Che quanto una persona lasci trasparire sia la parte normale è una considerazione abbastanza riconosciuta giacché viviamo in compagnia di mostri e bestie feroci che albergano in noi e teniamo a freno sin dall’adolescenza…
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Erni Monroe lupo mannaro seriale
La donna che vorrei…
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Erni Monroe si avvertiva strano in quel pomeriggio di fine inverno.
Mancava una manciata di minuti a segnare sul vecchio orologio da polso le sei meno quindici.
La testa gli doleva.
Attribuii l’emicrania a un raffreddore.
Tuttavia non poteva essere quel dolore alle tempie a cagionare lo strano stato di sofferenza che subiva, perché in concomitanza dei picchi più lancinanti si formavano pensieri violenti di cui abitualmente era privo.
Neppure si è mai sentito in giro che una malattia da raffreddamento potesse far tanto.
Per sfuggire a quelle ridondanze, era uscito da casa per una passeggia nel quartiere fidando di incontrare volti nuovi.
C’era stato un tempo, in età giovanile, lo dico per più curiosi, in cui per sottrarsi ai pensieri cupi che di tanto in tanto lo attanagliavano, si recava in centro città.
In quelle vie riservate dal traffico, contraddistinte dal vociare a basso tono, trascorreva le ore a osservare, andando di vetrina in vetrina, le nuove tendenze.
Questo per un poco di tempo l’aveva distratto.
Poi era nato il desiderio di conoscere.
Di sapere di più su quei volti in strada.
Così, quando camminando, finiva a incrociare lo sguardo di qualche persona gli si metteva cautamente attorno e attesa l’occasione scambiava qualche parola.
A volte la cosa finiva là.
In altre diveniva emozionante.
Superato l’impatto, capitava di finire a casa di sconosciuti, o di rimanere coinvolto in cose che non si attendevano.
Il più delle occasioni finiva a letto con loro.
Erano amplessi veloci con donne o con uomini, in altri casi di gruppo anche con storie feticiste.
Alcuni rapporti sfociarono nel sadismo o nel “maso” a dipendere dal desiderio.
Badate, nulla di sconvolgente o di non consentito e se si vuole: niente che non accada ogni giorno migliaia di volte tra persone di questa terra..
Di storie, Erni Monroe, avrebbe potuto raccontarne tante.
Male che andasse l’incontro, terminava con una chiacchierata e un caffè.
Un fatto del genere, oggi, lo avrebbe aiutato a superare il momento.
Neppure di questo, invero, Erni Monroe aveva esattamente bisogno.
Quanto si aspettava da quel pomeriggio non era davvero cosa normale.
C’è da affermare che non fosse totalmente conscio.
Che fosse molto confuso.
Poteva dirsi, di Erni Monroe, almeno da un punto di vista superficiale che non era sposato e qualche altro fatto di alcuna rilevanza.
Per il restante, Erni Monroe svolgeva con regolarità un lavoro da impiegato e per quest’attività riceveva un puntuale ed equo stipendio.
Il che gli aveva permesso di possedere una casa tutta sua, una buona auto e di concedersi qualche normalissimo svago di tanto in tanto.
Oltre a tutto, a parte per quelle emicranie che lo afferravano all’improvviso, era provvisto di ottima salute e un fisico che manteneva sufficientemente in forma.
A dire il vero, i capelli canuti lo invecchiavano.
Era ormai sulla soglia dei cinquanta.
Nulla da eccepire riguardo alla zazzera scolorita, se non perché tutto quell’argenteo riduceva in maniera considerevole le possibilità d’incontro con persone giovani assegnando in lui, l’aria paterna.
Per questo motivo, quell’emozione che Erni Monroe istintivamente andava bramando, era difficile da soddisfare.
Diciamo che era plausibile pensare, di doverla perquisire con attenzione.
Del resto a qualcuno piace avere a che fare con gente più grande.
Si aggiunga che Erni Monroe aveva scelto in maniera pessima il quartiere, perché essendo non distante dal proprio e del tipo residenziale, rimaneva sostanzialmente privo di passerelle e individui che le riempissero.
Dunque. assai privo di occasioni.
Così palazzine da un paio di portoni al massimo si alternavano ai lati della via protette da cancelli ferrati.
Larghi marciapiedi e cani signorili accompagnati a spasso dai proprietari costituivano il panorama esanime.
Senza riflettere voltò in direzione di una zona più popolare.
Là i caseggiati erano continui e gli accessi, pari.
Imboccò il sentiero in ghiaia che conduceva al centro del comprensorio quando scorse una figura femminile sul terrazzo di una delle abitazioni che su quello spazio si affacciano.
Era impegnata a stendere dei panni.
