerra del 1915-18 (scatenata dall'attentato di Sarajevo 1914 all'Arciduca Ferdinando) il padre di Volodia qualche anno più tardi aveva incontrato una giovane donna di famiglia "tedesca", impegnata in attività di assistenza ai reduci dalla guerra e di seguito votata a vita religiosa e attività caritatevoli. Appassionata di cucina e di canto, qualcuno ricordava averla sentita intonare motivi simili alle canzoni portate al successo da Noa anni dopo. Anche le circostanze della nascita di Volodia erano rimaste oscure (non fu mai dichiarato figlio di lei).

"Sans famille" in Francia, avevano tentato di affidare Volodia a una famiglia di profughi dell'est, poi a una famiglia francese forse di origini ebraiche, prima del rientro in Italia. Era portatore di handicap fisici tra cui uno non indifferente, ovvero era rimasto praticamente afono dopo un intervento di tracheotomia (malriuscito). Si diceva che anche al padre avessero procurato (intenzionalmente) il medesimo danno e che della disgrazia vi fosse una chiave di lettura in relazione con l'opportunità di tacere su alcuni fatti e/o di non consentire l'adozione come lingua madre di una lingua poco gradita all'orecchio. Entrambi Volodia e padre ne avevano combinate di grosse (pare vi fossero stati costretti già dalla giovane età). Vagamente seguito da servizi di psichiatria, Volodia aveva vissuto per lo più come "disturbato", senza fissa dimora e a lungo dimenticato. Di lui conservo la riproduzione di una foto da giovane, incorniciata ed esposta temporaneamente in un museo estone. "In famiglia" si sono verificate tristi dispersioni di ceneri e mancate tumulazioni. Perse anche le ceneri di Volodia.

Per anni avevamo spolverato, sul ripiano di una cassettiera ceduta da una sua sorella, una foto incorniciata di Douglas, che di fatto, a causa del non indifferente handicap di Volodia (il disturbo della favella) lo aveva quasi sostituito nel ruolo paterno nei miei confronti. Tale lo avrei poi per anni considerato, con l'eccezione di una fase in cui effettivamente avevo riconosciuto Volodia come padre. Di lui avevamo ereditato un certo numero di foto, in cui veniva per lo più ripreso indaffarato in prestazioni tecniche durante il servizio militare e negli anni quaranta. In una foto di famiglia apparivano invece i suoi due genitori con due figli maschi (incluso Douglas) e cinque sorelle, dai cui tratti pareva logico escludere potessero essere tutti figli della coppia. Comunque fosse e per quanto noto, le origini della bisnonna (la cui data di nascita si collocava nell'ultimo ventennio del 19esimo secolo) erano particolari. Qualcuno dai Paesi Bassi o dal Nord della Germania si era avventurato in cerca di fortuna nelle zone ricche di risorse dell'Africa australe. La bisnonna aveva un ascendenza meticcia extraeuropea, provata una componente indiana (migrazioni verso le coste africane) e il fatto in sè le aveva creato qualche problema. Il consorte (padre di Douglas), con una certa familiarità per le terre e le genti di Africa (probabile retaggio delle vicende coloniali di quei tempi), era un uomo di affari di cui si accennava avesse antenati anglosassoni (per insediamento di britannici in località della costa ligure). La conoscenza della lingua inglese sarebbe stata prerogativa ed orgoglio di vari discendenti.

Douglas doveva aver incontrato Iris in giovane età nel periodo in cui vi aveva soggiornato in Francia quale immigrata. Avrebbe in seguito avuto come centro di interesse il suo padre anagrafico, oltre che per motivi familiari (l'esistenza di Volodia), per una triste vicenda che lo aveva trovato coinvolto in un guaio impattante sulle attività economiche (e non solo) della famiglia in Africa. Inoltre, ma non era certo che ne fosse stato coinvolto solo o anche Douglas, nell'intento di incoraggiare Iris a rendersi autonoma economicamente (per potersi rifare in termini di recupero denaro nei confronti del genitore), già a Parigi qualcuno aveva tentato di introdurla in una casa di malaffare. La notizia si era diffusa al rientro in Italia e non era stata d'aiuto nè ad Iris nè a Douglas. Ci si aspettava da Douglas che, in qualche modo potesse rimediare a degli errori commessi. Iris era di oltre una decina di anni più giovane. Negli anni dell'occupazione Douglas si era impegnato nella diffusione di notizie sull'avanzamento degli alleati tramite l'improvvisata emittente "Radio Londra" (le comunicazioni, cifrate erano precedute da un suono metallico) mentre Volodia si dava da fare recapitando a casa sacchi di juta colmi di patate olandesi. Donne della famiglia avevano condiviso interessi "culturali" (quali arte, teatro e musica classica) con soggetti del comando. Tali frequentazioni in un certo senso erano state di qualche utilità ma alla fine tutti i soggetti coinvolti erano stati visti con sospetto. Si erano tra l'altro verificate inspiegabili nascite con malformazioni (!). Nel dopoguerra Douglas si era fatto un pò "americano", appassionato di musica jazz, viaggi, velivoli, interessato a tematiche quali i diritti civili ed altro. E aveva finito per rientrare da un viaggio in nord Africa con una ragazza, credo berbera (vicenda sulla falsariga del romanzo "Matrimonio di piacere" di un noto scrittore). Qualcuno (verosimilmente intermediario dell'incontro), anni dopo aveva esibito materialmente davanti ai nostri occhi l'importo in moneta locale corrispondente all'equivalente necessario per l'acquisto di un capo di bestiame (specificando: capra) e considerato congruo ai fini della cessione di una giovane donna. [Douglas non si era fatto mussulmano]. Anche Iris era stata benevolmente ospitata come domestica dagli ospiti, pur non ritendola nemmeno particolarmente adatta a tale mansione.

Un giorno all'età di circa quattro anni, mi ci trovavo con un ragazzino dell'entourage familiare di qualche anno più grande e Douglas, a letto, ci aveva chiesto di portargli una bevanda in una tazza. Non trovando il barattolo dello zucchero, ci aveva suggerito di guardar meglio e indicato dove trovare quanto stavamo cercando. Avvistato un recipiente sopra uno scaffale che conteneva una polvere di colore bianco (doveva trattarsi di veleno per topi), il ragazzo era salito su una sedia ed avevamo esaudito la richiesta. Correva voce che Douglas a fini terapeutici fosse diventato avvezzo alla somministrazione di dosi di sostanze stupefacenti, anzi che soffrisse di vere e proprie crisi di astinenza. Ne avevavo risentito anche le finanze di famiglia. Ma c'era il sospetto che in quel frangente fosse consapevole trattarsi di sostanza letale. Se ne era andato così, all'incirca a metà della sua quinta decade di vita. Mi avevano rassicurato che ormai era in cielo. All'aperto sostavo guardando verso l'alto, in particolare appena sentivo il ronzio di un motore, continuando a chiedere se e quando avesse potuto tornare. Non avevo capito cosa fosse successo. Un cadavere era stato nascosto momentaneamente nel guardaroba. Aveva chiuso anche la ragazza berbera, assieme alla quale ero finita con l'auto in un corso d'acqua.

