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Il sostantivo guerra deriva, probabilmente, da una parola del tedesco antico, werran, che
significa mischia. Però, le parole guerra, mischia, sono un po’ impalpabili; forse sarebbe
meglio indicare la guerra con una parola come distruzione, che meglio si presta a disegnare
nell’immaginario comune quello che accade sul campo di battaglia. Come diceva Lella Costa
recitando il monologo Stanca di guerra (1996): “Nella prima guerra mondiale, le vittime sono
state per il 5 percento civili e 95 per cento militari: si può tranquillamente sostenere che i
civili sono morti incidentalmente. Nella seconda guerra mondiale, le vittime sono state per il
48 percento civili, per il 52 percento militari: non si può già più sostenere che i civili sono
morti incidentalmente. Nelle guerre contemporanee, che sono tante, le vittime sono per il 10
percento militari e per il 90 percento civili: si può tranquillamente sostenere che i militari
muoiono incidentalmente. D'altra parte, sai com’è, a furia di sentirsi ripetere ‘prima le donne
e i bambini’, si vede che l’hanno presa alla lettera.”
Quello che realmente accade sul campo di battaglia, non sono i soldati che sparano a raffica
riparati dentro i loro buchi di ragno, o meglio: è anche quello, ma la guerra colpisce tutto ciò
che da lontano non si può vedere, tutto quello che le persone hanno di più caro al mondo e
che tanto spesso, chi sta dall'altra parte, dà per scontato. Se parliamo di guerra, è facile
immaginare le bombe che cadono dagli aerei militari, ma la guerra è ciò che avviene dopo,
quando le bombe arrivano a terra e distruggono case e posti di lavoro; la guerra sono le
bombe che uccidono persone, padri, figli, innamorati, che spezzano le ali e i sogni di tutti
coloro a cui non riescono a spezzare la spina dorsale; la guerra sono i sopravvissuti, che
rimarranno da soli con il loro strazio, a raccogliere i frammenti delle loro vite fra la polvere e
le macerie, come racconta Bertolt Brecht: “La guerra che verrà
monella prima.
Prima ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente faceva la fame.
Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente.”
La distruzione la fanno i politici, ma chi ne subisce le conseguenze, troppo spesso, non ha
nessuna colpa, se non quella di essere nato in un Paese che preferisce un pezzetto di terra
ad un oceano di vite umane.