Immaginò potesse trattarsi di pantaloni aderenti, magliettine e sensuali mutandine bianche ordinatamente poste sul retino fermo alla balaustra ma poco prima indossate e cariche di odori.
Seppure a distanza, parve a lui che la donna fosse attraente.
“Perché no?” disse, ritenendo che potesse essere anche lei in cerca di emozioni.
Si avvicino e quando giunse nei pressi, badò a farsi notare, camminando avanti e indietro sotto il terrazzo come stesse attendendo qualcuno ma puntando lo sguardo fisso nella sua direzione.
Confidava di incuriosirla con una punta di mistero!
- Chi è quello?
- Perché mi osserva con interesse?
Avrebbe detto la donna non appena si fosse accorta.
Poi avrebbe riflettuto sull’opportunità di condurlo in casa e non far fuggire l’occasione di svagarsi.
Alla donna rimaneva solamente di far comprendere, magari con un gesto, un sorriso, l’effettiva disponibilità o la scomoda presenza di un marito, di un figlio.
In questo caso avrebbe atteso il momento, tornando nei giorni successivi.
Non era difficile.
Eh sì, cosi si caccia.
Si studia il terreno, le fragranze e scruta il possibile passaggio di un animale.
Poi ci apposta e attende con calma…
Erni Monroe, era sotto a quella casa a pendere da quelle labbra.
Magari quella donna avrebbe detto subito sì.
- Non stupiamoci più di tanto, affermava Erni Monroe parlando con i colleghi e gli amici del bar:
-Perché piace a noi, quanto loro...
E la frase era sufficientemente eloquente.
Tutti i presenti si mettevano a ridere immaginando che sì, che fosse vero.
Se proprio vogliamo, potremmo affermare che quella che Erni Monroe poneva in scena dalla strada era una forma di comunicazione base di tipo posturale intesa ad avviare stimoli sostanziali, compreso la paura presente in tutti noi, al fine di eccitare.
Null’altro che un gioco sessuale inteso a invitare rapporti immediati.
Qualcosa che al termine non lasciasse strascichi e memoria.
Erni Monroe in verità non era mai andato oltre a qualche inattendibile inseguimento.
Tuttavia c’era stata una volta che avendo compreso di non aver nulla da temere, l’inseguimento era terminato nel bagno di un bar ela donna gli si era data senza remora e con molta passione.
Ora di quella ragazza rammentava la piacevolezza, i seni, ma non il nome, ma questo perché non l’aveva domandato e terminato l’amplesso era andato via senza aspettare che si rivestisse né domandandole se avesse provato piacere.
L’aveva usata e lei lasciato fare.
Anche adesso non voleva certo rovinare le cose.
È vero pure che una volta in agio si rivelava un amante dolce e attento al piacere dell’altro e che il rapporto sessuale che si augurava di avere, grazie alle endorfine liberate, avrebbe attenuato il dolore alle tempie.
Se si vuole, entro certi limiti: si trattava di ricevere una cura naturale!
E’ il padre eterno ad avere creato la necessità dello scambio, altrimenti ci avrebbe reso autonomi; su tanto non piove.
Erni Monroe evitò di osservare il vecchio che gli veniva incontro lungo il viottolo, voltando al passaggio la testa sul lato opposto tanto da fargli scorgere la nuca.
Certo che nessuna donna desideri far conoscere ai vicini di avere ricevuto visita da uno sconosciuto e meno che mai che un congiunto apprenda la storia.
Quando all’ottuagenario fu alla sua altezza, udì dire:
- Buonasera, a mezzo tono.
Bofonchiò qualcosa di conveniente, tanto quel rincitrullito non avrebbe saputo riconoscerlo un quarto d’ora più tardi.
Erni Monroe quel giorno indossava panni scuri e comuni.
Jeans e giubbotto urbano come tanti.
Un paio di dozzinali scarponi da città.
E tanta preoccupazione intesa a non farsi riconoscere.
-Chissà cosa aveva intenzione di compiere!
A ogni buon conto tante precauzioni avevano poco senso, perché non stava facendo nulla di male!
La donna tardò a far caso a lui, presa com’era da mille pensieri.
Alla fine però si accorse e il volto si scurì.
Ci stava… disse Erni Monroe in primo tempo, ora farà qualcosa per farmelo capire.
La donna portò ii capelli biondastri dietro le orecchie, poi prese la decisione di rientrare in casa e calare le serrande.
- M guarda… disse lui rammaricato.
- Del resto era prevedibile. Non sempre hanno voglia di divertirsi!
Sbuffò.
Poi considerò la possibilità che la donna non fosse sola in casa o avesse qualche impedimento fisiologico.