Episodi singolari

Episodio drammatico della mia infanzia : in prossimità di una strada ferrata un ragazzino più grande di età mi coinvolse in un gioco "divertente" (probabile scena vista al cinema). Mi fece stendere nello spazio tra le due rotaie con le braccia tese lungo i fianchi in modo che potessi rimanerci finchè il transito di tutti i vagoni del convoglio in arrivo fosse terminato. Il treno mi passò sopra in frenata. Notizia pubblicata su quotidiani, i genitori passarono qualche guaio.

Mi resi conto abbastanza tardi di essere stata la controfigura della stampa "bambina con palloncino" di Bansky (negativo che aveva ispirato le varie versioni e la serigrafia). Si era trattato di un episodio triste durante il quale mi avevano costretto a lasciare andare un palloncino colorato, non ne avrei più avuto un altro.

A inizio anni '60 mi trovavo imbarcata su una navicella spaziale, situazione veramente fuori dal quotidiano che ricordava qualche volo su apparecchio condiviso con Douglas. Avvicinato l'uomo al comando con indosso una tuta, si notavano scorrere rivoli lungo la superficie all'interno del casco. Parlava un'altra lingua ed era in contatto con quella che doveva essere la base di controllo. Era stata percepita almeno una ulteriore presenza (Volodia). La temperatura all'interno dell'abitacolo, nel mezzo di una specie di turbolenza, si era fatta veramente insopportabile. Scendemmo con un paracadute in una località russa abbastanza lontana dal Kazakistan e fummo recuperati. A distanza di qualche tempo rischiammo la vita in un sommergibile ("Yellow Submarine").

Annunciato un lieto evento, mi avvicinai ad occhi coperti. Avrei pensato ad una nuova gravidanza di Iris. Mi toccò invece tastare un corpo con 4 arti legnosi e di pari lunghezza. Udito un verso strano (nitrito), inverosimile per un neonato. Una voce maschile più tardi gridò : "E' un cavallino" (se non ricordo male una femmina)! Anni dopo le sue ossa furono passate allo scanner in un bagaglio all'imbarco in un aeroporto. 
Retroscena.
In fatto di psicomotricità si conviene l'utilità dell'ippoterapia. Non avrei avuto i mezzi per permettermela. Jennifer era appassionata di cavalli. Da piccola ero stata scaraventata a terra da un cavallo adulto. Avevo collaborato io stessa a "lavorare" l'embrione del pony.

Negli anni dell'adolescenza fui sequestrata da un tipo che si dichiarava militare di leva (a suo dire impossibilitato ad intraprendere iniziative personali di volo) che mi fece decollare con un aereo leggero parcheggiato in una area riservata ed atterrare senza il carrello (che non si era reso disponibile) in un prato dopo aver sorvolato e sfiorato raso terra una arteria stradale. Lieve contusione alle costole.

Di alcune esperienze mi rimangono misteriosi ricordi, emotivamente importanti. Era accaduto nei movimentati anni '60 (e immediatamente successivi), una mescolanza di atmosfere particolari e rivoluzione culturale (Summer of love, 1967), in realtà non del tutto comprensibile a noi appartenenti a una generazione successiva che forse ne coglievamo solo alcuni aspetti superficiali. Avevamo avuto modo di avvicinare anche personaggi divenuti poi famosi del mondo dello spettacolo e nella vita pubblica (un certo numero dei quali purtroppo scomparso tragicamente). Avevo sviluppato una particolare attrazione per gli strumenti musicali elettronici e anche il pianoforte (che non era mai stato alla mia portata). Una chitarra in circolazione da qualche anno che produceva un suono stridente e al primo impatto sgradevole era stata impiegata per renderlo "new sound" e poi distrutta su un palcoscenico durante un concerto. Occasionalmente alcuni pezzi strimpellati erano stati registrati ed inseriti in un brano commerciale.
In quel periodo mi ero dedicata perfino alla poesia. Da miei dialoghi e ragionamenti, allo scopo di praticare la lingua, erano usciti anche testi o parti di testo in inglese, attribuiti a uno o più autori di canzoni di successo (es. "I am a rock" , il ritornello "Nothing gonna change my world" in "Across the universe") ed era balenata l'idea di scrivere i versetti di "Imagine" e il melanconico "I started a joke" (mia sventura personale), intitolare un pezzo "The sound of silence", e dedicare a Jennifer (riapparsa dopo qualche giorno di assenza) "People are strange". Jennifer canticchiava splendidamente il ritornello di "You can't always get what you want". Non ricordo avessimo mai visitato Scarborough Fair o il Chelsea Drugstore ma senza ombra di dubbio avevamo assistito in un tardo pomeriggio ad un fantastico tramonto ("Ruby Tuesday").
Più tardi "enigmatici" testi sarebbero entrati a far parte del repertorio di brani italiani ("Centro di gravità permanente", "Bandiera bianca/Summer on a solitary Beach", "Strani giorni" ed altro). 

Pianeta riproduzione

Ho deciso di modificare il testo pubblicato a fine anno omettendo buona parte della tediosa cronologia di introduzione al paragrafo "Pianeta riproduzione" non utile alla datazione dei primi esperimenti di impianto di embrioni (Notizie raccolte da fonti varie).

La storia documentata della fecondazione artificiale inizia grazie agli esperimenti eseguiti su animali.

Gli anni dal 1934 al 1944 vedono l'avvio di progetti di eugenetica al fine di promuovere allo stesso tempo la demografia e sterilizzazioni di massa.

Tra la fine del 19° e metà del 20° secolo il movimento eugenetico è diffuso ed opera negli Stati Uniti con un ingente numero di iniziative di sterilizzazione prevalentemente rivolte a non abbienti, disabili, malati di mente, comunità etniche. Su donne ricoverate in vista del parto o per altri trattamenti medici vengono praticate isterectomie (eseguite non per scelta). ll maggior numero di abusi risultano praticati negli anni '50 e '60.

