Contenuti per adulti
Questo testo contiene in toto o in parte contenuti per adulti ed è pertanto è riservato a lettori che accettano di leggerli.
Lo staff declina ogni responsabilità nei confronti di coloro che si potrebbero sentire offesi o la cui sensibilità potrebbe essere urtata.
MANRICO L’ULTIMO RITRATTO
Un mandorlo in fiore è spuntato in Sicilia
dodici ore prima
ho visto annunciare il risveglio della natura
appena varcato
il quarantacinquesimo parallelo
a Borgoratto Alessandrino
uno scherzo macabro il tuo mi sembra
addormentarti improvvisamente
per sempre Manrico.
Non è possibile
nella stanza della vita
trasformata in camera ardente
vederti coricato
di tutto punto
col vestito a festa
serenamente composto
ci butti nell’atroce dolore della morte
lasciandoci inavvertitamente.
Non è possibile
è uno scherzo
l’ultimo tuo atto ribelle
il bel colorito del volto
una leggerissima smorfia del labbro
dolcemente ci annunciano
silenziosamente ti eclissi
scusatemi
tolgo il disturbo.
Non è possibile
uno scherzo simile
a noi a tutti
che non si poteva che amarti
salutarci così
dopo che ti sei abbuffato
prima che in eterno ti coricassi
un bel piatto di pastasciutta
gianduiotti e marron glacè.
A suon di sberle
vorrei svegliarti
presentarti in quel modo
una faccia da schiaffi
poi ci facciamo una ragione
che non potevi andartene
se non come hai fatto
quatto quatto
per l’ultimo saluto.
Una stamberga come tu chiamavi
il mio studio dividevamo
con altri amici squattrinati
a pochi passi d’Accademia
nel cuore culturale di Milano
una marea umana bohémiens si frequentava
l’intellighenzia della città si ritrovava
l’unico posto al mondo ci sembrava
per sopravvivere e sognare.
Ci avevano presentati al bar Jamaica
mi avevi subito offerto un latte caldo
ci parlavamo in napoletano
ci capivamo col centro del nostro petto
abbiamo subito fraternizzato
hai voluto dividere senza pensarci
sorte e quattrini mai abbastanza
con me pittore affamato e povero in canna
più che fratello da padre ti comportavi.
Inesperto di vita qual ero
formazione giovanile ho ricevuto
dura violenta inadeguata
tra sbarre grosse e muri antichi
conseguenza di una inutile tragica guerra
tu Manrico pazientemente
m’hai aperto gli occhi della conoscenza
facendomi capire ciò che non tornava
i tanti perché da far quadrare.
Era il millenovecentosessanta
la buonanima di tuo padre ti mandava
quarantacinquemila lire al mese scadenza fissa
tra pigione di pensione in via Bronzetti
sigarette del bar Titta e caffè al bar Jamaica
pasto e cena alla trattoria dell’Angelo
ti bastavano e avanzavano
ma accollandosi Pasquale
a fine mese non si arrivava.
Ricordi quando rimasero mille lire
al mensile mancano ancora sette dì
preoccupati eravamo per sopravvivere
chiedemmo ad un’amica come fare
da brava locandiera ci consigliò
comprare polenta e margarina
un po’ di sale una pentola si procura
cucinarla non è cosa dura
da buona veneta che a noi terroni insegnò.
Per cucina la stufa elettrica coricata si adoperò
attaccarla e spegnere il resto delle luci in sincronia
che il contatore saltava in allegria
buio e freddo rimanemmo a dover patire
finché imparato abbiamo la sincronia
con la pentola e l’acqua in grande attesa
le ore passavano e non bolliva
fame e disperazione ci assaliva
finché dubbio ci pervenne a soluzione.
Vuoi vedere che mettere il coperchio
sulla pentola l’acqua bolle prima
che questa non tardò in mezz’ora
un sospettoso brontolio ci spaventò
nel buio della stamberga si propagò
con le facce fiocamente di rosso illuminate
a bocca aperta la provenienza individuiamo
il coperchio solleviamo
bolleeee! gridammo e ci abbracciammo.