Infine, ipotizzò di essere assai meno attraente di un tempo.
L’analisi non gli piacque, ma della possibilità dovette farsene una ragione.
Il minor male per noi stessi è sempre auspicabile, così diamo per vere le bugie.
Ammettere di essere invecchiati e meglio che riconoscere: di non essere interessanti!
Erni Monroe avrebbe fatto bene a domandare aiuto.
Cercò di pensare ad altro e più esattamente terminò ammettendo che: i giovanotti attraggono le vegliarde che intendono iniziarli nel mondo dell’amore e soprattutto, soddisfare le voglie!
Una cosa astrusa.
Erni Monroe congetturò pure che la sessualità fosse mutata con il progredire della società.
Da ragazzotto gli era sufficiente provare con le tante ragazze, tutte aspettavano che tu lo facessi e se non era il caso, se avevi sbagliato, finiva là, senza strascichi o eccessivi commenti.
Oggi, in un mondo in cui si barattano effusioni per una ricarica di telefonino, dovresti cercare di comprendere anche in gusti prima di avviare una relazione seria!
Altrimenti dovresti pagare e Erni da questo punto di vista, non avvertiva ragione.
Il sesso non poteva essere a pagamento.
Insomma Erni Monroe si avvertiva inadeguato.
Il suo mondo e il fare erano rimasti quelli di un tempo e le maniere troppo pratiche.
Si mise in attività per dissimulare il rifiuto.
Stiracchiò la schiena per affermare che era in quella corte unicamente con l’intenzione di svolgere quattro passi e che la donna aveva confuso l’interesse.
Perciò tornò a osservare il cielo con l’occasione di un gruppo di rondoni protesi a volteggiare sugli ultimi raggi di sole ma in realtà, attento a scrutare l’intorno per comprendere se altri si fossero accorti di lui.
Se ci fossero altre possibilità; oppure per vedere che non ci fosse stato qualche bastardo in finestra pronto ad accusarlo di essere un molestatore.
In quel caso avrebbe fatto meglio a levare le gambe.
La situazione attorno tuttavia era normale.
Attese qualche istante e poi se ne andò.
Qualcosa tuttavia era irrimediabilmente saltato nella testa e provocava un potente corto circuito.
Erni Monroe in quei momenti aveva chiaro unicamente un fatto e cioè che desiderava in tutti i modi fare sesso con una sconosciuta, per di più molto giovane.
Le orecchie tornarono a far male all'interno.
Le narici si allargarono per scambiare aria.
Sotto i suoi passi spediti, il brecciolino scricchiolava volando al lato.
Se ne rese conto e rallentò l’andatura.
Perché tanta fretta?
Intendeva dare nell’occhio?
Cercò di rilassarsi.
Era lontano dal punto in cui, qualche minuto prima, aveva avvistato la donna.
E’ vero.
Non aveva mai faticato tanto a procacciarsi un’occasione.
Nemmeno era mai giunto in questa zona del quartiere in cui le palazzine erano moderne e di colore grigio.
Un po’ monotone; certo e dovevano avere costruito da poco.
- Non più di dieci anni, disse.
Un luogo silenzioso, a giudicare dagli ampi giardini con pini e salici piangenti.
Nascose ancora una volta il volto, quando ebbe l’impressione di avvicinarsi a una telecamera di forma circolare posta in prossimità degli ingressi principali.
Cambiò strada per andare sul retro delle palazzine con tale scioltezza che chiunque avesse osservato in quella direzione, avrebbe pensato che fosse uno del posto pure che non lo era.
Imboccò la rampa di scale di marmo peperino che trovò con l’uscio stradale aperto.
Erni Monroe aveva svolto per diversi anni attività di vendita a porta a porta e così imparato a eludere la guardiania e come fare per accedere all’interno delle palazzine.
Sapeva riconoscere gli occupanti e la situazione economica dai rumori che provenivano dall’abitazione oltre che dagli odori del pranzo.
Persino la quantità di aroma al caffè lo aiutava ad azzeccare quanti dimorassero la casa.
Poi c’erano quegli strani scarabocchi ai lati del campanello o della porta ad aiutarlo:
Il quadrato, ad esempio indica che l’abitazione è disabitata.
Inutile suonare perché nessuno avrebbe spostato il battente neppure di un centimetro.
Un graffio a “X” definiva quest’altra un buon obiettivo, ma ciò forse non lo era per le sue intenzioni.
Perché una famiglia tipo, dove rifilare di tutto, senz’altro è piena di marmocchi.
No. Non andava bene.
Quel giorno non voleva vendere nulla.
Erni Monroe raggiunse il terzo piano.