Nella trama di un film giapponese del 1966 (Daitai / Aborto procurato) del regista Masao Adechi un ginecologo, ossessionato dalla necessità di risolvere  problematiche relative alla sessualità, pratica interruzioni di gravidanza ma finisce per prelevare materiale genetico con l'intento di farlo sviluppare in un incubatore di laboratorio e viene arrestato.

Nel 1978 negli Stati Uniti vengono redatte a cura del Department of Health, Education and Welfare le "Federal Sterilization Regulations", elenco di pratiche di sterilizzazione non legali. Nonostante ciò la sterilizzazione obbligatoria di uomini e donne rimane effettiva e consistente.

Negli anni dal '70 all' 80 si assiste allo sviluppo della tecnica di trasferimento di embrioni.
Nel 1978 viene alla luce in Gran Bretagna la prima bimba concepita in provetta (fecondazione in vitro), evento presentato come pietra miliare della ricerca. Robert Edwards ottiene nel 2010 il Premio Nobel per gli studi sulla fecondazione in vitro con trasferimento dell'embrione (FIVET), tecnica sviluppata con Patrick Steptoe.

Negli anni successivi vengono messe a punto tecniche di micro-fertilizzazione. Molteplici nel tempo le procedure e le tecniche biogenetiche esperite : inseminazione artificiale, fecondazione in vivo, trasferimento intratubarico gameti (GIFT)

Intendiamo per madre naturale la persona che gestisce la gravidanza, biologica o genetica è la donatrice dell'ovocita (o dell'embrione). E' stato spesso considerato come prevalente il diritto sul nascituro della sola figura della madre biologica, ritenendo affievolito il diritto della seconda. La diffusione di nascite da donazioni per lungo tempo non ha influito sul contenuto del diritto di famiglia (tematica pare inesistente). 
La sempre meno frequente coincidenza delle due condizioni nel corso del tempo si è resa praticamente nulla (la naturale non è quasi mai biologica), al punto di garantire il riconoscimento in anagrafe sia da parte di madre naturale che di madre biologica come "coppia omogenitoriale"(!).
N.B. La definizione di "figlio naturale" è stata utilizzata in precedenza per indicare un rapporto di figliolanza al di fuori del matrimonio. Non escluso che venissero praticate inseminazioni allo scopo di combinare dei matrimoni (anche per procura).

(Aneddoti)

* Mi è capitato di leggere su un quotidiano un articolo divulgativo firmato da noto andrologo sulla rilevanza e la tendenza all'aumento dei casi di infertilità maschile dovuta a fattori vari (ambiente, stile di vita ed altro). Di conseguenza l'uomo sarebbe costretto a tutelarsi per quanto possibile scegliendo una compagna giovane. Che la donna sia meno intelligente visto che si accompagna spesso a un partner (a volte parecchio) più anziano, e si adatta a mettere al mondo figli di donne più giovani ?

* Un veterinario trovò utile semplificare tutto della riproduzione partendo (ovviamente) dalla zootecnia. Venendo al dunque: l'allevatore segue con cura il maturare del fisico dell'esemplare giovane (che ha in corpo un prezioso patrimonio di gameti) ma non riesce a immaginare di poter ingravidare una bovina dalle carni ancora tenere, vede invece bene (e non gli piange il cuore) l'utilizzo di una bovina adulta da collaudare come fattrice. [Discorsi di questo tipo finivano spesso in freddure sul ruolo della donna in quanto "oggetto del desiderio" (o meno)].  

* A una donna, per l'ennesima volta in attesa e impegnata in lavori di cucito, viene chiesto di confezionare dei "pancini" (imbottiture in tessuto di volume crescente da indossare sotto gli abiti per simulare una gravidanza) che la donatrice di turno (sicura della cessione del neonato al momento della nascita) avrebbe utilizzato in occasionali incontri durante il periodo della gestazione. La donatrice (sconosciuta alla puerpera) le si era poi presentata con la creatura dimostrandosi amareggiata per l'accaduto (gravidanza dell'altra non giunta a buon fine !). 

La problematica della riproduzione è stata al centro dei miei pensieri non solo con riferimento alle vicende familiari ma anche alla sfera di diritti laddove ritengo di esserne stata lesa ed offesa. Riporto nella sezione che segue le vicende attinenti il mio caso in quanto complementari ad altri episodi concernenti problematiche mediche. Con tutto il rispetto per il progresso, non si era rimasti al cavolo o alla cicogna. La maggioranza degli iscritti alle anagrafi territoriali non sono figli di chi sono dichiarati essere. Non è nemmeno cosa da poco.

E' mia opinione che il concetto di "utero in affitto" si sia imposto sia come routine che come "pratica di iniziazione" (a fini di consolidamento di un legame precoce in cui non vi è intenzionalità immediata a procreare, al massimo viene conservato qualche embrione per un periodo di tempo limitato o si procede a incroci "di fantasia" adducendo la necessità di soddisfare un consistente livello di domanda, "turismo procreativo" etc.), se non quando la coppia non si limiti a donare gameti o embrioni (ammesso che la decisione dei riceventi non sia stata estorta) per poi ricorrere a donazioni altrui o addirittura non avverta più la necessità di procreare. Anche in questo senso ha sempre prevalso il criterio della diversità di genere [ovaie che già negli anni dell'infanzia iniziano a produrre un numero decrescente di cellule, donna che invecchia precocemente, rischio di malformazioni o patologie genetiche strettamente connesso all'età della donna, naturalissima propensione della donna ad accettare una donazione (donna "contenitore" o donna "forno"), utilità di reinviare la prima gravidanza anche a fini di realizzazione personale] che ha assecondato la rapida evoluzione e implementazione dei cicli demografici. 

Sono stati riportati casi di ripetuti cicli di stimolazioni ovariche su donne noncuranti della possibilità di conseguire danni alla propria salute in cambio di un compenso in denaro. Altre hanno ritenuto d'altro canto di essere state "usate" a vantaggio di donne abbienti che non avevano problemi ad accedere a pratiche di riproduzione (non alla portata di tutti e di cui non si era a conoscenza in ambienti svantaggiati) e che poi avrebbero rivendicato diritti sui nascituri. A volte costrette a diventare inconsapevolmente madri naturali anche dei figli dei loro figli (naturali e non biologici). [N.B. Mi fu suggerito che anche Jennifer potesse essere una sorella (per condivisione della madre naturale)].