Finito di rimestare la polenta
ci accorgemmo che il tagliere non ci stava
la pentola in mano mi bruciava
senza fare troppi complimenti
prima ancora che tu fiatassi
l’occhio sulla tavola improvvisata mi scappò
un’idea a bruciapelo per la capa mi passò
sulla tavolozza dei colori ‘a farenella si posò
mai pietanza accussì variopinta ci toccò.
Pe’ ‘na semmana polenta e solo polenta
rimestammo e cucinammo mangiammo e cagammo
e ci ritenevamo pure fortunati
la sera antecedente al mensile di papà
ricevesti un invito a cena dai Tiberti
non sapevi come dirmelo senza offendermi
la signora un piatto speciale per te preparò
il giorno appresso con invidia famelico ti chiesi
cosa la Sandra di speciale ti presentò.
Guardandomi negli occhi fissi e silenziosi
alzasti una mano scheletrica senza muscoli
accompagnando la mimica tua particolare
a voce stridula mi chiedesti di indovinare il piatto della cena
caviale? spezzatino con patate? arrosto di vitello?
porchetta alla romana? cotoletta alla milanese?
polpo affogato? pesce spada? costata alla fiorentina?
mi rimproverasti che fantasia non possedevo
Pascà, polenta è il piatto della Sandra che ho mangiato!
Oggi sette di novembre del duemilaquattro
riprendo i nostri ricordi
il due di questo mese
cinque giorni fa
il giorno dei morti
in sogno mi sei venuto
eri morto anzi no dormivi in coma
a pancia in giù sul letto stavi che giacevi.
Un tonfo al cuore di speranza mi assale
ti scuoto per le spalle dolcemente
il tuo nome Manrico forte
e ti scuoto ancora e chiamandoti
che ti svegli dal luuuungo sonno
come bambino piangi
bello sei come un dio greco
nudo dalla cintola in su ti presenti
da possente atleta diciottenne.
Ti abbraccio e ti coccolo
le parti sono invertite
ora tu mio piccolo bambino
sei smarrito o Manrico
e il mio bel sogno l’alba infrange
lacrime amare la tastiera bagnano
la felicità di un attimo onirico regalato hai
all’amico pittore dei tuoi ritratti immortali
un poeta improvvisato di parole astratte.
Non ti conoscevo prima della malattia
che i muscoli ti ha portato via
giovane studente con Berruti ti misuravi
alternativamente vincente
il decathlon la tua specialità
nel sogno ti sei presentato giovane e sano
tutti i muscoli vivi al loro posto
se avrò la forza e la possibilità
scultura d’artista dell’amico mi ispirerà.
Giorni tristi questo mese di novembre
a mio fratello di sangue ho telefonato
non avevo voglia ma operato al cuore è stato
sentirlo ho voluto presagendo la giornata
nera s’è presentata da fratello solo di sangue
l’amore e il resto non è di casa nel suo stile
formalista e rabbioso nei confronti miei
si presenta da estraneo e neanche amico
che il confronto con Manrico m’è naturale.
L’amico fraterno perso oggi piango
ancora e ancora lo piangerò mentre
lui mio fratello anni addietro
tra tristi mesi di lacrime dal mio cuore
ho dovuto cancellarlo per l’incomprensione
impazzire rischiavo dal dolore
non mi capacito come lo stesso sangue
possa non amare oltre a l’altra
la sua famiglia originale.
Così senza inutili rancori
sull’uscio dell’eternità di entrambi
la vita suggerisce come mamma diceva
un solo fratello di sangue hai
ma tanti altri
incontrati nella vita ho
la legge di compensazione
il destino prepara
l’amore e anche la felicità.
Pasquale Raffaele D’Orlando
Senna Lodigiana 7 novembre 2004