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È da una vita che navigo in questo mare di gente. Eppure, mi sono spesso sentito solo.
Essere tra miliardi di onde ti porta inesorabilmente a vederle identiche una all'altra. Ed io con loro, colpevole o non colpevole di volontarietà nell'opera di omologazione collettiva: tutti uguali, eppure ognuno per sé e con il vizio di percepirsi sempre migliore dell'altro.
Non mi piace più.
Non mi è mai piaciuto, ma ora mi sento abbastanza forte per poter scegliere di non partecipare a questo spettacolo.
Ho raggiunto un limite, dovuto forse all'età, forse alle difficoltà superate, forse alla maturata consapevolezza, ed ora non intendo tornare sui miei passi.
Nel corso degli anni mi sono vestito del pensiero altrui, del timore del giudizio, del bisogno di paragone.
Basta.
Tolgo tutto.
Mi metto nudo, prima davanti allo specchio e poi agli occhi degli altri.
Tolgo le maschere e rivolgo lo sguardo a me.
Devo guardarmi e capire quanto valgo, quanto io sia importante per me stesso e quanto mi debba rispettare, perché questo viaggio lo voglio finire guardando l'orizzonte, scoprendone le linee ed i colori, senza guardare tutte le dannate onde che provano a bagnarmi ancora ma senza riuscirci.
Sono nudo, si.
Ma sono io.