Progressi della medicina e nefandezze

Suppongo possa apparire non credibile l'insieme delle vicende  narrate, se non collocandole, con una certa dose di immedesimazione, nelle particolari situazioni di contesto. Ho etichettato come categorie di "facilitatori", "registi" e "istruttori", persone note ma non propriamente frequentate, dotate di qualche dimestichezza con mansioni svolte in ambienti della sanità, spesso portatrici di loro istanze personali da rivendicare e in uno stato psichico indefinibile. Per quanto concerne gli specifici episodi relativi all'ambito della riproduzione, avevano preceduto l'accaduto alcuni miei diverbi con riferimento in particolare al "caso Iris" di cui sarei stata specchio (provocazione) (!) "Leitmotiv"= vittima di mentalità trasmessa da donna senza i requisiti che intende permettersi un lusso. N.B. Possibile "la" da parte di medici nel senso di condivisione di idee su futuribili tecniche da testare comunque non collaudate nè necessariamente da applicare (conversazioni a carattere professionale), e di cui non si sarebbero accollati alcuna responsabilità. Nel corso degli anni si erano inoltre verificati negli ambulatori incontri occasionali con sosia del medico di medicina generale o specialistica incaricato o comunque con individui estranei alla professione con addosso un camice (correlate molestie).

Nella primissima infanzia era stato deciso (per stimata insufficienza cardiaca) fosse il caso di applicarmi un "cuore artificiale" che in pratica consisteva in una pompa (a compressione) collegata al cuore e ai vasi sanguigni, un dispositivo esterno, mobile e verosimilmente per uso temporaneo, di cui negli anni successivi sarebbero state predisposte diverse implementazioni (noto il "Berlin Heart"). Durante il penoso periodo di degenza era però successo un guaio. Acquisita in ritardo l'abilità di deambulare, che ero orgogliosa di dimostrare, dando uno strattone avevo grosso modo messo fuori l'uso l'apparecchiatura. Qualcuno vi avrebbe già previsto un'aneurisma.

Pochi anni dopo a una bimba venne tolto l'ossigeno davanti ai miei occhi motivando l'operazione con la scarsa capacità di sopportazione del dispositivo erogatore negli anni dell'infanzia. Allontanatosi dalla stanza il gruppo di adulti in visita, avevo tentato di rimetterle sul viso la maschera ma ormai il dispositivo era bloccato. Trattenendo un respiro affannoso aveva diretto un ultimo sguardo verso di me e solo allora avevo notato il suo taglio di occhi. Non ho memoria nè del motivo per cui ci eravamo trovati lì, nè dove fosse accaduto. Avrebbero forse tentato anche un espianto di cuore. Diversi occidentali avevano elargito donazioni nel paese del Sol Levante (non so bene se questo fosse il caso), per cui vi erano senz'altro individui compatibili. Tra l'altro il paese pareva essere interessato allo sviluppo della tecnologia, anche nel settore elettromedicale (con parecchio anticipo sugli attuali giganti asiatici, paesi che avrebbero beneficiato anni dopo di ancora maggior numero di donazioni, da parte di occidentali). 

Durante un viaggio, lontano, qualche anno dopo, fu trovato un cadavere di scimmia cui era stato asportato il cuore (N.B. Vi erano in circolazione anche scimmie chimera ottenute utilizzando seme umano, a Douglas o a Volodia da qualche parte avevano perfino praticato trasfusioni di sangue di scimmia Rh negativo). 
Seguì un periodo in cui si valutava la mia condizione come decisamente particolare e si era diffusa la voce di tentativi (sperimentazione) di impianti di cuore di supporto al cuore del paziente, con conseguenti fantasie di mostruosità già in essere. Si poteva pensare che a qualcuno di noi fosse stato già impiantato nel dorso un cuore ausiliario. Nessun medico di medicina generale osava affrontare di petto la situazione. Tuttora loro tentazione consigliare visita psichiatrica (con obiettivo una visione più serena del mondo !). Per tranquillizzarmi Volodia arrivò a praticarmi uno squarcio sul dorso che ricordo come fruscìo di una lama nella zona midollare, forse il solo strappo dell'indumento indossato (dell'episodio non ricordavo altro). Un luminare di eccellente struttura ospedaliera dell'Africa meridionale (allora nota per gli interventi al cuore in esecuzione) aveva nel frattempo dichiarato pubblicamente non essere mai stati praticati impianti di cuori di animale su esseri umani. L'argomento, per quanto ci riguarda, fu dimenticato e (per fortuna), almeno per un pò di tempo, non più trattato.

Si era poi presentato il problema del polmone. Qualcuno aveva iniziato a interrogarmi da bambina sulla mia disponibilità a donare un organo, la domanda prendeva spunto dal fatto che Douglas in vita si era dichiarato pro-trapianti (sia come donatore che ricevente) senza distinzione di provenienza dell'organo. Era successo a Glasgow, luogo di immigrazione da paesi africani. Qualcuno era stato selezionato per donarmi un organo (e aveva fatto le sue rimostranze). Già si poteva dire che ci si attivasse per forzare interventi non necessari a discapito della salute. Qualche tempo dopo fu deciso di procedere a una biopsia per verificare (nel dubbio) se il polmone in questione mi appartenesse o meno. La biopsia in quanto a referto non fu mai eseguita. Avevo trascorso alcuni giorni allettata con terribili dolori al torace, febbre alta e dosi di morfina che trasformavano lo sfondo decorato della parete in fioriture e rameggi tridimensionali, ingigantendoli alla vista. Il polmone, costretto ad allungarsi per consentire la manovra, non si sarebbe più dilatato adeguatamente. Nemmeno il cuore ne aveva beneficiato. 
Per quanto riguarda il seguito si era navigato nella più completa confusione. Con il senno di poi sembrò che ciascun intervento rappresentasse un tentativo di rimedio ai danni arrecati dall'intervento precedente. Non vi era documentazione specifica relativa alle patologie rilevate, nè alla loro origine e la datazione degli eventi non poteva che essere approssimativa e remota. Mancante di un'anamnesi a livello di torace e addome anche Iris (interessata da problematiche analoghe).

