Contenuti per adulti
Questo testo contiene in toto o in parte contenuti per adulti ed è pertanto è riservato a lettori che accettano di leggerli.
Lo staff declina ogni responsabilità nei confronti di coloro che si potrebbero sentire offesi o la cui sensibilità potrebbe essere urtata.
L’educazione ricevuta era quella standard per chi era nato a metà anni ottanta. Nessuna obiezione in tenera età, una sorellina, due splendidi genitori, professionisti, non gente comune. Lavori sicuri per entrambi i coniugi, più comune e standard per lei, più in vista e di alto profilo per lui, una buona reputazione, casa di proprietà, auto di grossa cilindrata, forse le uniche crepe potevano essere quelle del rapporto logorato tra i due, lei troppo presa dal lavoro, dalla famiglia, dalla dolcezza della bimba e dall’animo irrequieto del ragazzo. Lui invece sempre in provincia, a discutere, a parlare dentro un cellulare, a spostare denaro a destra e a manca, a fare avanti e indietro per il corso negli orari più improbabili, ma non era fermo, anche in quel momento stava lavorando, per tutto il suo, maggiormente suo, benessere. Non poteva pensare minimamente alla battuta d’arresto che avrebbe avuto la sua normalità da lì a poco, in fondo, il ragazzo, andava bene a scuola e si era anche diplomato con il massimo dei voti, ovviamente al liceo. Non vi erano pensieri importanti, anzi c’era anche la vaga ipotesi di farsi un’amante, in fondo ad una certa età il vigore non si perde e la mogliettina è diventata la brutta copia di sua madre, piccola, magra, con un viso incorniciato da pochi capelli, ma sempre ben curati da una permanente settimanale.
Chi lo avrebbe mai detto, doveva brillare! E invece, dopo il diploma ha iniziato ad incontrare il mondo, ed era ben diverso da quello che aveva visto fino a quel momento, era molto ma molto più grande del borgo, ma anche della cittadina poco distante; aveva scoperto tramite amicizie, che c’era un modo di ampliare lo spettro di percezione di esso, attraverso le sensazioni generate e modificate dalle sostanze. Prima iniziando con la leggerezza dell’erba, ma di cui ignorava bellamente l’origine, infatti qualche dubbio gli era salito dall’odore, ma non ci faceva poi tanto caso, lui sapete, voleva conoscere il mondo. Le amicizie si erano ampliate, non potevano rimanere rinchiuse in pochi chilometri quadrati, non potevano essere condensate in un gruzzolo di interessi condivisi tra cui calcio, ragazzine, pizza del weekend, un viaggetto. Lui voleva andare oltre e andando oltre, ampliando la percezione del mondo, ha allungato anche le distanze, trovandosi qualche anno dopo all’estero. E si sa, lontano dalla famiglia, lontano da quelle subdole certezze di felicità, si amplifica tutta la voglia di conoscere, di provare, di sentire. La scusa era banale, si andava a studiare all’estero, come hanno fatto tanti e i genitori ovviamente complici dell’esperienza, in fondo avrebbe conosciuto il mondo, cosa vuoi che sia? Avrebbe ampliato il modo di vedere le cose, ma non era minimamente in conto che a volte si possono fare incidenti anche non mortali, anche non prettamente fisici, si può incontrare la persona sbagliata e si può rompere qualcosa dentro per sempre.
Le prime avvisaglie sono state quelle di un malessere, si sa, quando si fa una festa si può alzare il gomito un po’ di più, ma credo che lo abbiano percepito un po’ tutti, non era solo alcol ad aver buttato giù, era un qualcosa in più, qualcosa di cui ne andava progressivamente ghiotto, anche nei momenti più disparati della giornata. Ma per certe tragedie ci vuole tempo, bisogna inciampare più volte. Una volta è il pronto soccorso, un’altra volta la polizia, poi i genitori che partono improvvisamente, la convinzione di rientrare, poi una clinica e poi un’altra specifica e poi pian pianino, l’oblio.
Doveva brillare! E invece, brillava, solo nel grigiore di una stanza illuminata dai neon, il suo pigiama da ospedale. Pallido era il viso, scure le occhiaie, sporche le unghie; alternava stati di dormi veglia a risate isteriche. Gli avevano portato il cellulare, come se fosse la cosa più giusta da avere in quel momento, senza tener conto che di lì a poco avrebbe pubblicato una serie di post deliranti e senza senso, cosa che si è ripetuta nei giorni a venire, fino a quando è stato deciso, insieme ai medici, che forse non era proprio il caso di tenerlo collegato al mondo in quel modo.
Chi doveva farlo brillare, anni dopo ne ha decretato semplicemente l’oblio. Chi ha detto che ci possa essere necessariamente un recupero fisico, mentale e sociale, quando si può benissimo non rovinare la reputazione della famiglia con una sparizione del tutto regolare? In fondo il borgo si è già dimenticato di lui, gli amici sono andati avanti, bisogna pensare ad altro ora, accaparrarsi pezzi di mondo e stabilire uno status, per non sparire e in qualche modo, brillare.
Per il resto del mondo, anche quello più vicino, per i suoi conoscenti, era solo un amico d’infanzia, non c’è il dubbio da essere umano ad essere umano, c’è solo una sparizione dai radar, perché lui ormai non può brillare più, ma loro sì e importa solo questo. Come importa avere un sorriso sornione e mangiare un cellulare non per affari, ma per racimolare solamente rapporti sessuali, oppure come nascondere le crepe di un distacco da un fratello con un sorriso monco, mentre si coccola il proprio bambino, oppure mentre si invecchia, facendo leva sulla salute attuale propria e su quelle rughe che si espandono un po’ ovunque.
Doveva brillare, invece ora qualcuno lo ricorda con fantasia, lo immagina seduto con il suo camicione da ospedale mentre guarda questo mondo, seduto su una stella o su una mezza luna, con gli occhi rossi, le occhiaie e quel sorriso, di chi ha voluto solo conoscere questo mondo e respirarlo appieno, senza avere una guida, senza avere un profondo affetto, ma solo un giudizio sulle aspettative, sul percorso, sull’arrivo, senza guardare mai dietro, ma sempre a velocità sostenuta avanti, più avanti e più avanti ancora.