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La poesia è stata scritta in ricordo di una persona che ho assistito, la quale presentava la sindrome del “chiavistello” in seguito ad un incidente, la quale ci ha lasciato qualche mese fa. Uno degli aspetti assistenziali più complessi era la comunicazione, poiché principalmente si espletava grazie al movimento delle palpebre e alle espressioni del viso. In quella che io chiamo "la sua prima vita" adorava le belle donne, andare in moto con gli amici, divertirsi. Gli piaceva chiaccherare con gli operatori, che erano divenuti in seguito il suo mondo.
Le tue foto appese al muro
testimoniano un evento duro
come la folgore nel cielo plumbeo.
Una libertà strappata
sogni infranti,
si prospetta un futuro incerto
tetro.
A, B, C…
Ogni battito di ciglia è una lettera,
comporre una frase è un’impresa.
Il corpo diviene una prigione
non compie alcuna azione.
Rifiuti lo specchio,
leggo nei tuoi occhi
la vergogna per te stesso.
Anno dopo anno persone accudenti
evocano il tuo passato.
Una goccia di birra sulle labbra
una vittoria dell’Atalanta
ti rallegran per tutta la giornata.
Si può definire vita?
L’enigma mi perseguita,
sospendo il giudizio,
inutile pensarci
è già tutto scritto.
Ci hai insegnato ad essere indulgenti
leggeri,
catturiamo il piacere dei sensi!
Accogliamo l’abbraccio di un amico,
rincorriamo su una moto
le tinte rossastre del tramonto.
Forse il domani non sarà più nostro.