Si riteneva possibile che fosse mi stato impiantato anni dopo uno "stent" divaricatore, quantomeno se ne era sentito parlare. Oppure un dispositivo di assistenza ventricolare (o VAD). In ogni caso presente un dispositivo elettromedicale. Alle visite rilevata non molti anni fa una lieve insufficienza valvolare. Sconsigliato il ricorso a risonanza magnetica o esposizione a dispositivi che emettono campi magnetici ad alta frequenza (verificatisi blocchi articolazioni e parestesie). Episodi di tachicardia in mancanza di apparenti cause scatenanti. Cali della vista associati ad episodi di astenia (possono aver contribuito gli interventi sull'apparato gastrointestinale). Complessivamente dichiarato nulla di grave (mie perplessità in rapporto alla condizione fisica del soggetto normo-assemblato).

Il mio fegato era stato ridotto di volume (non so bene in quale proporzione nè esattamente a quale scopo) tempo prima ma certamente si trattava di intervento in ottemperanza alla teoria del "fegato che ha buone capacità di rigenerarsi, pertanto il livello di rischio non è elevato". Ero diventata inappetente con intolleranze alimentari. L'asportazione di una porzione di milza a seguito di un trauma mi avrebbe poi risparmiato l'assunzione di farmaci immunosoppressori per un eventuale trapianto di un nuovo fegato (che mai avvenne anche per mia opposizione). 

Qualcuno inoltre propose, a seguito di una visita allo zoo dove ci eravamo trattenuti in prossimità di un recinto occupato da un elefante, un prelievo di tessuto dal mio pancreas alludendo maliziosamente a soggetti del parentado sul lato paterno dotati di fisici robusti e possibilmente anche predisposti o soggetti a patologie diabetiche (sull'altro versante madre biologica "modello Twiggy" (!)). Avevo poi iniziato a prendere peso, con una decisa difficoltà di gestione degli alimenti contenenti zucchero ed altro nella dieta, problema che mi avrebbe accompagnato per l'intera vita. E non era in gioco il solo aspetto psicologico. 

All'inizio della mia seconda decade in vita all'incirca mi era stato praticato l'impianto di un supplementatre terzo rene con innesto all'aorta addominale (vaga descrizione di scuola). Fin dai miei primi anni vennero rilevati atteggiamenti di adulti, anche del cerchio familiare, classificabili come molestie (insistente accompagnamento al bagno, voyeurismo) nei confronti di bimbi che di solito reagivano stizzosamente o finivano per adottare comportamenti strani. Potevano protrarsi per l'intero ciclo scolastico (e naturalmente anche oltre). Il tutto originava da particolare attenzione nei confronti dell'aspetto dei genitali del neonato, sia maschio che femmina, in presenza di difformità, dimensioni e malformazioni, motivabili con qualche ipotetico ossequio a presunte preferenze di genere (pratiche improprie eseguite su embrioni). Nel mio caso (folle) venne inoltre in  mente a qualcuno di sostituirmi la vescica (integra e funzionante ma non ritenuta tale) con lo stesso organo (completo di prostata) prelevato a un maschietto. Durante l'intervento era stato danneggiato l'uretere in modo da rendere uno dei miei reni non più in grado di svolgere tutte le sue funzioni. Il rene venne espiantato e comunque re-innestato (visibile nelle immagini per l'asimmetria della sua posizione). Si pensò che potesse esserci a monte un non infrequente tentativo di indurre alla cessione di uno degli organi pari (polmone o rene), pratica cui erano più spesso sottoposte le donne per il ruolo secondario attribuito loro nell'economia familiare, in situazioni di ristrettezze economiche. L'operazione di solito si concludeva con implicita sottoscrizione di contratto di prestito di cui il destinatario non era nemmeno al corrente. In pratica non avrebbe avuto luogo un commercio di organi. Lo sfortunato donatore (post-mortem) del rene, la cui famiglia era stata vittima di sciagure (il padre aveva subito una menomazione e perso un polmone), di qualche anno più grande, era perito in un "incidente di caccia" [figlio naturale di Iris (quindi soggetto compatibile)]. Per quanto noto l'accaduto nel suo insieme era da collegarsi alla tematica "sconsiderato prelievo organi".
In precedenza anche ad Iris era toccata la medesima sorte, anzi peggio, essendo state rese pubbliche foto di dettagli di parti anatomiche in concomitanza con l'avvio a un percorso di paziente psichiatrica. Pervenuta anche notizia di trattamenti cruenti (elettroshock) per eccessiva promiscuità di persone dello stesso sesso dovuti alla ristrettezza degli spazi abitativi allo scopo di prevenire tendenze all'omosessualità (!)

In età preadolescenziale durante una "visita" (allo scopo ultimo di incontrare Volodia) ero stata sodomizzata con un arnese infetto e di conseguenza sottoposta a crioterapia per trattare un'infezione da Papilloma virus bovino.

Con l'alternarsi di fasi di bulimia e di anoressia ogni speranza di pervenire a uno stato di equilibrio organico era fuori questione al punto da valutare come unica risorsa alternativa la chirurgia metabolica (bypass gastrico mediante azioni meccaniche, esclusione dal transito alimentare di parte dello stomaco e dell'intestino in funzione malassorbitiva). Villi intestinali pareva fossero stati danneggiati con la crioterapia. Ad Iris per quanto noto e in presenza di un'ulcera, era stata praticata una diversione biliopancreatica, a lei e madre adottiva creata una specie di tasca gastrica. Per le due donne, prive di proprie capacità di sostentamento, dopotutto anche una buona soluzione (!). A fini didattici ci mostrarono sacche provenienti da animali utilizzate per confezionare degli insaccati. Di seguito alcune pratiche di chirurgia metabolica furono dichiarate errori grossolani.

Mi trovavo non so bene in quale struttura ospedaliera in età di frequenza scuola dell'obbligo quando mi annunciarono la necessità di eseguire un piccolo intervento, nulla di allarmante. Avevano rilevato dei non meglio identificati "spasmi". Doveva essere presente anche Jennifer. Un signore in camice gentile (verosimilmente medico, così almeno appariva) mi parlò e disse con parole semplici che, al fine di evitare peggioramenti della situazione, mi avrebbero praticato una resezione in un'area del cervello da individuare. Sarei andata incontro a qualche problema con le funzioni mnemoniche nei primi tempi ma poi era previsto un recupero e la situazione sarebbe certamente migliorata. Vi erano testimonianze (e lo posso confermare) di totale amnesia di un intero periodo di vita immediatamente precedente, per esempio nei confronti di Jennifer e di Volodia. N.B.(!) La questione dell'epilessia scontata per familiarità era sorta nel momento in cui era stato rispolverato il caso di un membro di famiglia allargata con cui io non avrei avuto legami diretti di parentela. Possibili perdite di conoscenza o mancamenti erano probabilmente dovuti a condizioni fisiche delle persone con riferimento ad apparato cardiocircolatorio, gastrointestinale, etc.

