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É il 16 febbraio 2022 e Sara Sorge, una giovane infermiera di 27 anni, muore in un incidente stradale, a causa della stanchezza provocata dal secondo turno di notte consecutivo.
A scuola si studia e si parla spesso degli sfruttamenti a cui erano soggetti i poveri contadini, i giovani ragazzi, le devote mogli, costretti tutti a soccombere sotto le ali del destino. Venivano trattati come carne da macello, lavoravano giorno e notte per cercare di tenersi aggrappati alla vita, troppo preziosa per essere afferrata dalle loro mani sporche di fango.
Si dice la storia insegni a non ripetere gli stessi errori, ma eccoci qui, a parlare della morte di Sara, di un omicidio compiuto da un sistema secondo cui noi siamo solo dei prodotti, degli oggetti che bisogna sfruttare fino in fondo, fino a consumarli e ridurli in un mucchio di cenere.
La colpa, però, è anche dell’educazione che ci viene impartita sin dalla nascita: bisogna lavorare sodo, sgobbare tutta la vita per rincorrere il successo. Ma cos’è il successo? E soprattutto, a quale costo?
Sacrifichiamo tutta la vita a rincorrere un sogno, un’idea di felicità, e siamo così impegnati in questa corsa asfissiante che quando raggiungiamo la tanto ambita meta, non ce ne accorgiamo nemmeno, ed anzi, ci rimettiamo subito ad inseguirne un’altra.
Ed è anche la scuola, luogo che dovrebbe allenare le menti dei ragazzi, e fornire loro un bagaglio culturale che gli permetta di essere cittadini consapevoli del mondo circostante, ad incentivare queste idee e questo sistema.
Lo studente sembra essere diventato una macchina che deve saper gestire studio, sport, hobby, passioni e vita sociale. Perchè? Perché bisogna imprimere nella mente di giovani ragazzi l’idea che la vita è una continua corsa da una meta all’altra?
Penso invece sia importante insegnargli che rallentando il passo, non solo si riuscirà ad assaporare il paesaggio circostante e godere dei tramonti e dei suggestivi chiari di luna, ma si riuscirà anche a raggiungere la destinazione, e forse, anche con una maggiore consapevolezza.