Contenuti per adulti
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C’è chi fa un ritratto e chi viene ritratto.
C’è chi si ritrae perché si vede male, chi si ritira per non vedere più niente, e poi c’è lei: la signora Ornella Orpella.
Ornella aveva passato la vita a ritrarre gli altri. Lo faceva con matita, carboncino, pennarelli a spirito, ma soprattutto con lo sguardo. Bastava che ti vedesse e subito tracciava il tuo ritratto mentale: occhi da cane randagio? Cuore spezzato. Giacca troppo stretta? Sicurezza finta. Scarpe lucide? Bugie pronte.
Era bravissima. Forse anche troppo.
Le persone si sentivano viste, e non sempre era piacevole.
Perché Ornella non ritraeva solo il viso: ritraeva l’essenza.
Fece il ritratto a un notaio e lui abbandonò tutto per divenire un giocoliere.
Fece il ritratto a un prete e lui si scoprì scettico.
Fece il ritratto a un cane e... lui imparò a leggere (ma solo fumetti).
Un giorno però, mentre stava rifinendo il sopracciglio sinistro di un bibliotecario dal passato torbido, successe qualcosa.
Esaminò la specchiera accanto a sè. E si scorse.
Non come artista, non come giudice, ma come persona abbozzata male.
Un contorno sbagliato, un naso in più, un orecchio fuori asse.
Un bozzetto mai finito. E comprese.
Aveva ritratto tutti, ma mai se stessa.
Allora prese carta, matita e cuore. E iniziò.
Si disegnò impaurita. Poi cancellò.
Si disegnò raggiante. Poi stonò.
Si disegnò perfetta. Poi rise.
Ci mise giorni, poi mesi, poi anni.
Ogni volta che pensava fosse pronto, lo guardava e diceva:
“No, tale non sono io.”
Allora ritrattava il ritratto.
Cambiava qualcosa, aggiungeva un minuzia, toglieva una sfumatura.
Era una forma di autobiografia che mutava come un’ombra nei pomeriggi incerti.
Il paese era sconvolto:
— “Ma come, ancora non ti sei trovata?”
— “Ma allora che artista sei?”
— “Fai prima a usare una macchina fotografica o qualche filtro!”
Lei non ribatteva.
Perché la cosa più irragionevole è che più ritrattava il ritratto, più somigliava a sé stessa.
Un giorno, stanca ma serena, appese al muro l’ultima trasposizione.
Sotto scrisse: “provvisoria finché dura”.
E uscì di casa a testa alta, senza matita, senza giudizi, senza cornice.
E per la prima volta, nessuno la guardò come “quella dei ritratti”.
Perché finalmente sembrava reale. Era autentica, ufficiale, convalidata.
FINE
Morale: TUTTI SIAMO RITRATTI IMPERFETTI, IN CERCA DI UN TRATTO CHE CI DEFINISCA. NON C’È MAI UNA VERSIONE DEFINITIVA DI TE. PUOI RITRATTARE IL RITRATTO QUANTE VOLTE VUOI. L’IMPORTANTE È CHE PRIMA O POI, TI RICONOSCA…TU.