Nella prima metà degli anni '70 qualcuno mi segnalò che era in programmazione (quantomeno in alcune sale cinematografiche cittadine) un film dal contenuto discutibile ma di un certo interesse, intitolato "Arancia meccanica". Quanto l'accaduto fosse ispirato da alcune tra le scene rappresentate nel film o viceversa avessero tratto ispirazione da fatti realmente accaduti, non mi era possibile ricordare (data dell'evento?). In un ambulatorio verosimilmente con competenza servizi di igiene mentale (me lo spiegarono poi) si presentò il tizio di turno (possibile figura ricorrente). N.B. In quel periodo già si mormorava sull'efficienza di tali servizi (si etichettavano gli operatori come "peggiori dei pazienti che avrebbero inteso prendere in cura"). Mi aspettavo si trattasse di un encefalogramma (con riferimento all'intervento chirurgico di qualche anno prima). Mi consigliarono di mettermi tranquilla e di fare un cenno qualora si manifestasse una situazione dolorosa non sopportabile (frase tipica pronunciata dai medici nei casi di intervento alla poltrona). Si apprestavano ad utilizzare l'erogatore di ossigeno. Tra l'altro mi furono applicati dei divaricatori alle palpebre. In quella sede si ipotizzò a voce perfino la recisione del nervo ottico per cancellare la memoria di cose che avevo visto. L'"operatore" orientò allora il discorso sull'argomento "volume e peso del cervello" che, risultano mediamente minori nella donna (!). Fu raggiunta poco dopo (in crescendo) la soglia di sopportazione del dolore. Praticato uno squarcio sulla sommità del cranio si stava gonfiando con l'ossigeno qualcosa che assomigliava ad un palloncino o a una guaina e stava poco prima su un ripiano (avrebbe dovuto aumentare il volume del mio cervello). A volte sono presa dal dubbio che all'interno vi sia rimasto qualche residuo (in tomografia sono visibili scheggie ossee). Iniziava a scendere del liquido sulla fronte. Intervenne qualcuno, del resto non ricordo più nulla. 

Considerando le condizioni alla nascita, l'intervento anti-epilessia, l'episodio appena descritto, un piatto di porcellana fracassato sul cranio, qualche altro trauma da incidente automobilistico, si conviene che la mia testa sia stata danneggiata. La situazione sotto ogni aspetto si era resa ideale per sconsigliare il proseguimento degli studi (ma non avvenne).

Prima età adolescenziale. Mi conducono in un presidio medico per sottopormi a un check-up, con particolare attenzione alla condizione di soggetto trapiantato di rene (in soprannumero) con un apparato escretorio, così definito, corredato da una ghiandola di troppo. Viene costantemente mantenuto un atteggiamento singolare, nel senso che mi si attribuiva fin da tenera età l'ispirazione degli interventi eseguiti. Vengo invitata a chiarire il motivo della visita. Fanno presente a chi mi accompagna che potrebbe essere opportuno sottopormi ad una scintografia renale ma il luogo non è adatto, vi sono problemi dal punto di vista amministrativo, inoltre il costo dell'esame sarebbe comunque esoso. Nel locale c'è un via vai di varie persone, finchè una voce maschile che pare sapere il fatto suo, dice, testuali parole (mi sono a lungo ronzate nelle orecchie anzi non sono mai riuscita a dimenticarle) "si potrebbe fare dell'altro". Praticato un qualche tipo di anestesia mi ritrovo su un lettino e qualcuno procede con i ferri sul fondo schiena. Iris era presente, non ho la certezza che ci fosse anche Volodia (non era la prima volta in cui veniva coinvolto) ma, considerando il modo in cui risultò poi ritorta una delle tube, è quasi scontato. Il tizio insiste nel dire che considerata la mia condizione fisica (interventi chirurgici precedenti) sarebbe stata una buona cosa da farsi. Mi ritrovo con una torsione dell'annesso, pare anche con attorcigliamento di vena ovarica e le "frange" di una tuba recise.
Retroscena. Traumatizzata dai travagli di Iris (considerando anche lo stato in cui erano ridotti il mio torace e il mio addome), ho letto che le fimbrie facilitano la risalita delle cellule uovo nella tuba. In quel periodo mi avevano acconciato con una lunga frangia di capelli sulla fronte che trovavo fastidiosa.

Trascorso qualche anno, alla soglia della maggiore età (cruciale a fini di responsabilità per il consenso all'esecuzione), si verifica il secondo episodio. Premesso che con riferimento al primo si è mantenuta una certa tranquillità (danno solo parziale di organo), veniamo indirizzate in luogo diverso, un ambulatorio (di seguito di ginecologia) da una persona in possesso delle chiavi del titolare che, ammesso esistesse, al momento era assente. E' mia intenzione approfondire la questione della ghiandola "inopportuna". Mi garantiscono che, considerata la particolarità del caso, nessun medico si cimenterebbe in un intervento di asportazione della stessa. Sono questi i casi in cui al paziente viene consigliato di ricorrere ai servizi di igiene mentale (inevitabilmente considerata anche la "familiarità"). Procede tutto come la volta precedente (impossibilità di far luce sulle presenze nello studio medico come spesso succede anche nelle sale operatorie). Viene smembrata l'estremità della tuba, staccata l'ovaia sul lato opposto all'ovaia bloccata in precedenza agendo con effetto ventosa (similaspirazione!) sulla sua superficie. Due le interpretazioni dell'accaduto: ovaia asportata (catastrofica), ovaia avvolta in uno strato protettivo (udita la parola "cellophane") e posizionata sul retro in modo che risultasse nascosta (quindi comunque "conservata"). Avviata in altra sequenza anche un'operazione di "inseminazione" a base di terriccio contenente semi vegetali (tracce rinvenute a distanza di anni), per poi provvedere a un "lavaggio". Poco dopo lascio il luogo (in cui pareva fossero stati eseguiti altri interventi del genere, forse riguardanti anche le donne di famiglia) con terribili dolori al basso ventre.
Retroscena. Proseguite ricerche nelle enciclopedie. Letto che ovaie e testicoli si sviluppano a partire da una gonade indifferenziata, i testicoli però scendono, quindi l'intervento è "in linea" con la ghiandola non necessaria (lo era già un surrene). Mi si ricorda che in età scolastica ho dimostrato di non avere grandi conoscenze della riproduzione umana, in pratica ho ricevuto solo qualche utile nozione su come procede nel mondo vegetale. Avrei inoltre trovato buffo che un organo dell'anatomia umana portasse lo stesso nome di uno strumento musicale (tuba) (!). 