Suonò il campanello di un appartamento senza note o segni strani.
Lo scelse apposta chiamando in aiuto la dea bendata.
La fortuna avrebbe deciso cosa donargli; il regalo.
La melodia che scaturì ebbe l’effetto di risvegliarlo.
La porta si aprì qualche istante più tardi senza stridere sui cardini, unicamente preceduta dal timbro ovattato di un paletto che è ritirato.
Nella luce fioca delle scale, faticò a mettere a fuoco il volto di un uomo dalla testa pelata.
Era più basso di una ventina di centimetri e notevolmente panciuto.
Ebbe timore e pensò che il destino non fosse dalla sua:
- La famiglia Frangipani forse? Domandò in maniera di fare credere di essersi sbagliato con un cordiale sorriso stampato.
Il proprietario dell’appartamento lo scrutò di tutto punto.
Ebbe un momento di smarrimento ma ripeté con l’aria più naturale del mondo:
- Frangipani? Adesso non rideva.
Erni Monroe pensò che avrebbe potuto mettere da parte quell’inquietudine che l’assaliva di tanto in tanto e fatto meglio a tirare le redini al cervello e ricondurlo alla ragione.
Prendere un calmante e mettersi a sfebbrare nel letto era ancora possibile.
Per quanto conoscesse il bassotto che aveva di fronte, poteva un delinquente o un maniaco peggiore di lui.
-No. No! Non sono io! - esclamò l’altro, Frangipani abita sotto di noi.
-Lei è salita un piano di troppo! Aggiunse in tono bonario forse anche ironico.
Sembrava strano che una persona venuta a farti visita, forse un parente, sbagliasse appartamento di tanto. Di un livello.
- Ops! Scusi! Rispose Erni.
Badare ai nomi impressi sui campanelli a iniziare dal piano stradale lo aiutava nella conversazione.
A chi avesse aperto e si fosse dimostrato poco furbo a farlo, avrebbe asserito che in qualche maniera questo o quel condomino lo aveva inviato da lui perché era persona di cultura o donna molto intelligente.
Davanti a un tavolo della cucina o in salone, avrebbe stretto un bell’ordine per un’enciclopedia.
Poco contava che il giorno seguente, l’acquirente si accorgesse della bufala.
Sarebbe apparso chiaro che il complimento fosse offerto per accaparrarsi un minimo di amicizia da chi sbarca il lunario vendendo a porta a porta.
Insomma: unicamente una bugia a fin di bene!
Ora utilizzava quell’esperienza per togliersi dall’impaccio.
-Aspetti, la accompagno. Sono amici! Aggiunse il tale.
Erni Monroe era finito nei guai.
Quell’uomo panciuto e in apparenza burbero lo avrebbe accompagnato dai Frangipani e cosa avrebbe inventato una volta che di quella casa avessero aperto l’anta?
- No. No. Non si disturbi. Voglio fare una sorpresa! Si affretto a rispondere allontanandosi.
Non era opportuno procedere assieme.
Erni Monroe decise in modo definitivo di allontanarsi e di abbandonare quella ricerca che stava mettendolo in pericolo.
Rientrato nel suo appartamento avrebbe preso un calmante, qualcosa che lo liberasse dal dolore e da quelle pulsioni che provava.
Qualche effetto rilassante l’avrebbe ottenuto, poi considerato il daffare.
Era a mezza scala quando udì il soffio della porta che si richiudeva e s’innestava nuovamente il fermo metallico.
Il pericolo però non era scampato.
Tra un’oretta quell’uomo calvo e panciuto sarebbe sceso dai Frangipani a informarli della visita e vedere come stavano le cose.
Caso mai fosse un parente, avrebbero riso tutti assieme sulla circostanza e bevuto un liquore.
Tuttavia, nel caso che Erni Monroe si fosse allontanato, probabilmente non sarebbe seguito nulla.
In città si è abituati ai ladri, ai venditori che s’intrufolano negli androni e risalgono cercando di piazzare la loro merce.
Ed era nel sottoscala al compimento della considerazione.
Perché Erni Monroe si fosse infilato là, lo sa il Diavolo e il Signore.
Possibile che volesse far perdere le tracce passando dal garage coperto.
Pure che fosse talmente confuso da non riconoscere dove si trovasse.
Fatto è che quanto di più ambiva lo scoprì davanti agli occhi:
-Nemmeno trent’anni.
Mora con tacchi.
Una ragazza magra, carina e avvenente.
Nessuna fede al dito.
Fu a quello che badò, principalmente.
Escludere che un uomo attendesse la donna con impazienza: era importante!
Ne andava della pelle e della riuscita.
La ragazza doveva essere la figlia di qualcuno nello stabile.
