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Nel salotto eco-chic, tra cannucce di carta
che si sfanno al terzo sorso come promesse vuote,
il cittadino medio si flagella in silenzio
ha rottamato la Panda, ha comprato la borsa di tela,
ha contato i grammi di CO? del suo caffè.
Si sente eroe minore, martire del pianeta,
mentre il senso di colpa gli cola addosso come plastica fusa sul mare.
Ma alzate lo sguardo, oltre il balcone
Là, sul molo luccicante, attracca il transatlantico,
una città galleggiante che ingoia petrolio
quanto un milione di Panda in fila indiana,
che vomita zolfo nell’aria come un demone antico
mentre gli ospiti brindano allo champagne zero-waste.
Più in alto, nel cielo, stormi di jet privati
tagliano l’azzurro con scie di lusso arrogante.
Volano semivuoti, trasportando un solo deretano
coronato di prediche: “Salvate la Terra, peccatori!”
gridano dall’oblò, sorseggiando Dom Pérignon
a trentamila piedi di ipocrisia.
E voi, con la vostra Panda scassata,
mille centimetri cubi di libertà proletaria, vi sentite ladri di futuro
perché avete osato andare al lavoro
invece di teletrasportarvi con la forza del rimorso.
Il trucco è antico
colpevolizzare il basso
per assolvere l’alto.
Farvi odiare la vostra vita piccola
mentre le vite grandi divorano il mondo con posate d’argento marchiate “sostenibile”.
La vera eresia non è guidare elettrico
(ma non potete permettervelo).
La vera eresia è guardare dove non vogliono:
verso i cargo che sputano nero sugli oceani,
verso le miniere di litio che sanguinano deserti,
verso le ville sul mare con piscina riscaldata
che insegnano a voi a fare la doccia fredda.
Un giorno, forse, butterete via la vergogna prestata.
Accenderete la vostra vecchia Panda senza paura,
e capirete che il pianeta non si salva
con il terrore del singolo tappo di plastica,
ma spezzando la catena per catena
la grande macchina che vi ha convinto
che la colpa sia sempre, soltanto, tutta vostra.
Fino ad allora, guidate piano,
ma non abbassate lo sguardo.
La rivoluzione inizia quando smettete
di odiare la vostra Panda
e iniziate a odiare il sistema
che ve l’ha fatta odiare.
Luisanna