Verso la quarantina un medico di medicina generale mi prescrive un'ecografia standard dell'addome, le immagini in cui tutto coincide con quanto descritto finora  sono nitide (la seconda ovaia non appare ma nessuno si azzarda a dichiararlo). Il referto è accompagnato da una sospetta discreta valutazione dell'apparato (al pari di referti precedenti e successivi in cui era stata utilizzata l'espressione "tutto nei limiti", in pratica nessuno). Nel corso degli anni di età fertile nessuno aveva mai ipotizzato di poter "liberare" la metà rimasta integra. E'scontato che vengano messe in atto strategie mirate a manipolare le persone. In compenso non vi era stata una ragazza tra il "parentado" (area vasta considerato l'accrescimento esponenziale nel tempo dei membri delle "famiglie" ) e le conoscenze anche occasionali di cui non mi fosse stato notificato, anche con la malizia che spesso caratterizza il mondo femminile, l'accesso in giovane età a "donazioni" a favore di detentrici di "elementari" requisiti (in pratica "non devianti"). Ragionare sulla materia (con riferimento al pregresso, al corrente e anche al mio futuro) era diventato per me un incubo. Personalmente (condizioni fisiche permettendo) avrei optato per la formula Single Mothers by Choice escludendo l'accettazione di donazioni di ovociti e di adozioni di embrioni. La considero per una donna questione di autostima.

Non sono stata fortunata. Iris, spesso presente durante gli interventi, era stata sottoposta a una specie di "lavaggio del cervello" nel senso che le si dava per più che scontato che fossi destinata a una condizione di sterilità, replicando il suo caso. Su Volodia si era esercitata parecchia pressione (al punto di renderlo "esecutore") mettendo in evidenza che ero figlia di portatore/i di handicap. Jennifer infine non attribuiva particolare importanza alla questione avendomi considerata "diversa" fin dalla prima infanzia.

Sulle condizioni fisiche alla nascita di Jennifer e Volodia (e di Iris) il dubbio non risolto concerne la possibilità che a monte ci fosse una fecondazione extracorporea ovviamente non manifesta anche per il clima in cui tali pratiche venivano eseguite. Semplificando, Iris (di qualche anno più grande e vittima del medesimo contesto) a sua volta sarebbe stata tenuta a "risarcire in natura" per danni fisici procurati ad embrioni. Le notizie circolanti (in totale omertà) non erano incompatibili con questa versione.

Non sono reperibili studi comprovanti una relazione diretta tra malformazioni e danni procurati con il diffondersi di tecniche di fecondazione in ambiente extracorporeo (certo che ad ogni sindrome rilevata ci si è sempre premurati di assegnare una denominazione specifica). Peccato che alcuni embrioni venissero modellati come plastilina o argilla. Familiari (perfino bambini e minori di età, io stessa mi ci ero trovata coinvolta) o persone casualmente presenti nei presidi medici venivano indotti ad eseguire operazioni maldestre e insensate. Malformazioni gravi (arti incompleti o mancanti, mancato sviluppo della massa corporea) erano state attribuite all'assunzione di talidomide o altri farmaci in gravidanza.
Casistiche note. Manipolazione lineamenti per accentuare anche caricaturalmente caratteristica (o difetto) dei genitori (sia biologici che destinatari). Perfino imitazione muso animali (nel modellare). Strabismo (alterazione asse visivo di uno o entrambi gli occhi, in particolare se rilevata attitudine familiare ad accumulare denaro, per necessità di messa a fuoco da vicino). Narici dilatate, diastema o labbro leporino. Gambe "a ferro di cavallo" (antenati provenienti da lontano). Gambe modellate ad X in caso di genitori nati con arti inferiori arcuati. Difetti mani e piedi di grandezza diversa o brachidattilia. Cromosomi spezzettati con curette. In laboratorio lavorazioni sospette.

Altri episodi 

Scomparso Douglas, un giorno Volodia era passato da casa e se l'era svignata saltando dal terrazzino (un ammezzato, per fortuna dava su uno sterrato). Avevo tentato di imitarlo e non riuscendoci insistevo perchè Iris mi aiutasse. Una sostanza in polvere era finita nel caffè, io ed Iris con la vista alterata per un attimo avevamo pensato a un atterraggio morbido. Fu necessario il ricovero nel Centro traumatologico di riferimento per una frattura all'anca e l'inserimento di una protesi in metallo (citato Krupp).

Un pastore tedesco femmina alloggiava nel cortile di pertinenza di un'abitazione. Avevo pochi anni di vita e avevo  avvicinato i suoi cuccioli, mossa da curiosità. Un giorno era apparso in cima alla muraglia che delimitava il cortile un uomo armato di fucile che in un baleno si mise ad aggiustare il tiro (seguendo la traiettoria del cane). La dinamica del fatto non era chiara. Fossi stata io a corrergli incontro o viceversa. Nemmeno se l'animale fosse mosso da risentimento per la scomparsa dei cuccioli, cercasse di proteggersi o di proteggermi. Di fatto mi stramazzò addosso con il suo peso non indifferente, bersagliato da proiettili e vi morì. Se anch'io ne avessi in corpo rimase come incognita per giorni. 

La mia prima bicicletta (a due ruote) mi aveva riservato una sorpresa. Rimasto in sospeso il fissaggio del manubrio, in un caldo pomeriggio estivo mi ero messa in sella e finita in un fosso con il sangue che scorreva dal mento all'ombelico per uno strappo provocato dal freno sulla guancia. Rimediato con delle graffette, cicatrice.

Infilzato (per fortuna non in profondità) il mio occhio sinistro dall'antennina di un giocattolo, un bambino ebbe la peggio anche perchè gli fu asportata parte della cornea (rimase menomato), mentre mi si trapiantava un frammento della sua iride per riparare il danno. Per una leggera deviazione dell'asse visivo dell'occhio destro ero già stata sottoposta ad un intervento di chirurgia oculistica che aveva accentuato il taglio degli occhi e ridotto l'asimmetria ma di seguito era stato di nuovo corretto.

A causa del diastema sull'arcata dentaria superiore, mi era stato aggiunto un dente soprannumerario (risultò mancante a Jennifer). Il tutto generato da un'uscita scherzosa relativa allo spazio vuoto. Il dente era stato più volte ricollocato fino all'inserimento definitivo di un perno metallico.