Troppo giovane perché sia coniugata.
Si augurò non fosse membro della famiglia Frangipani, ma neppure questo caso lo preoccupò.
Non doveva nulla a costoro e aveva stimato in un’ora circa l'arco temporale in cui avrebbe cominciato a scorrere la voce di un estraneo nel palazzo.
Per avere soddisfazione non occorreva che qualche minuto.
Lei lo osservò cercando di riconoscerlo.
Quell’uomo la scrutava in maniera strana.
Forse la conosceva?
In qualche maniera s’intuì la domanda successiva:
-Che cosa fa questo nella zona riservata sotto lo stabile?
Nemmeno fu scaltra da comprenderlo subito e scappare.
Voltò la testa cercando l’ascensore che non era al piano.
Fosse stato presente, si sarebbe infilata dentro e diretta in casa, chiudendo ogni questione.
Erni Monroe avrebbe rinunciato anche questa volta e chissà che rientrato in casa e presa una medicina, quanto tempo sarebbe ancora passato prima che la testa fosse tornata a fargli dolore.
-Mai che una cosa funzioni come deve, quando serve al bene!
Il dolore di Erni Monroe divenne furibondo.
Avete mai pensato che nella vostra potrebbe risiederne più personalità?
E quante, contemporaneamente?
Una, due, tre?
Bene, anzi: male.
Una di loro prese il sopravvento e spense tutte le altre in Erni Monroe.
La prima a subire le conseguenze fu senza dubbio la Coscienza.
Anche Erni Monroe osservò in direzione della cabina mancante.
Poi ebbe il tempo di leggere la parola: Stanzino.
Una nota impressa su un foglio di carta e mantenuta salda sulla superficie metallica da nastro ingiallito.
Chissà perché gli architetti creano alcove nei punti più strani…
Chissà perché la gente non fa caso ai possibili pericoli.
Così ci sono pozzi scuri e profondi lasciati incustoditi o chiusi da poche assi malandate.
Sigarette accese gettate nel cestino.
Quanto poi la gente normale considera meno, è il funzionamento di un cervello starato.
Cosicché quanto per esse appare un luogo da evitare, perché sudicio o maltenuto, risalta per l’altro confortevole antro per dare sfogo agli istinti.
E quel ripostiglio fu l’ultima cosa dal quale fu attratto Erni Monroe prima di farsi accanto alla ragazza e bloccarle la strada.
Erni Monroe fece pressione sul meccanismo di apertura.
Là per là, nemmeno credette che fosse possibile.
La leva dorata si abbassava dolcemente e la cosa più impensabile di tutte: era che la porta si era spalancata!
Neppure un cigolio molesto disturbò l’ambiente, solo una ventata umida e polverosa.
Il male conta su certe casualità, e se di bene è pieno il mondo, il primo ha più adepti.
Non intendo però convincere nessuno…
Erni Monroe inalò quel fetido odore di chiuso poi agì lesto serrando con forza la mano sulla bocca della ragazza.
Lei ebbe l’impressione che si potesse rompere la mandibola.
- Che cosa sta facendo? Tentò di sapere.
Ancora non le era chiaro, o forse, la ragazza cercava di razionalizzare.
Inciampò sul tacco.
Lui avvertì sotto il palmo, la pelle morbida e fiato caldo.
Si eccitò il quel momento.
Percepì il pene scoppiare nei pantaloni.
La trascinò dentro quella stanza buia e sporca e chiuse l’uscio con la suola della scarpa:
- Stai zitta o ti ammazzo! Sibilò nell’orecchio.
Il rumore delle borse con la spesa che andavano in terra e dei barattoli di latta della passata che rotolavano aggobbendosi, accompagnò la cattura e rinnovarono il vigore.
Il fatto avveniva!
Era reale e le cose prendevano ordine compiendosi secondo una tabella mai studiata ma logica, conseguenziale.
Erni Monroe era in ballo e determinato a vincere e godere i frutti.
Perciò doveva indurla a fare ciò che voleva nel minor tempo possibile.
Assolutamente convincerla e fiaccare ogni resistenza.
Erni Monroe adoperò i mezzi fisici che possedeva e senza un briciolo di sensibilità le torse il collo da un lato e piegò brutalmente la schiena in maniera di indirizzarla sul pavimento.
Scivolarono entrambi, quasi avvolti l’un l’altro.
Lei picchiò la nuca su qualcosa di ovattato.
Una serie di vecchi cartoni abbandonati, giudicò Monroe, finendoci sopra con i ginocchi.
Se fosse morta sul colpo, sinceramente non avrebbe saputo che farsene.
Come si può sentire forti, abusando di un corpo che non è vivo?
