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L’albero era proprio piccolo piccolo, un pinetto rachitico che la nonna sistemava in un angolo del soggiorno,
ma per me era magico, con quelle luci vecchie che lampeggiavano piano, come se avessero il battito lento del cuore.
Lei stava ore in cucina, con il grembiule tutto macchiato e le mani piene di farina,
quando impastava il pandoro mi chiamava: «Vieni qua, tesoro mio, aiutami a mettere la cannella».
Quel profumo… ancora oggi, se lo sento da qualche parte, mi si stringe la gola.
Mi faceva sedere su una sedia al tavolo
e insieme bucavamo le arance con i chiodi di garofano.
Se mi cadeva qualche frutto per terra, lei rideva con quella risata bassa, calda, e mi dava un bacio sulla fronte: «Non importa, l’importante è che siamo insieme».
La sera della vigilia ci accoccolavamo sul divano, io con la testa sulla sua spalla,
e lei mi raccontava sempre la stessa storia
il suo primo Natale da sposata,
io facevo finta di non conoscerla già a memoria,
perché mi piaceva vederle brillare gli occhi quando parlava.
Babbo Natale lo riconoscevo subito era il contadino nostro vicino con la barba posticcia che gli scivolava sul naso,
ma era lei quella che preparava tutto, che nascondeva i regali,
e quando aprivo il mio
mi guardava con un sorriso un po’ tremulo e diceva piano
«Questo l’ho scelto apposta per te, perché sei la cosa più bella che ho».
Non erano regali grandi
un maglione fatto da lei, con qualche maglia saltata
che lei chiamava “i miei baci nascosti”,
una bambolina di stoffa con i capelli rossi di lana uguali ai miei,
e dentro la tasca un bigliettino scritto con la sua calligrafia un po’ storta
“Per la mia bambina, che mi ha ridato la gioia di vivere”.
A tavola eravamo noi due sole.
ma io sentivo la sua mano che stringeva la mia
e la sua voce un po’ rauca cantava “Tu scendi dalle stelle”
era incantevole
Dopo cena mi teneva ancora sulle ginocchia, anche se ero già “troppo grande”,
mi pettinava i capelli adagio e mi sussurrava
«Sai, quando ero piccola sognavo una famiglia felice con tanti nipoti ma
tu sei il mio regalo più grande e unico
e mi basta».
Adesso quelle mani non ci sono più.
Quel posto sul divano è vuoto.
E il Natale mi fa male, mi pesa sul petto come una pietra.
Se chiudo gli occhi,
rivivo il calore del suo grembiule quando mi stringeva
l’odore di cannella e di casa sulle sue dita,
e sento ancora quella voce che mi dice «tesoro mio»
come se fosse qui, accanto a me.
Quei Natali non se ne sono andati del tutto,
lei è ancora dentro ogni cosa che faccio,
in ogni luce che accendo, in ogni canzone che canticchio sottovoce.
Ti voglio bene, nonna.
Ti penso ogni giorno,
ma ora,
che è quasi Natale di nuovo
Mi manchi tanto .
Tanto .