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Il biglietto dell’autobus di Roberto e Leandro
Tra i rami dell’albero svolazza un biglietto dell’autobus, piegato e scolorito, come se fosse passato per troppe mani e troppe tasche. È il simbolo di Roberto e Leandro, due fratelli che, pur diversi, sembravano completarsi negli opposti.
Roberto, il maggiore, era attivo, socievole, veloce nei pensieri e nei movimenti. Durante l’estate era sorprendentemente più tranquillo: il caldo, il tempo libero, le giornate lunghe lo rendevano più gestibile, più sorridente, quasi allegro. Ma d’inverno cambiava: nervoso, agitato, pieno di energia difficile da contenere. Nei suoi “cinque minuti” di rabbia nessuno riusciva a fermarlo; bisognava solo aspettare che sbollisse, lasciargli il tempo di tornare in sé.
Leandro, al contrario, d’inverno era più calmo, più buono, capace di reggere meglio le regole e i ritmi della scuola. Ma con l’estate diventava ingestibile: irascibile, pronto a esplodere in parolacce e litigi, con le mani che spesso correvano più veloci delle parole. Nei suoi momenti di crisi bisognava intervenire con fermezza per contenerlo, senza mai smettere di ricordargli che non era solo.
Il padre, severo e altezzoso, guardava i figli dall’alto di una rigidità che sembrava più facciata che cura. La madre, invece, tentava di riprendere in mano la vita, lavorando ovunque e il più possibile per garantire un futuro a entrambi. Ma quell’assenza, soprattutto durante le stagioni di lavoro, pesava come un macigno. Leandro ne soffriva apertamente, parlava spesso di lei, mentre Roberto, più grande, non si lasciava andare: non era mancanza di affetto, ma disincanto verso gli adulti, come se avesse già deciso di non aspettarsi troppo da loro.
Il biglietto dell’autobus era il loro oggetto quotidiano. Vivevano in periferia e spesso dovevano raggiungere la città da soli. Fin da piccoli erano abituati a salire sul bus e farsi strada tra fermate, ritardi e sconosciuti. Una volta Leandro, ancora bambino, si addormentò durante il viaggio: quando riaprì gli occhi, era dall’altra parte della città, spaesato, con il biglietto ancora in mano. Un episodio che racconta bene quanto presto abbiano dovuto fare i conti con autonomie forzate e responsabilità sproporzionate.
Quel biglietto rimasto sull’albero rappresenta l’infanzia in viaggio, le distanze da colmare, la necessità di crescere in fretta. È un simbolo di “indipendenza”, ma anche di fragilità: due fratelli che si sono mossi troppo presto da soli, tra fermate e deviazioni, con la speranza che qualcuno, alla fine del percorso, li aspettasse davvero.
Roberto e Leandro ci hanno insegnato che educare significa riconoscere i ritmi diversi, le stagioni interiori di ciascun ragazzo. Ci sono estati tranquille e inverni agitati, così come ci sono estati irascibili e inverni sereni. Accompagnarli significa saper leggere queste alternanze e offrire, in ogni stagione, la presenza stabile di un adulto che accoglie e sostiene.