Ci averte mai pensato?
Erni Monroe cominciò a baciarla.
Lei non riusciva a respirare e provava repulsione per quell’alito fetido e malato.
Erni Monroe passò a incensare il collo magro che aveva intravisto alla luce fioca dell’interrato ma che ricordava perfettamente.
Il sapore dolciastro del profumo indossato s’impastò con la saliva.
Erni Monroe voleva essere dolce.
Finì a procurare dolore poppando profondamente la pelle all’altezza della giugulare e morderla forte.
La ragazza sembrava svenuta.
Una reazione di difesa che il genere umano condivide con qualche specie animale: fingere di esserlo per allontanare il nemico…
Se così però capita frequente in natura, non con la medesima facilità accade tra noi, ben più spietati e sordi alla sazietà.
Erni Monroe parve in quel frangente farsi un serpente che volesse inghiottire un gattino.
Convinto da subito che provasse piacere anche a lei, strappò con forza il corpetto che indossava.
Udì il proprio fiato minaccioso, mischiarsi a quello flebile e corto di lei.
Ci mise impegno per sfilare il restante, la maglia, il reggiseno.
Pareva avere ottime cognizioni delle chiusure, degli agganci, anche se in realtà tentativi non erano altro che parvenze di eleganza e buona tecnica, perché continuava a lacerare ogni cosa.
Casomai quella ragazza avesse avuto voglia di prestarsi a un’esperienza strana, Erni Monroe le avrebbe restituito unicamente vergogna pubblica.
Come avrebbe fatto a rientrare in casa in maniera e apparenza normali?
Tutti avrebbe compreso subito quanto le era capitato e perfino i giornalisti avrebbero conosciuto e diffusa la notizia in poche ore.
Smise di interessarsi ad altro che non fossero i seni torniti che si alzavano e abbassavano regolari.
Ascoltò eccitato quel cuore, andato oltre il limite.
- In tutti gli uomini alberga il leone ma non le medesime qualità.
Parlo di crudeltà e di coraggio che Erni Monroe possedeva inversamente per agire in quella maniera.
Era buio quel posto ma del bagliore giallastro filtrava dal fondo della porta, rendendo visibile la scena.
Lei lo osservò posto in ginocchio sul fianco.
Indubbiamente un lupo nell’atto di sbranare la carne di una vittima ancora viva.
Le sembrò di vederlo leccare le dita.
Cappuccetto Rosso?
Quel racconto di bambini le tornò alla mente, nitido.
Era lei quella piccola e osservava la scena in distanza.
C’era il bosco e in fondo una casa scura.
Il fuoco doveva essere accesso e la porta era aperta.
Sarebbe stato sufficiente entrare per trovare la salvezza ma la bestia e i suoi artigli erano sopra.
Erni Monroe le mollò un gancio sul volto prima di chiedere con impazienza:
-Stai ferma o no?
Il modo di fare di lei lo infastidiva.
- A che diamine pensava?
Desiderava passione, non resistenza.
Era certo di non avere messo troppa forza, ma a sufficienza che comprendesse il quesito.
Se avesse potuto distinguere il grosso ematoma che si andava formando sulla fronte, avrebbe compreso la ferocia della botta.
- Come ti chiami? Domandò per tranquillizzarla e faticare meno.
La ragazza non rispose e continuò a cercare di non farsi toccare.
-Lasciami andare. Non dirò nulla. Sei ancora in tempo. Supplicò.
Erni Monroe ovviamente non aveva fatto tutto questo baccano per piantarla ora.
Rispose: Forse! C’era ironia nella voce.
Tornò a umettarle i seni e passare sopra le dita.
Pareva non avere più fretta.
I capezzoli della ragazza parvero inturgidirsi.
- Semplice reazione meccanica in un corpo giovane e perfetto.
Retaggio animale, pensò Erni Monroe, convinto sempre che le piacesse farsi dominare.
Per quel motivo sinora aveva resistito tanto…
-Porco lasciami andare. I miei fratelli ti uccideranno! Intimò lei.
Erni Monroe da verme che era provò timore, ma aveva messo in conto di poter essere linciato.
Si fece spavaldo e rise lasciandosi udire solo da lei.
Lei gli sputò in faccia.
Lui asciugò il volto passandolo sopra il braccio.
- Comportati bene e ne uscirai viva, promise, prima di baciarle il ventre e scendere con la testa nel pube.
Erni Monroe strappo le mutandine.
Faticò ad azzeccare la lingua sul clitoride.
La ragazza si contorceva.
Dovette metterle una mano sulla gola e stringere le giugulari.
Una maggiore pressione l’avrebbe lasciata senza fiato e accoppata.
