Il piccolo principe e il bambino che è in noi

scritto da Raffaele Pepe
Scritto Un anno fa • Pubblicato 10 mesi fa • Revisionato 7 mesi fa
0 0 0

Autore del testo

Immagine di Raffaele Pepe
Autore del testo Raffaele Pepe

Testo: Il piccolo principe e il bambino che è in noi
di Raffaele Pepe

"Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano". Questa è senza dubbio una delle frasi più celebri del libro "Il piccolo principe" scritto da Antoine de Saint-Exupéry e pubblicato nel 1943. In questo testo ho intenzione di esporre una mia riflessione, la quale si basa su uno dei temi trattati nel libro in questione e che può riassumersi in una frase, quella sopra citata. Tutti siamo stati bambini, e questo è scontato, ma non lo è il legame che conserviamo con quel periodo della nostra vita, che senza rendercene conto vola via in un attimo. Nella società di oggi bisogna crescere velocemente, bisogna diventare adulti, per trovarsi un occupazione ed essere indipendente, così si dice, tuttavia mi chiedo quale sia la differenza tra l'essere prima dipendente dalla propria famiglia, e dopo aver raggiunto l'indipendenza da questa poi l'esserlo dalla società, quando siamo davvero indipendenti?. Difatti una volta entrati a far parte del mondo del lavoro bisogna rispettarne le regole, affidandosi a esso, vendersi metaforicamente, altrimenti si è fuori e non si può portare il pane a casa. Mi sento di definirlo un meccanismo ambiguo, dato che molte persone nonostante si impegnino duramente non ricevono altrettanto, continuando a vivere una vita di sacrifici e non di speranze. Ma ormai il modello imposto al popolo è questo, e se non lo si condivide si viene posti ai margini della società. Perché il bambino che è in noi viene dimenticato?, perché quando si è bambini non si seguono modelli, si tende a pensare fuori dagli schemi e ciò incrementa la nostra immaginazione, i nostri sogni e le nostre speranze, in quel periodo si è ancora liberi di sognare. Quando siamo bambini di solito ci accorgiamo di possedere uno o più interessi, non causati da nulla ma che possiamo definire innati, ed essendo ancora liberi di sognare ce ne appassioniamo, nella speranza di poter coltivare tali interessi anche in futuro. Poi arriva l'adolescenza, fase delicata della vita, nella quale si rischia di perdere il contatto con quei sogni, si inizia a ragionare da adulti, anche incentivati dalla famiglia e dalla scuola, e gli interessi sorti nell'infanzia vengono etichettati "cose da bambini" lasciando spazio alle "cose da adulti", le quali non rispecchiano se stessi ma sono frutto delle necessità della fase adulta. Questo è quello che è accaduto al protagonista del libro, colui che narra in prima persona l'incontro con il piccolo principe, il quale racconta del suo interesse nel disegno da bambino, successivamente non coltivato a causa dei grandi, i quali gli consigliarono di dedicarsi ad altro, e ciò impedì una sua possibile carriera da pittore, come lui afferma. Riferendosi a ciò, quante volte ascoltiamo dai parenti, dagli insegnanti o da altre persone considerazioni del tipo "lascia stare questa passione, dedicati ad altro di più fattibile", e frasi del genere rischiano di compromettere i sogni. Il piccolo principe invece vive di sogni, di immaginazione e di speranza, è un bambino che difficilmente si intende con i grandi, molti dei quali da lui incontrati sono vittime dei propri vizi, giudicati "strani" da lui stesso, ma di rado incontra qualche adulto a cui piacerebbe essere amico, uno di questi è il protagonista, a cui si lega sempre di più col passare del tempo, legame condiviso anche dal protagonista. Il piccolo principe vede in lui un adulto comprensivo e un buon amico, lui nel piccolo principe vede il bambino che era, un incontro che sa di viaggio iniziatico per entrambi, un'iniziazione ai valori importanti della vita spesso offuscati dalla  monotona quotidianità, nella quale siamo prigionieri inconsapevoli. Altra celebre frase del libro è "non si vede bene che col cuore, l'essenziale è invisibile agli occhi", bellissima frase che suggerisce una visione della vita più autentica, la quale trova risalto soprattutto nei bambini, invece gli adulti intrappolati nel ritmo frenetico della quotidianità adottano una visione differente, rifugiandosi in felicità momentanee e illusorie. Ciò ovviamente non va esteso a tutti gli adulti e non si deve generalizzare, ma è chiaro il malcontento tra le persone che va ad aumentare, e coloro che vivono in condizioni precarie tendono a cercare la felicità in finti piaceri come l'alcool o altri ma ciò non rinvigorisce il cuore e nemmeno la mente. I bambini sono maggiormente puri e soprattutto non ancora sporcati da un sistema marcio, in cui il popolo consciamente o inconsciamente è nelle mani di pochi privilegiati, anche loro marci dentro e viziati, i quali vivono opprimendoci in un sistema benefico soltanto per loro. Quando si è piccoli si ha una visione differente della vita, si osserva il mondo non solo con gli occhi, ma con un altro parametro, il cuore, inteso anche come una parte di noi più insita ed emozionale, desiderosa di amare davvero qualcuno o qualcosa, anche le cose più banali, generalmente definite "cose da bambini", ma che in quel momento diventano importanti, e come viene scritto nel libro, "i grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta". Quando si è adulti si rischia di reprimere questa parte più insita a causa anche del poco tempo da dedicare a se stessi, dato il ritmo frenetico di tutti i giorni citato prima, invece i bambini avendo a disposizione più tempo possono impiegarlo per imparare ad amare, per coltivare interessi e per se stessi, difatti al piccolo principe viene detto "è il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante". Detto ciò, c'è una soluzione a tutto questo?, cambiare il sistema vigente nella società non è certo facile, ma a mio parere uno strumento utile per tutti è la consapevolezza, essere consapevoli del mondo in cui viviamo, dei suoi lati positivi e di quelli negativi, consapevoli di essere migliori di quello che pensiamo o che ci vogliono far pensare, e di conseguenza essere padroni della nostra vita, cercando il meglio per noi stessi. Infine, come ci insegna il piccolo principe, bisogna essere consapevoli del bambino che eravamo affinché non vada dimenticato, continuando a sognare e a sperare, coltivando i cosiddetti interessi innati, i quali ci comunicano molto di noi stessi, indicando la strada per la felicità.

Il piccolo principe e il bambino che è in noi testo di Raffaele Pepe
31