Trascinata per qualche metro rimbalzando su un ginocchio, aggrappata alla carrozzeria esterna di un auto in cui viaggiava Jennifer, ne ero uscita con frattura e danni al menisco. 

In una giornata di relax nei pressi di una piscina mi ero tuffata, quasi terrorizzata, tentando di centrare la zona sottostante con il minor livello di acqua, ma urtando spaventosamente contro l'angolo di una piattaforma di cemento. Conseguente frattura spalla (scostamento cuffia omerica). 
Qualche tempo dopo in prossimità di uno stadio di rugby un giocatore bardato e con imbottitura, volutamente o non sobrio, mi venne addosso centrando la medesima spalla. 

Anche in elogio allo stile di vita attiva e di ossessione per qualsiasi nuova esperienza che a volte mi circondava, di tanto in tanto ne ero stata coinvolta e di incidenti ne erano occorsi parecchi.

Gli infortuni (casuali o meno) negli ambienti di lavoro sono sempre stati all'ordine del giorno. Per chi non viene ritenuto meritevole di proseguimento degli studi e le mancate condizioni economiche, un'opportunità di lavoro anche in età precoce può essere una soluzione. A dire la verità non lo sarebbe stato (e non lo è stato) il mio caso giudicato "pesante" se non altro per le sole condizioni fisiche. Avevo vissuto (durante una visita in un'azienda meccanizzata, stage fuori programma) un incidente per errato azionamento comandi e seria frattura omero opposto al lato danneggiato in precedenza, per scivolamento di un carico (altro dipendente infortunato). In altro contesto fulminato per errore dipendente. Rischiato mio intrappolamento dita di una mano in macchinario.

Dimostrando una certà curiosità per la cinematografia, ero stata ripresa per una scena da film giallo in cui venivo aggredita da uno sconosciuto nella doccia (scivolamento e frattura avambraccio). 

Durante una uscita in bicicletta masticando distrattamente una pasticca dal contenuto non dichiarato, attraversata una via, ero stata sbalzata sul cofano di un auto e poi sull'asfalto, procurandomi contusioni nella zona occipitale del cranio. 

Sulla scia dell'entusiasmo ci eravamo trattenuti in uno tra gli autodromi più frequentati e mi ero messa alla guida di un auto da corsa (fuori gara). Alcune donne partecipavano già negli anni '70 a rally e gare di vario tipo. Non avrei avuto comunque l'età. Urtando una barriera in frenata, l'auto era sul punto di capovolgersi e ne ero uscita con fratture a un piede (ricostruito) e scostamento di vertebra cervicale. Necessario ricovero presso Centro traumatologico specializzato. 
Non molto tempo dopo procurata frattura di giuntura femore per una caduta da moto su fondo scivoloso in un velodromo.

Non essendo riuscita a risolvere un problema di calzature, di cui non mi sono tuttora liberata, avevano tentato una "crocifissione" cioè l'inserimento di un chiodo nell'avampiede (di seguito eseguita con vite e opportuni adattamenti nei reparti di ortopedia).

Neuroscienze

Non mi è possibile ignorare un fattore importante che, anche ai fini della comprensione delle vicende in oggetto, avrei voluto porre in evidenza all'inizio e invece ho deciso di collocare da ultimo. Mi riferisco a un evento occorso negli anni della mia adolescenza, una misteriosa nuova dimensione, che avrebbe cambiato subdolamente e irreversibilmente il corso della mia esistenza. Consisteva nell'impianto di un dispositivo intelligente (genericamente "chip") grosso modo nella zona della nuca mediante un semplice intervento chirurgico. Pratica ormai diffusa. Si rimediava al danno procurato al cuoio capelluto con qualche ciocca di capelli, spesso donata da uno dei genitori e a volte riconoscibile per incanutimento precoce (ricevuto quanto basta da Jennifer). Verosimile che per l'adesione al progetto fosse previsto un compenso. Già dei nostri genitori quasi tutto era di dominio pubblico. Douglas era passato a miglior vita a fine anni cinquanta. Molti avevano capito che doveva esserci in gioco un elemento ignoto.

(Traccia storica).
Tentativi di mappatura dell'attività neuronale hanno avuto luogo già negli anni '60. Il primo microchip era stato realizzato nel 1958 negli Stati Uniti. Documentato all'epoca l'utilizzo di pratiche di controllo delle persone nell'esercito.
Pur sempre da citare gli esperimenti di Pavlov (Nobel 1904) (studi su riflesso condizionato in risposta a uno stimolo ovvero condizionamento classico). Lo sviluppo della corrente del comportamentismo portò a negare la possibilità di indagare sul funzionamento del cervello se non solo sugli input (gli stimoli) e gli output (le risposte), cioè sul comportamento manifesto. L'affermarsi della corrente del cognitivismo (caposcuola J.B. Watson) vide invece il riconoscimento di un ruolo attivo all'individuo. La mente umana elabora informazioni provenienti dall'interno e dall'esterno e le vengono riconosciute funzioni organizzative (sviluppo cognitivo). Sensazionali le notizie relative alle recenti iniziative intraprese da Elon Musk, Neuralink Corporation, etc. (impianti neuronali su esseri viventi, impianto del primo chip nel cervello umano). Ricerca e studio di connessioni ad encefalo, corteccia cerebrale o midollo spinale. Ulteriore sviluppo di neurotecnologie con bersaglio le malattie neurovegetative (patologie del cervello e disturbi della memoria).
Fortunatamente vi sono state prese di posizione con riferimento all'utilizzo sconsiderato del controllo mentale o spaziale (geolocalizzazione) degli individui. Controllo senza limiti geografici e temporali. Sottovalutazione perfino da parte della psichiatria dei rischi del controllo selvaggio sulla persona. Eccesso di "brainstorming". Provocazione. "Candid camera" permanente, nel pubblico e nel privato. Ha senz'altro contribuito a favorire il verificarsi di "episodi di orrore" in campo medico e non. Sollecitare eventi (e repliche di eventi) fino all'esasperazione. Rumore in senso cibernetico. Registrazioni audio sulla persona (d'obbligo impostare un tono di voce alto in ogni possibile circostanza). Rilevazione delle posture. Teatro permanente. Interferenze nella lettura e nel calcolo numerico. Sogni ricorrenti e inquietanti. Con finale Hikikomori (!).

 

 

 

 





 

 

 

 





Frammenti di realtà aumentata testo di SARA WELLSPRING
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