Poi razzolò nella leggera peluria ogni fonte di umore nutrendosi avido.
La ragazza tentò di allontanare la presenza spostandone la testa.
Un colpo all’altezza del pancreas la lasciò esanime.
Aveva il quel punto, un profumo come poche hanno, perché finire presto? Pensò Erni.
Si deliziò convinto, di essere fortunato.
La dea Fortuna lo aveva premiato e non l’avrebbe abbandonato.
Oltre a questo gli era capitata la donna che ogni uomo vorrebbe accanto per la vita e coltivò l’idea che fosse possibile farla innamorare.
Con un poco di pazienza forse sarebbe riuscito a farle capire che la amava.
L’aveva presa prima di altri…
Affondò oltre la lingua e comprese il mondo morbido.
Agguanto la pelvi e si beò nella giovinezza che non poteva più avere.
-Brava, disse nel portarsi sopra con la patta sbottonata.
Lei strinse le cosce per respingerlo.
Erni Monroe perse di nuovo la pazienza.
Domandiamoci: l’aveva mai avuta?
Le vibrò un manrovescio.
Le calò più in basso i pantaloni lacerandoli.
- Maledetti! Impreco insoddisfatto per lo sforzo nel farlo.
Allora afferrò una gamba sotto un braccio.
Con l’altro fece altrettanto.
Entrò profondamente.
Per farlo ci vollero un altro paio di schiaffi.
La donna decise di non provare altro dolore.
Quel mostro l’avrebbe ammazzata, lo percepiva.
Quando le fu dentro, tornò a posare le mani al collo e comandò:
- Come ti chiami? Lei non rispose, agitando la testa da un lato all’altro.
- Vuoi dirlo o no?
Rispose piano:
- Manuela.
Manuela pensò a quale importanza avesse, tanto a quella bestia fregava nulla di lei!
Eri Monroe cominciò a cavalcarla affermando:
-Manuela fammi venire! Era una voce fredda la sua, persino asettica.
Manuela pianse.
Non poteva credere a quanto capitava.
In passato aveva partecipato a qualche campagna d’informazione sul tema.
- Sì, certo, aveva asserito alle riunioni: uomini che ti palpano stanno ovunque! Sono maiali, salvando quelle povere bestie…
Manuela amava gli animali, il verde, e le sembrava ingiusto additare quei poveri esseri.
Mai aveva compreso realmente che tale orrore potesse capitare anche a lei.
Almeno a quella maniera.
Per anni aveva fatto avanti e dietro in quel palazzo e percorso in quelle scale senza incappare niente.
Forse c’era stato qualche furto di auto nel garage dal quale proveniva, ma mai oltre.
Neppure mai uno scippo-
Ora era rinchiusa e brutalizzata a due passi dai genitori.
Che cosa aveva fatto di male per meritarselo?
In cosa aveva sbagliato?
Era meglio assecondare quella furia con la speranza che una volta finito i comodi, andasse via, oppure resistere e farsi accoppare?
Non lo sapeva.
Nessuno te lo insegna.
Tremava e piangeva.
Che altro si può?
Non c’è una strategia…
Avere risposto con forza le era costato un pugno in pieno volto.
L’avere rifiutato i luridi baci, un altro colpo al fianco.
Non farlo entrare nel corpo?
Altre sberle.
Ora aveva perduto la sensibilità.
Si era separata dal corpo che più le apparteneva.
Era sua la colpa.
Non avrebbe dovuto vestirsi troppo carinamente!
In futuro nessuno l’avrebbe più guardata e nessun uomo l’avrebbe più voluta.
Manuela avvertì il bisogno di vomitare e tossì di lato.
Erni Monroe sembrò non dar peso alla cosa e tornò a porre la mano sulla bocca, infilando eccitato il dito medio al suo interno.
Quasi la soffocò.
Lei non ebbe coraggio a fare altro.
Ricaccio il liquido nello stomaco.
Erni Monroe venne.
Cessò tutto in quel momento.
Calma al termine della tempesta o si era nell’occhio del ciclone?
Il mostro le giaceva sopra esanime.
Dopo l’amplesso era in contatto con Dio o meglio, il suo opposto.
Erni Monroe la udì ripetere:
-Bastardo! Bastardo!
Quella voce flebile pareva la nenia di una bambina che cerca il papà.
Com’era dolce ascoltarla.
Sarebbe rimasto in quella posizione per ore.
Il male al capo era cessato.
Adesso avrebbe voluto dormire.
Tuttavia non ce ne era il tempo.
Era passata mezz’ora da quando aveva domandato dei Frangipani, ma il tempo con la ragazza si era dilatato quanto una giornata intera.
Senza staccarsi dal corpo tenero della donna, ritrovò tra le dita il capo di un cordino elettrico.
-Altra grossa stupidaggine commessa dai condomini e dagli elettricisti: abbandonare i fili in terra al termine del lavoro!
Non l’ho con gli elettricisti più che con i carpentieri dai chiodi lunghi più di quindici o venti centimetri, pensate a cosa si può fare con quelli…
Quel cavo doveva trovarsi in quella cantina da sempre.
Come ho già spiegato: il male conta sul caso.
In verità, Erni Monroe conosceva bene, dove trovarlo.
Cascando in terra, ne aveva avvertita la presenza accanto alla mano e serbato per servirsene.
Lo avvoltolò come per misurarlo.
Con calma, restando dentro a quel corpo caldo.
Saranno stati sessanta centimetri di lunghezza.
Sufficiente e abbastanza resistente.
Non ebbe pietà.
Tirò su le spalle e si poggiò sui gomiti.
Attorcigliò il legaccio al collo di Manuela.
Lei parve non accorgersene.
Quanto accadeva, era distante...
Non la riguardava.
Altra reazione completamente umana, a differenza di Erni Monroe che ripeto: avvertì alcuna pietà!
Parte di quei capelli scuri e impastati di sangue finì dentro il legamento.
Manuela prima di morire tornò in sé e ferì profondamente con le unghie la carne attorno alle braccia di Erni Monroe.
Tuttavia nulla che un uomo anestetizzato dall’adrenalina del coito non possa sopportare.
Manuela tentò pure di ferirlo al volto:
-Porta questi segni davanti a tua figlia, disse roca.
In tutta risposta Erni Monroe le morse la mano troncandole un dito e non mollò la presa.
Aggiunse un morso sulla guancia, quasi un ultimo bacio o una firma.
I segni delle arcate rimasero stampati.
Poi venne nuovamente.
Non comprese come.
Finora non si era verificato.
Accadde nel momento esatto che ebbe il sentore che il cuore di Manuela fosse fermo.
Lo avvertì dal calore e l’allentare della vagina.
Le urine calde di lei gli bagnarono lo scroto.
Ebbe timore a rimanerle dentro.
Si sfilò.
Arrivò all’interruttore in maniera tanto veloce da essersi ricomposto.
Diete una rapida occhiata alla stanza rettangolare per imprimerla nella memoria.
Gli avrebbe fatto piacere ricordare di tanto in tanto il malfatto e ripercorrerlo a mente.
Il corpo della ragazza giaceva perpendicolare alla parete su un pavimento fatto di cartoni da consegnare al macero.
Il volto riverso verso la parete e i bei capelli corvini che aveva, copriva le orecchie e la bocca lasciando scoperto il bernoccolo rigonfio.
Ancora ammirò la cute liscia e il corpo flessuoso.
Per un attimo parve disgustato.
Quella donna non appariva così bella e desiderabile come l’aveva conosciuta.
Già.
-L’aveva massacrata.
Mostrato l’orrore.
Tolto il futuro.
Infame, sminuiva l’aspetto rendendola pari a un oggetto.
Richiuse la luce e scostò la porta.
Da sopra si avvertiva vociare e suonare ai campanelli.
Gli sembrò di udire: signora Lucia, ha visto passare mia figlia?
- No! Però pare che un uomo di un metro e ottanta, sui quarantacinque, cinquanta anni si sia intrufolato nello stabile…
Pochi minuti e sarebbero scesi a controllare nell’interrato.
Abbandonò la posizione lasciando accostata la porta.
Convinto di riuscire, perché il ritrovamento del corpo avrebbe disorientato e rallentato gli inseguitori.
Erni Monroe, un vero predatore, raggiunse il viottolo senza incontrare chicchessia.
Tagliò per i vialetti, spostandosi rapidamente tra i caseggiati.
Badò a non farsi riprendere dalle telecamere e a passare troppo vicino ai balconi.
Per tutto il percorso portò la mano sulla fronte come avvertisse malessere alla tempia.
Sotto il palmo rideva, sapendo che per diversi giorni sarebbe stato bene, anzi: benissimo!
Nessuno avrebbe fatto nulla del suo DNA.
Erni Monroe non aveva mai svolto un esame medico che lo accertasse.
Mai dato le impronte a nessuno,
Nei pressi di casa accese il telefono.
Squillò poco dopo.
All’altro capo una voce femminile domandò allegra: amore cosa dici se andiamo al cinema stasera?
- Sono un poco stanco, vediamoci domani…
*C’è sempre una donna accanto a un folle e poco traspare, almeno finché lasciano fare…
La donna che vorrei… testo di Venny Rouge